Se è vero che il crimine accompagna l'umanità dagli albori della sua storia evolutiva adattandosi - nelle forme come nei contenuti - alla mutevole realtà sociale, allora, in tal senso, la "rivoluzione digitale" ha rappresentato anche una sorta di "rivoluzione criminale": dopo i primi istanti di incertezza, le tecnologie informatiche si sono confermate fertile terreno in cui le nuove espressioni del crimine organizzato occupano uno spazio sempre maggiore, direttamente proporzionale all'aumento dell'utilizzo del pc. Le cosiddette "autostrade informatiche", in realtà, non differiscono molto dalle autostrade adibite alla circolazione dei veicoli: così come abbiamo sempre più bisogno di arterie ben progettate e realizzate, di auto sicure, di segnaletica chiara ed efficace, di automobilisti abili e competenti, di auto-velox e di agenti rilevatori degli illeciti, allo stesso modo abbiamo bisogno, nel settore informatico, di un giusto mix di leggi adeguate, efficaci azioni di polizia e un livello crescente di pubblica consapevolezza.
La spettacolarizzazione del crimine in TV rischia di mettere in crisi la logica del processo giuridico, i suoi spazi, i suoi tempi e i suoi rituali, fino a proporre un vero e proprio processo parallelo che si sovrappone a quello giuridico anticipandone e in alcuni casi condizionandone - le sorti. Ma solo attraverso un'analisi delle profonde ragioni che spingono agli atti criminali si può cercare di far luce sul male sociale, quel frutto di vigliaccheria, debolezza e follia che è parte del nostro quotidiano, più di quanto a volte si osi immaginare.