Ci sono più di un miliardo e mezzo di musulmani nel mondo, ma non tutti i figli dello stesso dio hanno gli stessi diritti: molti di loro vivono e tacciono dietro un velo fatto di ignoranza propria e ipocrisia altrui. Sono le donne dell’Islam. Ayaan Hirsi Ali è stata una di loro: destinata a un matrimonio combinato, ha disonorato la famiglia fuggendone; ha rotto i ponti con l’autorità maschile rappresentata dal padre, che nemmeno in punto di morte ha avuto per lei una parola di perdono; e solo oggi, a fatica, è riuscita a ricucire i rapporti con la madre. In Nomade, seguito ideale della controversa autobiografia Infedele, racconta la sua esperienza di figlia e di donna in un contesto culturale in cui l’altra metà del cielo è ancora costretta alla mutilazione genitale, alla schiavitù coniugale, alla lapidazione: non in un Paese remoto e selvaggio, ma nell’appartamento accanto. Il racconto della sua vita diventa infatti il punto di partenza di un viaggio nel cuore delle comunità islamiche del libero Occidente, ad ascoltare le testimonianze di decine di donne maltrattate e oppresse. Per concludere che da questa terribile realtà si può uscire solo con una solidarietà nuova, capace di coinvolgere le scuole, la politica, la Chiesa. Non esiste, sostiene l’ex musulmana Ayaan Hirsi Ali, un Islam moderato. Esiste invece una dittatura maschile che è un preciso dovere delle sorelle occidentali combattere e spezzare, a costo di apparire intolleranti, perché non c’è razzismo peggiore di quello che afferma la superiorità di un sesso sull’altro. Un grido del cuore, un racconto sconvolgente e spietato, che ci ricorda come l’istruzione e il lavoro, il sesso e la libertà non siano un dato di fatto, ma una conquista e un privilegio. Che a molte, troppe, è negato, anche per colpa del nostro silenzio.
Adan ed Eva sono due dodicenni di Amsterdam: lei appartiene alla ricca borghesia ebraica, lui è musulmano di origine marocchina e vive con la numerosa famiglia nel quartiere ad alto tasso d'immigrazione di Slotermeer. Sono compagni di scuola e faticano ad ambientarsi: lei è grassottella, goffa e poco attraente, lui è povero. Dall'incontro di due solitudini nasce un'amicizia osteggiata dalle famiglie, che tra incomprensioni culturali e incidenti religiosi degenera in catastrofe. Quando Adan viene cacciato di casa ed Eva iscritta a un collegio in Svizzera, i due ragazzi tentano insieme la fuga. Ma nelle loro famiglie si scatena il panico e la città è sull'orlo della sommossa. Una cruda favola moderna, un apologo morale che sottolinea i pericoli del fanatismo religioso, le difficoltà e forse l'impossibilità della convivenza.
"Sono cresciuta tra la Somalia, l'Arabia Saudita, l'Etiopia e il Kenya. Sono arrivata in Europa nel 1992, a ventidue anni, e vi ho trovato una nuova casa. Ho girato un film con Theo Van Gogh che per questo è stato ucciso a sangue freddo da un estremista islamico, e da allora vivo tra guardie del corpo e automobili blindate. Poi un tribunale olandese ha ordinato che lasciassi la mia casa: il giudice ha dato ragione ai miei vicini nel ritenere pericolosa la mia presenza nel quartiere. Per questo me ne sono andata." Con queste parole Ayaan Hirsi Ali apre uno squarcio nel racconto drammatico della propria vita, dall'infanzia, trascorsa con la nonna matriarca, custode tirannica delle leggi del clan e dell'islam, alla tortura della mutilazione genitale, dall'esilio cui fu costretta dall'opposizione del padre alla dittatura di Siad Barre, al rifiuto di un matrimonio imposto con la forza. Fino alla fuga dall'islam, all'approdo in Olanda e infine negli Stati Uniti.
Ayaan Hirsi Ali, musulmana, esprime la più radicale e coraggiosa posizione mai apparsa per la libertà della donna nell'Islam. Questo libro, che comprende anche la sceneggiatura di "Submission", il film del regista Theo van Gogh, si pubblica contemporaneamente in molti Paesi d'Europa. Per le sue idee, gli stessi che hanno ritenuto blasfemo il film di Theo van Gogh hanno condannato Ayaan Hirsi Ali a morte.