Dalla vertigine dialettica del trattato "Su ciò che non è" alle provocatorie orazioni incentrate sulle figure mitiche di Elena e Palamede, il filosofo e retore Gorgia trasforma la potenza persuasiva del linguaggio in una vera e propria azione terapeutica: l'anima va curata con la pratica dell'armonia, con uno stile rigorosamente strutturato e, insieme, smascherando false verità e vuote ontologie. La parola, perduta l'unicità definitoria e la corrispondenza all'essenza delle cose, non può che rinunciare alla propria pretesa veritativa. In questo vuoto si inserisce l'azione del logos retorico, creatore di un nuovo gioco linguistico, un nuovo "sapiente inganno" di cui anche chi ascolta può entrare a far parte. Il volume raccoglie tutti i frammenti del sofista Gorgia di Leontini e le testimonianze sulla sua vita e sulla sua opera, centrale per la storia del pensiero occidentale nel passaggio dalla riflessione eleatica e atomistica alla tradizione platonico-aristotelica.
Da Omero a Saffo, da Eschilo a Euripide, il mito di Elena adultera percorre alcuni fra i momenti più alti della letteratura arcaica e classica. In questo brillante e paradossale discorso di Gorgia (483-380 ca a.C.) viene ribaltata l'immagine della donna colpevole, che pur stava all'origine della civiltà e dell'autocoscienza nazionale greca. Il disegno divino, l'irresistibilità dell'amore, la violenza, l'insidia trionfante della parola costituiscono le cause che tolgono all'essere umano ogni responsabilità. Così la moglie di Menelao, anche per la sua sovrumana bellezza, viene scagionata da ogni colpa, diventando fulgida icona della passività, di chi non desidera ma, al contrario, diventa oggetto del desiderio.