I fallimenti personali e i successi politici, le folli ossessioni e il freddo pragmatismo del più temuto dittatore del Ventesimo secolo.
«Abbiamo cercato di considerare Hitler un condensato, o se si preferisce come il catalizzatore di forze che si sprigionano dalla vertiginosa mutazione di quei sistemi economici, sociali e cognitivi che costituiscono l’Europa – in particolare l’Europa di mezzo – tra la fine dell’Ottocento e la Grande Guerra e che hanno trasformato il continente, le sue modalità di ‘gestire’ le masse umane, di nutrirle, guidarle, controllarle e di pensare la dimensione politica. Ciò che si delinea è quindi la storia di un uomo, di un destino, ma anche, per suo tramite, di un oggetto che abbracciò l’Europa e che si autodenominò ‘Terzo Reich’. Nel destino di quest’uomo si mescolano infatti militantismo frenetico, speranza imperiale, conquista dell’Europa, guerra ripugnante, inaudito genocidio.»
Perché gli intellettuali scelsero di mettersi al servizio del Terzo Reich? Una storia del nazismo intessuta di esperienze personali, angoscia, utopia e crudeltà.
Erano brillanti, intelligenti e colti, neppure trentenni quando Hitler prese il potere. Provenivano dalla classe media e i loro studi universitari li destinavano a carriere prestigiose, come giuristi, economisti, filosofi, linguisti o storici. Ma scelsero di far parte degli organi di repressione del Terzo Reich, in particolare presso il Servizio di sicurezza delle SS. Essi teorizzarono, pianificarono e giustificarono l'eliminazione di venti milioni di individui ritenuti di «razza inferiore». Christian Ingrao analizza il destino di molti intellettuali, bambini al tempo della Grande Guerra, si interessa alla loro rete di relazioni, ricostruisce il loro modo di rappresentarsi la guerra e il nemico, li segue durante l'esperienza cruciale delle campagne di Polonia e di Russia, e dopo la sconfitta. Ingrao ha cercato di capire come questi intellettuali fecero a credere, e arrivarono a distruggere.
Il nazismo, in Germania, non fu soltanto un movimento guidato da folli in preda a deliri di onnipotenza. Fu anche una poderosa macchina burocratica che, per funzionare, aveva bisogno di uomini preparati. Giuristi, dottorandi in economia o in storia, giovani laureati costituirono un'élite di intellettuali che, pur non rientrando nella cerchia degli uomini piú fidati di Hitler, svolse un ruolo fondamentale sia dal punto di vista teorico e organizzativo, sia come apparato di esercizio quotidiano del potere. Ma che cosa spinse questi uomini a mettersi a servizio del nazismo? Secondo l'originale e controversa tesi di Ingrao, la cultura bellica che durante la prima guerra mondiale aveva caratterizzato tutte le società europee, senza risparmiare i bambini tedeschi del primo dopoguerra - tanto piú quelli provenienti dalle aree di confine, che avevano subito occupazione ed espropri - una volta cresciuti sentivano di vivere assediati da un «mondo di nemici». Essi espressero la propria angoscia aderendo in massa al radicalismo di destra. Il messaggio nazista come progetto di rifondazione della germanità, intercettando e dando un obbiettivo a questo fervore, rappresentò il transfert di una rivincita anche ideale, il sogno di un invincibile «Grande Reich millenario».
Traduzione di Mario Marchetti (pp. VII - XXX, 1-162) e Frédéric Ieva (pp. 163-359)