Gli studi sul Vangelo di Luca sono un cantiere aperto, sempre più esteso. Questo commento esegetico recepisce le istanze dei più recenti contributi sul terzo vangelo, soprattutto in relazione alla sua collocazione all'interno del giudaismo del I secolo d.C. Sul piano metodologico, Landi opta per una feconda convergenza di approcci diacronici e sincronici, con lo scopo di evidenziare il contributo della redazione lucana nella stesura del vangelo - prima parte di un dittico, che include anche gli Atti degli apostoli - e di apprezzare l'arte narrativa dell'evangelista, capace d'imbastire una trama intrigante e un resoconto dettagliato di tutto ciò che riguarda Gesù il Cristo. Per Luca, Gesù è il Messia davidico atteso dal popolo di Israele e il Figlio di Dio che estende la sua salvezza a tutte le genti. Questo preciso messaggio dell'evangelista non può essere compreso senza considerare il contesto biblico-giudaico, all'interno del quale Luca si radica, e senza richiamare la cultura greco-romana, alla quale si rivolge per accreditare il movimento cristiano come religio licita. Anche in questa prospettiva il lavoro di Landi risulta illuminante. Luca non si limita a modificare o integrare il racconto di Marco. La sua impresa letteraria e teologica è più ambiziosa. Egli rende la propria esposizione ancora più attendibile, sotto il profilo storico, al fine di consolidare la fede dell'«illustre Teofilo» - e la nostra. Un commentario completo al Vangelo secondo Luca: dettagliato, documentato, aggiornato agli ultimi esiti della ricerca scientifica.
Il volume, sesto titolo (e nono per ordine di pubblicazione) della collana Graphé, è pensato come una guida alla lettura insieme accessibile e rigorosa. Gli studenti di scienze bibliche vi troveranno l'aiuto indispensabile per leggere ogni capitolo dei Vangeli e degli Atti, con le indicazioni per interpretare i passi più difficili, grazie anche a suggerimenti e commenti che possono sfuggire a una prima lettura. I docenti, invece, troveranno un agile strumento per introdurre le principali tematiche che riguardano i Sinottici, e potranno allo stesso tempo sviluppare in modo autonomo e con libertà gli argomenti per loro più interessanti. Questi i temi dei cinque capitoli: un'introduzione generale, il Vangelo secondo Marco, quello secondo Matteo, quello secondo Luca con gli Atti, e infine una serie di focus su alcuni temi-chiave (fra cui "Unità e pluralità dei Vangeli", "Testimonianza, memoria, scrittura", "Il rapporto fra Sinottici e Atti", "Il problema teologico del Gesù storico" e "Il rapporto fra storia e fede").
Espressioni come "chiesa in uscita" e per portare il vangelo alle periferie esistenziali possono suonare come moderne. Il volume mostra come fin dagli inizi gli apostoli abbiano vissuto il loro mandato avendo come orizzonte ultimo "i confini della terra", cioè anche i più lontani dal giudaismo. L'autore, attraverso l'analisi minuziosa e documentata, ma non pedante, dei testi, mostra come lo Spirito del Risorto sia l'anima della spinta missionaria. Due sono le figure esemplari: Pietro e Paolo. Ma dietro di loro si muove tutta la Chiesa. Si tratta di un testo con molti spunti di riflessione per la teologia biblica, la cristologia e l'ecclesiologia.
In un tempo segnato da un forte ripiegamento nell'individualismo, che coinvolge anche l'ambito della spiritualità, è opportuno riscoprire la rilevanza della dimensione comunitaria. D'altro canto, è nella preghiera che un'assemblea cristiana prende coscienza di essere popolo redento dal Signore Gesù Cristo e si sente spronata a edificarsi nell'unità. Questa duplice convinzione ha ispirato l'autore nella riflessione sui testi che Luca, autore del terzo vangelo e degli Atti degli apostoli, dedica alla preghiera. La memoria delle origini è un'opportunità preziosa non solo per ricordare in che modo la cristianità antica lodava, ringraziava, supplicava il Signore, ma soprattutto per evidenziare la centralità della preghiera nella vita della comunità e nella sua attività missionaria. Nella prospettiva lucana, essa non è un pio esercizio di devozione né un obbligo in ossequio alle prescrizioni della tradizione giudaica: è vita. Per questo i cristiani primitivi come quelli contemporanei non ne possono fare a meno, perché non possono fare a meno di vivere.
Paolo è l'unico autore del Nuovo Testamento a utilizzare in maniera autoreferenziale le metafore paterna e materna per descrivere la profonda relazione che lo lega alle comunità da lui fondate. Il suo afflato materno si palesa nella cura con la quale egli nutre i suoi convertiti (1Ts 2,7-8) e nella disponibilità ad accettare la sofferenza, pur di generare i suoi figli spirituali alla fede (Gal 4,19). L'annunzio del vangelo fa di lui il padre nella fede (1Cor 4,15), sollecito nell'incoraggiarli, sostenerli e, se necessario, rimproverarli (1Ts 2,11-12) perché non si allontanino da Cristo.
Tra gli autori del Nuovo Testamento, Paolo è sicuramente colui che offre una riflessione più complessa e accurata della teologia della misericordia divina. La sua trattazione spazia dall'ambito personale, al motivo della salvezza d'Israele e delle genti, fino a toccare la dimensione etica della vita del credente e delle comunità cristiane.