Il narratore della Recherche, ha detto Deleuze, è simile a un ragno in agguato ai margini della sua tela che vibra, gli trasmette messaggi discontinui, gli indica la presenza di una preda: controfigura dell'uomo che trascorre lunghi anni in una camera foderata di sughero, lontano da quella realtà di cui cerca di registrare i segnali, anche i piú impercettibili, con il solo strumento - la scrittura - di cui dispone. Chi osserva la vita quotidiana di Marcel Proust e riconosce in essa alcuni dei germi che nella Recherche verranno metabolizzati e sottoposti a un radicale disorientamento, ha spesso l'impressione di assistere al formarsi progressivo, sui margini, di una glossa smisurata, antropofaga e invasiva. I frammenti biografici, che affiorano in modo discontinuo tra le pagine di questo libro e che sembrano obbedire alle necessità dell'opera a venire, ci permettono di riconoscere l'alfabeto in cui si elabora la «lingua straniera» di cui Proust vuole impadronirsi e nella quale, diceva, sono scritte tutte le grandi opere; additano lo snodo dove l'autobiografia del possibile si innesta sull'autobiografia reale di chi ha prodotto quel gigantesco, tentacolare agglomerato, che incamera e deforma ogni dettaglio, ogni sintomo e «fatto» biografico, ogni radice, ogni lettura, ogni sollecitazione e ogni impronta, che divora il suo creatore e, con la sua consapevole complicità, lo riduce all'ombra di un altro che potremmo, con Albertine, chiamare «Marcel».
Lavagetto raccoglie qui gli scritti che ha dedicato a Calvino nell'arco di quasi trent'anni. Questa misura cronologica ampia offre al lettore la gittata esemplare dal Calvino "fiabista" a quello "apocrifo" di "Se una notte d'inverno un viaggiatore", a quello saggistico e ultimo delle "Lezioni americane" - talora indagati a partire da ritagli o da censimenti -, ma soprattutto lo fa assistere alla partita identitaria che si gioca a lungo tra autore e critico, appartenenti a due generazioni successive, separate dalla loro stessa contiguità. Una partita che, se non può presupporre, può certo mandare a effetto una "comunanza d'orizzonte mentale" come Calvino riconobbe a Lavagetto a proposito del saggio sulle "Città invisibili".