Non raramente ma soprattutto oggi, nel contesto assordante e molto spesso confuso che fa da contrappunto al comune modo di vivere, s'avverte la necessità d'una pausa, anche breve, e d'un respiro più puro, per rinnovare o confermare la consapevolezza d'una vita, che qualcuno chiama "a misura d'uomo". Lo stordimento, dal quale si tenta di liberarsi, è però talmente intenso ed invasivo da render quanto mai difficile l'approdo a qualche minuto di libertà interiore e di confronto con il proprio "dover essere". Si è, peraltro, profondamente convinti che soltanto in seguito ad un tale approdo è possibile aprire gli spazi della libertà che dà senso alla vita, rispondendo ai suoi non pochi interrogativi. L'approdo operato da una giovane donna d'eccezionale ricchezza interiore, quale fu Dina Bélanger, vien qui riproposto, perché in esso anche il lettore possa agevolmente specchiarsi e decidere di tentare, egli pure, la stessa avventura.
L'autore non è nuovo all'impegno ecclesiologico. Ne è anzi distinto, sia perché fu per non pochi anni ordinario d'ecclesiologia, sia perché gran parte della sua vastissima produzione teologica ha per tema, diretto o indiretto, la Chiesa. Di essa egli continua a scandagliare il mistero ed il servizio in riferimento non solo alla sua natura ed alle sue funzioni, ma anche al vasto ambito delle sue relazioni, oggi tutte sintetizzate sotto il lemma del dialogo. In effetti, la presente pubblicazione è un'analisi del modo dialogico con cui la Chiesa si pone di fronte ad ogni suo interlocutore: nell'ambito dell'ecumenismo o del dialogo interreligioso, nei confronti dell'ebraismo, dell'islamismo e dello stesso ateismo. La qual cosa dimostra l'aprirsi della Chiesa ad ogni realtà, senza preclusioni di sorta. Non certamente per accomodarsi alle altrui esigenze, ma per dir una parola di fede, di speranza e d'amore a tutta la realtà cosmica, per la quale la Chiesa fu divinamente fondata.
Il testo si distingue e dissocia dalle non poche Cristologie moderne e contemporanee per le quali il "Gesù della storia" non sarebbe "il Cristo della Fede". Il loro intento critico è quello d'incapsulare Gesù Cristo nella categoria del mito, oppure di liberarlo dai significati della sua mitizzazione con una ricerca al di là delle fonti storiche, là dove il mito sarebbe nato. Quanto al metodo il testo si distingue pure dai principi formali e dalla distribuzione contenutistica dei manuali di Cristologia. L'autore, infatti, raccogliendo i dati della più pura ed ininterrotta tradizione cattolica, fissa il suo sguardo sul Cristo della Chiesa, quale la Chiesa stessa propone alla Fede dei suoi figli con il secondo articolo del Credo e con le formulazioni dogmatiche dei Concili ecumenici cristologici. La contemplazione, peraltro, non esclude la fondazione critica d'ogni singolo asserto attraverso un procedimento in cui teologia biblica, Tradizione, filologia e retta ragione rendon il loro omaggio a Cristo.
"Se vuoi conoscere la Chiesa, non ignorare la Tradizione. Se ignori la Tradizione, non parlar mai della Chiesa." Alla domanda quale Tradizione?, questo libro risponde: non la Tradizione che raccatta strada facendo, specie dall'Illuminismo ad oggi, ogni novità, anche la più eversiva della sua identità, per potersi dire à la page e Tradizione vivente, ma la Tradizione che vive in quanto veicolata da Cristo e dagli Apostoli alla Chiesa perché essa l'accolga, custodisca, interpreti e trasmetta nei secoli fedelmente e integralmente, quale viene attinta alla sua duplice fonte orale e scritta, testimoniata dai Padri della Chiesa, insegnata dai grandi Concili, in special modo dal Tridentino e dal VaticanoI, e determinata dalla scienza teologica in armonia con gli sviluppi della Parola viva, eodem sensu eademque sententia.
Il dibattito teologico contemporaneo, eccezion fatta per chi coltiva la ricerca e frequenta le fonti, è sostenuto in massima parte dal richiamo al Concilio Ecumenico Vaticano II. È quasi sempre un richiamo materiale, fin al limite della pura e semplice ripetizione. Ultimamente, però, sta svegliandosi un timido senso critico, che potrebbe essere d'aiuto a chi intende uscire dal ripetitivo e dal generico. Un primo risultato positivo è il diffondersi dell'appello alla tradizione. Ma di tradizione si parla troppo spesso in termini non univoci. L'autore, pertanto, si propone di orientare il dibattito verso un concetto di tradizione sul quale possano pacificamente incontrarsi quanti, anche seguendo percorsi teologici diversi dal suo, hanno a cuore la verità rivelata ed il suo impatto con la storia.
Quarantacinque anni fa fu promulgato da parte di Papa Paolo VI il Decreto conciliare Unitatis che mise in evidenza alcuni punti fermi, oltre i quali nessun interlocutore cattolico è autorizzato a procedere: unità/unicità della Chiesa, governata dai successori degli Apostoli con a capo il successore di Pietro; integrità dottrinale, accompagnata da carità ed umiltà. Il Decreto avverte: “Niente è più alieno dall’ecumenismo, quanto quel falso irenismo che nuoce alla purezza della dottrina cattolica e ne oscura il senso genuino e preciso”. La realtà dei fatti susseguenti fu però una reticenza pratica, se non anche formale, dei suddetti principî, la politica del consenso prima di tutto e soprattutto, i ripetuti cedimenti. La conseguenza è che oggi il buon popolo di Dio non ha più riferimenti sicuri, tutti (o quasi) naufragati nel “mare magnum” dell’indifferentismo largamente diffuso e nel non meno diffuso relativismo. Già da cardinale, l’aveva constatato anche l’attuale Pontefice Benedetto XVI, secondo il quale s’è instaurato nella cultura in genere, e particolarmente nell’ambito religioso-teologico, l’impero d’un paralizzante relativismo. In questo volume − del massimo specialista cattolico sull’ecumenismo − si scopre che l’impedimento ad un corretto ecumenismo si chiama confessionalismo: non la confessione o professione della fede cristiana, ma quel complesso strutturale e d’apparato in base al quale si parla di chiesa luterana, riformata, anglicana, ortodossa, cattolica. Il cappio che si stringe alla strozza d’ogni denominazione cristiana, anche di quella cattolica e forse più di questa che delle altre, è proprio l’apparato: una struttura complessa, dove alle verità della fede s’abbinano, e talvolta su di esse prevalgono, elementi della polis, non dell’Evangelo.
Brunero Gherardini (Prato, 1925), sacerdote (1948), laureato in teologia (1952) con specializzazione in Germania (1954-55), già cattedratico della Pontificia Università Lateranense e decano della Facoltà Teologica, canonico della Basilica di S. Pietro in Vaticano dal 1994, Direttore responsabile della Rivista Internazionale “Divinitas” dal 2000, per un trentennio consultore della Congregazione per le Cause dei Santi, ha scritto oltre 80 volumi e varie centinaia d’articoli. Centro della sua ricerca, la Chiesa. Collateralmente ma in funzione complementare, ha approfondito la figura e l’opera di Lutero, la Riforma, l’ecumenismo, la Mariologia e la teologia spirituale. È una delle voci italiane più note anche all’estero. Con Fede & Cultura ha pubblicato "Quale accordo fra Cristo e Beliar?"