In un'isola dei Caraibi, le giovani generazioni a cavallo della seconda guerra mondiale soffrono il peso del colonialismo e di regimi repressivi che frenano le istanze di libertà e di giustizia sociale. Alcuni giovani rivoluzionari decidono di uccidere un uomo considerato traditore e al soldo dei padroni. Il loro primo atto di libertà sarà l'assassinio. Il nemico da abbattere è rappresentato da un pubblico ufficiale. L'esecutore arriva dai monti, mentre il regista della pièce viene dalla città. Il gioco psicologico è intenso, Glissant tratteggia personaggi avvertiti su come funziona il mondo, ma quasi attoniti e indifesi di fronte al nuovo quadro politico che si va configurando. L'opera mantiene una tensione altissima, i grandi temi del colonialismo restano sullo sfondo, la natura clemente o infida crea l'atmosfera. Il palcoscenico è l'isola dai cui monti scende la Lézarde, la crepa, il fiume che sinuosamente si riversa in mare in coincidenza con un'alta barriera di scogli, al centro del dramma. La presenza del fiume, anima mitica dell'isola, ritma le passioni e i conflitti di Mathieu, di Thaél - l'uomo dei monti - e dei loro amici. Lo scrittore caraibico assume nel suo universo letterario anche la forza critica e introspettiva dell'esistenzialismo europeo. L'opera premonizione di quanto avverrà in un'altra isola, che i grandi movimenti non hanno saputo prevedere - è un dramma senza tempo, momento antico e presente nel mondo di Calibano.
La tentazione del muro non è nuova. Ogni volta che una civiltà non è riuscita a pensare l'altro, queste rigide difese di filo spinato, di reti elettrificate o di ideologie chiuse si sono innalzate, sono crollate e ora ritornano con nuovi stridori.
Il volume è articolato in dodici parti dedicate a temi intorno alla nozione di "ambiente", che l'autore preferisce chiamare "entour" (l'intorno). L'intenzione che attraversa queste pagine è quella di abbozzare un'etica capace di ripensare le relazioni che scaturiscono dall'incontro e dall'integrazione fra le diverse culture al di là delle ferite e dei rapporti di potere aperti dalla prima forma di relazione che il mondo moderno ha conosciuto: il colonialismo. Rielaborare, dunque, una nuova tolleranza, una nuova disponibilità che prenda in considerazione il fatto nuovo di questi tempi: che non esistono più, su questo nostro pianeta, "dei centri esclusivi e privilegiati del sapere, delle metropoli della conoscenza".