Nella storia d'Italia, le zone oscure sono presenti fin dalle origini, dall'Unità. A fronte di un Risorgimento celebrato retoricamente dalla storiografia ufficiale, i documenti raccontano degli aiuti dati a Garibaldi dalla massoneria, del ruolo delle potenze straniere, della "guerra sporca" combattuta dall'esercito piemontese contro le popolazioni meridionali. Altrettante ombre si allungano sulla morte di Cavour, l'assassinio di Umberto I, le bombe del 1922 che spianarono la strada alle Camicie nere. Con i due volumi qui riuniti, "1861" e "Intrighi d'Italia", gli autori iniziano a demolire le leggende e le menzogne di Stato e a scrivere una cronistoria meno lacunosa e opaca.
La letteratura sulla Grande guerra è così ampia che tutto sembra sia già stato scritto. Invece Giovanni Fasanella e Antonella Grippo, superando le secche delle ricostruzioni ufficiali e delle celebrazioni per il centenario, hanno scoperto nuovi, interessanti elementi avventurandosi su un fronte poco esplorato se non, addirittura, segreto: quello dell'intelligence civile, militare e diplomatica, che ha combattuto una "guerra nella guerra", inserendosi nel gioco geopolitico delle nazioni più potenti. Per la prima volta, in uno scontro militare è indispensabile conoscere il nemico e indirizzare l'opinione pubblica. Ecco perché, anche in Italia, nella delicata fase della neutralità, si sviluppano lo spionaggio e il controspionaggio, con la loro rete di agenti segreti, agenti d'influenza e infiltrati. Gli autori ricostruiscono alcune delle storie più interessanti della nostra intelligence, quelle degli irredentisti che lavorano clandestinamente per strappare il Trentino agli austriaci, degli ambasciatori di ingegno capaci di spostare gli equilibri politici, dei "corvi" del Vaticano che congiurano a favore degli imperi centrali. La loro inchiesta, basata su informative riservate, diari privati e memorie dei personaggi più o meno noti che si muovono sul palcoscenico, conduce il lettore nelle trincee e nei palazzi del potere, nei tribunali e negli uffici dove si studiano i cifrari. Una cronaca che fa riemergere gli episodi più oscuri e le pagine censurate della nostra Storia...
Nel 1912 Giovanni Giolitti raccomandava "molta prudenza nell'aprire gli archivi del nostro Risorgimento", perché "non è bene sfatare leggende che sono belle". Comprensibile, forse, in un Paese ancora giovane e fragile. Purtroppo, per molti aspetti, il suo monito è stato preso alla lettera per un secolo intero e l'effetto si è esteso ben oltre i confini del racconto (epico) dell'Unità d'Italia. Così, pur con qualche virtuosa eccezione, la storiografia ufficiale e, per ricaduta, la divulgazione scolastica hanno spesso preferito accontentarsi di una versione edulcorata dei fatti, che nulla spiega di cosa sia poi diventato il nostro Paese. Eppure la dittatura dei poteri forti, il ricorso all'assassinio politico, gli usi impropri e deviati dei servizi segreti, la "trattativa" con la criminalità organizzata e altri vizi italici contemporanei hanno radici e precedenti proprio in quel pezzo del nostro passato. In questo libro gli autori hanno ricostruito alcuni fra i più interessanti misteri d'Italia, lungo un arco di sessant'anni dai giorni dell'Unità, attingendo a documenti inediti, atti giudiziari mai consultati dagli storici e preziosi archivi stranieri. Dalla "morte per salasso" di Cavour alle trame oscure dietro il regicidio di Umberto I, dall'avventura coloniale in Libia voluta dai poteri economici fino alla strage del teatro Diana a Milano, la storia d'Italia rivive in un succedersi di eventi che hanno proiettato le loro ombre inquietanti fino a oggi.
Aspetta un nuovo duce.
Ha leggi ferree. Dilaga nelle
periferie urbane, nei centri
sociali, nelle curve degli stadi,
nel web e nei gruppi
studenteschi. Tra miti lontani
e nemici vicini, l’urlo della
destra xenofoba e razzista.
“È nel sonno della pubblica coscienza che maturano le dittature.”
Alexis de Tocqueville
Ogni tanto, sull’onda di un episodio di violenza, si torna a parlarne. La destra della destra, che non ha mai tagliato i legami con il passato nazifascista, è in continua espansione. Mentre l’ala istituzionale s’incamminava verso posizioni liberal-democratiche, una frangia multiforme ha proseguito senza deviare. E se negli stadi le teste rasate continuano a punteggiare le tifoserie, per le strade delle nostre città gli skinheads ostentano croci celtiche, svastiche e macabri simboli fin troppo eloquenti. Respingono il diverso. Minacciano. Picchiano. Talvolta uccidono. Una massa sommersa che lavora sul campo, insidia i capisaldi storici della sinistra, ne infiltra gli spazi vitali. E si organizza militarmente per combattere una nuova guerra civile, etnica e razziale. In tutto il mondo.
L’orda nera racconta le nuove sigle, i luoghi, gli idoli, i riti, la storia e i miti di un movimento complesso, che conosce il web e cavalca il rock, che professa il rifiuto della globalizzazione, del cosmopolitismo, della contaminazione. In nome di una identità da affermare sopra tutto, da difendere a ogni costo. Per cui morire.