La crisi che la politica sta attraversando non è un evento passeggero, né un semplice momento di transizione, ma il risultato di una trasformazione di lungo periodo, che ha diluito e infine cancellato i grandi ideali alla base di un'azione politica genuinamente democratica. Walter Lippmann, capostipite degli studi sociologici sul ruolo dell'opinione pubblica negli Stati democratici, racconta la genesi di questo processo, cominciato all'indomani della seconda guerra mondiale, e fa chiarezza su alcuni concetti e principi fondamentali della democrazia, che oggi, di fronte all'ascesa di populismi di diverso segno e al deterioramento dei rapporti internazionali, devono essere ribaditi con forza e riproposti come valori alle giovani generazioni.
In un mondo dominato dal web, dalla bulimia comunicativa e dalle cosiddette «fake news», può accadere di pensare che le ambiguità e le manipolazioni che presiedono alla formazione di un'opinione collettiva nelle nostre società democratiche si siano determinate solo di recente, e solo in funzione delle ultime innovazioni tecnologiche. Non è affatto così. La questione della formazione di un'opinione pubblica - che certo si è fatta più complessa e intricata nel mondo globalizzato di internet - ha origini ben più lontane. Questo libro ne è la più significativa e più consapevole testimonianza. Pubblicato nel 1922, "L'opinione pubblica" conserva a distanza di cento anni la sua carica profetica, la sua lucida provocatorietà e la sua ricchezza descrittiva. L'autore, Walter Lippmann, avviato a una brillante carriera di giornalista e saggista, aveva ricoperto nel 1917 la carica di sottosegretario aggiunto Usa alla Guerra: un breve interludio, che gli aveva consentito di occupare un punto di osservazione strategico sulle convulsioni comunicative di una società democratica, apparentemente inconsapevole della propria complessità. L'assunto del libro - un classico «fondativo» della sociologia dei media - è limpido e preciso: come avviene quel complesso e solo apparentemente «normale» processo attraverso cui i nostri punti di vista, le nostre idee circa la sfera delle esperienze civili e politiche condivise diventano Opinione pubblica, Volontà nazionale, Mente collettiva, Fine sociale? In che modo «l'opinione pubblica» costruisce i propri miti, i propri eroi, i propri nemici, strappandoli alla storia e catapultandoli in una sorta di leggenda potentissima, e al tempo stesso effimera? Lippmann indaga e descrive i meccanismi attraverso cui le immagini «interne» elaborate nelle nostre teste ci condizionano nei rapporti con il mondo esterno, gli ostacoli che limitano le nostre capacità di accesso ai fatti, le distorsioni provocate dalla necessità di comprimerle; infine, la paura stessa dei fatti che potrebbero minacciare la vita consueta. A partire da questi limiti, l'analisi ricostruisce come i messaggi provenienti dall'esterno siano influenzati dagli scenari mentali di ciascuno, da preconcetti e pregiudizi. Il testo di Lippmann ci offre anche una lucida critica dei limiti insiti nel sistema democratico, che ambisce a governare società complesse attraverso meccanismi di formazione del consenso non sempre limpidi, trasparenti, irreprensibili, su cui è opportuno esercitare il massimo di attenzione e di vigilanza critica. Prefazione di Nicola Tranfaglia.
En una era disgustada con los políticos y los diversos instrumentos de democracia directa, El público fantasma de Walter Lippmann no ha perdido un ápice de actualidad. Esta obra nos muestra al Lippmann más crítico de la democracia americana. De sentimiento antipopulista, este libro defiende el elitismo como una opción intelectual seria y distintiva que cuenta con una larga tradición en America. La visión desmitificadora del sistema americano de Lippmann resuena en el presente.
En El público fantasma se discute sobre el hombre desencantado que se ha desilusionado no solo con la democracia sino incluso con la reforma de la sociedad. Para Lippmann el votante medio es incapaz para el gobierno y lo que se denomina público es un mero fantasma. Lippmann desafía a la asumpción capital de la política progresista que pretende dejar la toma de decisiones en las manos del conjunto del pueblo.
Considerando el libro más solidamente argumentado y preclaro de Lippmann, está primera edición en lengua española permite al lector sumergirse en el texto a la vez más polémico y sugerente de uno de los autores con mayor influencia en la política y el periodismo de Estados Unidos a lo largo del siglo XX.
Walter Lippmann (Nueva York, 1889-1974), estudió en Harvard y en 1914, comenzó a colaborar, invitado por Herbert Croly, en la revista política semanal New Republic. Durante la I Guerra Mundial trabajó con el presidente Woodrow Wilson en su programa de 14 puntos para la Paz y el nuevo orden mundial. En 1918 fue nombrado capitán de la inteligencia militar. Acabada la guerra, escribió asiduamente en Vanity Fair y pronto pasó a trabajar en la redacción de un gran periódico de la familia Pulitzer, New York World, cuya página editorial dirigirá desde marzo de 1924. Al cerrarse el World, en septiembre de 1931, inició su labor periodística en el New York Herald Tribune, donde alcanzaría enorme fama con su columna Today and Tomorrow. Su labor como periodista la compaginó con la publicación de varios ensayos de éxito, como Public Opinion (1922), del que The Phantom Public sería una continuación.
Su prestigio profesional, y sus sagaces análisis de la política internacional. Le convirtieron en consejero áulico de todos los grandes presidentes demócratas de EE.UU. (Wilson, Roosevelt, Kennedy…). Tras la II Guerra Mundial acaparó la atención internacional con sus pioneros artículos sobre la “Guerra fría” (1947), defendió el espacio de influencia soviético en Europa y se mostró crítico con la política norteamericana en temas como el McCarthysmo o la guerra de Vietnam. Convertido en un periodista de referencia, desde 1963 prosiguió sus celebres columnas en el Washington Post y Newsweek.
Lippmann indaga e descrive i meccanismi attraverso cui le immagini "interne" elaborate nelle nostre teste ci condizionano nei rapporti con il mondo esterno, gli ostacoli che limitano le nostre capacità d'accesso ai fatti, le distorsioni provocate dalla necessità di comprimerle, "raccontando" un mondo complicato con un "piccolo vocabolario"; infine, la paura stessa dei fatti che potrebbero minacciare la vita consueta. A partire da questi limiti, l'analisi ricostruisce come i messaggi provenienti dall'esterno siano influenzati dagli scenari mentali di ciascuno, da preconcetti e pregiudizi. Il testo di Lippmann ci offre anche una lucida critica del sistema politico democratico che ambisce a governare società sempre più complesse.