Siamo stati fortunati a nascere in Europa nel secolo giusto e dobbiamo fare di tutto per non sprecare il destino che abbiamo ricevuto in eredità. Questo libro è un inno all'Europa e una chiamata all'azione per essere degni della sua grandezza. Otto mesi di viaggio nei 27 paesi europei, 65 città e 400 incontri. Incaricato dal Consiglio UE e dalla Commissione di preparare il piano di rilancio dell'integrazione economica, Enrico Letta ha attraversato l'Europa incontrando rappresentanti dei governi nazionali, delle istituzioni, della società civile, delle università, dei think tank. Questo libro è un lungo viaggio da Tallinn a Bilbao, da Liegi ad Atene volto non solo a costruire il «Rapporto sul futuro del Mercato Unico Europeo» - riportato in sintesi in queste pagine - ma anche a raccontare le idee al cuore dell'integrazione. Proposte operative per gestire con efficacia gli snodi cruciali di questo passaggio d'epoca: dalla transizione verde alla minaccia alla democrazia europea e alla pace. Fino al potenziale rivoluzionario quinta libertà, quella dell'innovazione e della conoscenza. Un racconto arricchito di storie e foto di viaggio per conoscere bene l'Europa di oggi e costruire meglio quella di domani.
«Perché tornare?» È la domanda che Enrico Letta si è sentito fare tante volte dai giovani italiani che studiano in Europa e che si è fatto anche lui, prima di riprendere la strada di casa per tornare alla politica attiva. La risposta è che ciascuno di noi ha il dovere di impegnarsi e ribellarsi, per riscrivere il futuro dell'Italia. Lo spiega in queste pagine appassionate e lucide, intense e ricche di storie, che intrecciano un percorso personale e le prospettive di un Paese da risollevare. Attraverso le ragioni civili e quelle del cuore, l'anima e il cacciavite, che vanno usati insieme per vincere le paure del XXI secolo e combattere ingiustizie, nazionalismi, populismo. L'anima - con l'appello all'«essere liberi», liberi fino in fondo - richiama all'ispirazione degli ideali, ai valori non negoziabili che vanno anteposti, sempre, agli interessi del momento e al timore di perdere consenso. Il cacciavite riporta alla concretezza e alla competenza necessarie per guarire una democrazia malata e attrezzarsi a una storica azione di ricostruzione dell'Italia, fondata sulla dignità del lavoro, sulla lotta alle vecchie e nuove disuguaglianze, sulla promozione di un'idea di progresso e benessere all'altezza delle sfide di questo tormentato passaggio d'epoca. Con la pandemia abbiamo sofferto tutti, ci stiamo rialzando, siamo cambiati. Deve cambiare anche la politica. Occorre passare dal partito del potere a quello dell'intelligenza collettiva, per aprirsi finalmente alla società accogliendo i tanti che credono nelle ragioni dell'impegno, ma che per anni hanno trovato le porte chiuse. Una comunità che scommette sull'istruzione, sui giovani, sulle donne. Che rilancia una norma di civiltà come lo ius soli. Che combatte con forza per l'ambiente e la sostenibilità. Che riafferma l'importanza di essere e sentirsi europei e, dunque, parte di un progetto più grande e ambizioso.
"La strada che ha preso l'Italia non mi piace. Vorrei che si cambiasse direzione. In questo libro provo a elaborare idee e lanciare proposte concrete. Per interrompere una sequenza fatta di errori e illusioni, tra sovranismi e rottamazioni, che ha portato a un'Italia sempre più ripiegata su se stessa. Per affrontare le sfide dell'immigrazione, del declino economico e culturale, della sostenibilità ambientale, e per un'Italia davvero protagonista di una nuova Europa. Le mie riflessioni si fondano su tre convinzioni. La prima è che per superare questo presente bisogna innanzitutto capire come ci si è arrivati. La seconda è che si deve superarlo andando avanti e non indietro. La terza, la più importante, è che non c'è niente di più bello che imparare."
Questo libro nasce all'alba. Precisamente all'alba di due giorni che, con il Brexit e l'elezione di Trump, hanno cambiato la nostra storia. Siamo di fronte a sfide il cui impatto sull'Italia e sull'Europa è riconducibile all'anno di svolta 1989. Per quanto scioccanti, questi eventi possono aprire per l'Europa nuove e persino affascinanti opportunità. Di certo, nel mondo di oggi sono fondamentali reattività e tempismo. È tempo che l'Europa diventi adulta e cambi strada rispetto a errori e incertezze di questi ultimi anni. E che l'Italia sia in prima fila contro i nazionalismi risorgenti e protagonista nella costruzione di una nuova Unione, più vicina ai cittadini.
"Se vuoi correre veloce vai da solo, se vuoi andare lontano devi farlo insieme" recita un adagio africano. È a partire da questa suggestione essenziale, eppure così adatta a descrivere l'orizzonte che l'Italia e l'Europa hanno dinanzi a sé, che Enrico Letta torna a raccontarsi dopo oltre un anno di silenzio. Non una memoria dei suoi dieci mesi da presidente del Consiglio, né un espediente per cercare immediate rivincite personali. Ma una riflessione proiettata al futuro, che, anche passando attraverso quell'esperienza, si sofferma su un'idea di comunità molto distante, per contenuti e stile, dall'attuale conformismo. Per Letta non esiste un solo momento positivo della nostra storia unitaria che non sia stato figlio di un progetto condiviso. E oggi più che mai l'Italia, per sfruttare al meglio le condizioni esterne positive createsi nel 2015, grazie in particolare all'azione svolta dalla Banca centrale europea di Mario Draghi, deve coinvolgere le migliori energie di cui dispone in un grande sforzo collettivo. Per favorire una ripresa attesa ormai da troppo tempo e, soprattutto, per alleviare le ferite ancora aperte della crisi e aggredire il più grave dei mali della società italiana: la mancanza di lavoro, specie per i giovani. Nessuno può riuscire ad affrontare impegni di questa portata da solo e quello che il Paese deve concedersi è la chance di dimostrare al mondo di essere "nazione" e "comunità", la capacità di unire virtù democratica e consenso.
"Due operai stanno ammucchiando mattoni lungo una strada. Passa un viandante che s'informa sulla natura del loro lavoro. Uno modestamente risponde: "Sto ammucchiando mattoni". L'altro esclama: "Innalzo una cattedrale!". Il primo degli operai descritti da Pietro Nenni in Parlamento, nel 1959, impila pietre: per sé e per guadagnarsi da vivere oggi. Il secondo fa esattamente lo stesso, ma sa di costruire qualcosa di grande per il futuro. Proprio il futuro è l'orizzonte di riferimento di chi contribuisce alla costruzione di una cattedrale. Un lavoro che costa fatica, non produce vantaggi personali immediati, ma rimarrà nei secoli. E la cattedrale si rivelerà tanto più solida e splendente quanto maggiore sarà la partecipazione della comunità alla sua realizzazione. Il nostro Paese ne è disseminato: opere dell'ingegno e dell'arte fatte in nome di un progetto alto e condiviso. Oggi è difficile anche solo immaginare qualcosa di simile. Che ne è stato di quell'ansia di futuro? Enrico Letta non ha dubbi: anche la crisi economica e sociale che stiamo vivendo è figlia del "presentismo". Della tendenza a sacrificare all'utilità del momento ogni investimento nel futuro che richieda tempo, capacità, pazienza. L'Italia è ammalata di "presentismo" come e forse più degli altri Paesi avanzati. La politica riflette e amplifica questa malattia. Eppure, è questo il momento di ritrovare l'ambizione di realizzare progetti solidi e duraturi. La cattedrale può essere una risposta alla crisi.
Entro il 2004 l'Unione europea si avvia a seguire una nuova direttrice verso Est e ad aprire le porte, oltre che a Cipro e a Malta, ai paesi dell'Europa centrale e orientale. Questo volume fa il punto su questo grande passo che vedrà l'Europa, e in particolare la Convenzione, alle prese con i difficili nodi istituzionali e politici connessi all'ingresso di paesi appartenenti ad aree geopolitiche così diverse e con caratteristiche economiche così differenti.
A che serve l'Europa? Quali sono i vantaggi e quali i costi dell'integrazione per noi italiani? Quale effetto avrà l'introduzione dell'euro? Un dialogo serrato sul nostro presente e sul nostro futuro.