Questo testo affronta i temi che da sempre attraggono e tormentano i giuristi. Come rappresentare e spiegare il concetto di diritto, la nozione della giustizia e l'istituzione dello Stato? Lo sguardo critico e lucido di Nicolás Gómez Dávila conduce il lettore all'interno di un percorso storico e speculativo, fino a tracciare una nuova mappa del giuridico, quanto mai ricca di fascino. "Diritto, Giustizia e Stato vengono ridefiniti da questo poderoso ed eclettico pensatore del Novecento, che non ne perde mai di vista il collegamento con l'etica, la politica, la tradizione, la storia, i giuristi." (Luigi Garofalo)
Lo scrivere breve non è per Gómez Dávila solo un'arte o un genere letterario, ma un modo di pensare: l'unica forma, cioè, capace di restituire al pensiero la semplicità che il discorso gli toglie. L'unica in grado di dire il vero, che in una realtà lacerata risiede necessariamente nel frammento, oppure non è. Gómez Dávila concepisce i propri aforismi come "tocchi cromatici di una composizione pointilliste" che sfida il lettore a scorgere la totalità loro sottesa, e dunque a riconoscere il "testo implicito", l'opera ideale a cui alludono. In questo volume viene presentata una seconda parte del grande libro degli "Escolios", cui Gómez Dávila si è dedicato per l'intera vita e che nell'edizione originale comprende cinque tomi, tutti composti esclusivamente di brevi, fulminanti sentenze.
Nelle profondità dell'America latina si celava da decenni un territorio tenuto gelosamente nell'ombra: così ha detto di questo autore Alvaro Mutis. Sono brevi, taglienti proposizioni che additano imperiosamente una verità che non muore per sottrarla alle fallacie della modernità. Figlio di ricchi possidenti, formatosi da autodidatta nella Parigi delgi anni Venti e ritornato poi a Bogotà, Gomez Davila si ritirò da allora nella solitudine della sua biblioteca raccogliendovi giorno dopo giorno un corpus di sentenze notevole, di cui qui è presentata una prima silloge.