Fino al XV secolo cristianesimo e islam hanno convissuto nella vasta area dell'Oriente che va dall'odierna Turchia fino ai confini dell'India e della Cina. Una coesistenza che inizialmente non risultò né problematica né violenta, anzi: nei primi secoli dell'era islamica, ad esempio, gli intellettuali cristiani erano consulenti alla corte del califfo di Baghdad; esistevano sedi episcopali negli attuali Yemen e Afghanistan; quattro vescovi amministravano altrettante diocesi in Arabia; nel 1050 l'Asia Minore aveva 373 sedi vescovili. "Fino al 1250 - scrive Jenkins - si poteva pensare a un mondo cristiano che si estendeva a est da Costantinopoli a Samarcanda, e a sud da Alessandria d'Egitto quasi all'equatore". Il cristianesimo non è mai stato una faccenda solo "europea". Fin dai suoi esordi si è segnalato come una religione tricontinentale, fiorente inizialmente in Asia, quindi in espansione in Africa, soprattutto nel Nord, e infine esportata in Europa. Le vicende della storia hanno poi visto un progressivo sgretolamento della presenza cristiana in Medio Oriente, fino alle selvagge persecuzioni attuali dell'Isis. Capire perché qui le chiese rischiano la scomparsa, sgomberare il campo da facili stereotipi, rivalutare una storia perduta, è quanto ci propone questo libro di Philip Jenkins. Un saggio che è il racconto di una civiltà pressoché sconosciuta.
Entro il 2025, il 75% dei cattolici nel mondo sarà non-europeo. La nuova chiesa globale avrà il suo baricentro in America Latina, Asia e Africa. Cosa comporta questa nuova geografia del cristianesimo? Proprio mentre il "romano" pontefice viene "dalla fine del mondo", l'autore indaga le metamorfosi in atto nella comunità globale dei credenti. Si scopre così che dalle "periferie" può arrivare nuova linfa a un cristianesimo spesso stanco. Il Sud del mondo sarà protagonista di una rinnovata Pentecoste, su scala planetaria.
Autore:
Jenkins Philip
Professore di storia e studio delle religioni presso la Penn State University di University Park in Pennsylvania. È considerato una delle voci più autorevoli nel campo sia della storia, sia della sociologia delle religioni negli Stati Uniti. È autore di numerosi libri..
Target:
Per tutti. Ambiente cattolico e laico. Studenti e università.
Contenuti:
Il panorama religioso europeo è cambiato. Chi avrebbe mai previsto negli anni Sessanta il declino della pratica cristiana? Chi avrebbe mai immaginato una presenza islamica così forte a Roma, Madrid, Parigi o Londra? Chi nel '68 avrebbe mai scommesso su leggi progressiste in materia di aborto e omosessualità?
Siamo di fronte a un'Europa diversa, il cristianesimo sta cambiando ma ciò non significa che stia morendo.
L'autore analizza la nuova immagine dell'Europa, permeata dalle radici cristiane ma contaminata dalle nuove comunità religiose.
In modo particolare offre uno studio accurato sulla comunità musulmana di oggi e si apprende che, nell'epoca del cambiamento, l'islam delle nuove generazioni vive le stesse crisi e incertezze del cristianesimo e che l'influenza delle tradizioni occidentali nelle comunità islamiche è tanto varia quanti sono i paesi nel quali l'islam si è insediato.
Continuando il percorso iniziato con La terza Chiesa (2002), in cui richiamava l’attenzione sulla crescente importanza del sud del mondo all’interno della cristianità, Philip Jenkins ritorna sull’esperienza religiosa dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina per mettere a fuoco più da vicino il ‘nuovo volto’ del cristianesimo in quelli che ben presto saranno i più grandi Paesi cristiani del mondo.
Il punto di partenza è l’innegabile divaricazione tra il modo in cui leggono e vivono la Scrittura i cristiani del nord, dell’Occidente euro-americano, e i cristiani del sud. Mentre i primi scontano l’eccessiva familiarità con la tradizione religiosa nella quale sono cresciuti, i secondi si accostano alla Bibbia con la freschezza di chi non deve passare attraverso le ‘trappole culturali’ che rendono ovvio e meno vitale il messaggio cristiano. E spesso i comportamenti di questi nuovi credenti si rivelano sorprendentemente fedeli allo spirito del cristianesimo primitivo.
Antiche immagini trovano nuovi significati: pensiamo a temi biblici come il cibo, la carestia, l’acqua e la sete, il raccolto in una società contadina. Ma il senso di continuità va oltre le suggestioni letterarie o culturali. In un mondo segnato dalla fame, dalla povertà, dalle persecuzioni e dall’esilio, con forti esigenze di riscatto e promozione sociale (si pensi, ad esempio, alla condizione femminile), ma anche popolato da spiriti e magie, i testi biblici parlano con tutta la forza che sembrano avere smarrito nei Paesi più avanzati.
Pensiamo a cosa può dire il Libro di Rut in una società affamata, minacciata dalla guerra e dallo scompiglio sociale, come quella africana; o l’Apocalisse, con la forza del suo messaggio che, qualunque sia il male del mondo, Dio trionferà; la Lettera di Giacomo, quasi un ‘manuale’ per una società in cui si stanno cercando le ‘regole’ del vivere cristiano; o ancora, certi racconti di Gesù che si avvicina ai dimenticati da tutti, in un contesto di divisione in caste come quello indiano.
Questo sguardo, ingenuo ma insieme vivido ed esigente, non si pone certo come alternativa alla tradizione dell’Occidente. Il cristianesimo ha sempre espresso forme diverse di fede e di culto, che restituiscono tutta la ricchezza del suo messaggio. Ma le interpretazioni che provengono dal sud del mondo possono indicare nuove strade per raggiungere lo spirito originario con cui i libri della Bibbia furono scritti e aiutare noi occidentali a riscoprire quel senso di vicinanza della Scrittura alla nostra vita che sembriamo aver perso.
Philip Jenkins, storico delle religioni e professore emerito alla Pennsylvania State University, è autore di numerosi libri sui fenomeni religiosi nel mondo contemporaneo. In particolare ha pubblicato The Next Christendom: The Coming of Global Christianity (2002), best seller tra gli studi religiosi negli Stati Uniti, tradotto in italiano con grande successo nel 2004 (La terza Chiesa. Il cristianesimo nel XXI secolo).