Solo dopo l'ultima sillaba il verso di una poesia acquista significato. Solo alla fine di una vita se ne dovrebbe scorgere il senso. Valerio, il narratore e protagonista di questo romanzo, è sopravvissuto a stento a una terribile malattia che ha devastato il suo corpo. Si trova in una condizione di incertezza, mezzo vivo e mezzo già morto, solo nella campagna più solitaria, fra boschi, colli, uccelli, animali selvatici. E, sul limitare dell'ultima sillaba, prova a chiedersi quale sia stato il significato del suo percorso. In quest'opera di ricostruzione, convoca alla memoria gli eventi della sua storia privata e della Storia collettiva dall'88 fin quasi ai giorni nostri: la separazione dalla moglie, la fine di una militanza e di una fede politica che lo impegnavano dagli anni Sessanta, la caduta del muro di Berlino, la breve relazione con Margareth, la Guerra del Golfo, il legame con una ragazza canadese, Betty, la morte della madre, l'inizio dell'inchiesta Mani pulite, che coinvolge anche il fratello; e poi, imprevisto, un evento che pesa più degli altri: l'incontro con Claudine, un'allieva dell'università, da cui Valerio è attratto al punto da idealizzarla, sovrapponendola al personaggio di un racconto di Musil che porta il suo nome. L'amore con Claudine sembra ridare una meta ai suoi giorni, ma il declino progressivo del corpo, "bene mobile", gli ricorda quotidianamente che ha davanti a sé nient'altro che una serie di ultime volte, che è, in fondo, come il falco che osserva dalla finestra del suo casolare, che "tutto il giorno si prepara, spia la campagna intorno, si protende, aspetta. Aspetta cosa? Se poi la morte arriva e se lo piglia". E tuttavia, dopo dieci anni dall'ultimo incontro, i due avranno modo, sorprendentemente, di vedersi ancora una volta. Nonostante tutto, Claudine non è diventata ancora una figlia: resta una possibile, misteriosa e imprendibile amante. Dopo "La rancura" - che dando voce a tre generazioni ripercorreva quasi un secolo di storia italiana -Romano Luperini continua a fondere l'Io al Noi, a creare, per usare le parole di Annie Ernaux, "un legame indissolubile fra collettività e individualità attraverso la presenza della Storia". Per raccontare, con ricordi commossi e riflessioni amare, profonde speranze e altrettanto abissali disincanti, i due decenni a cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio.
Rancura. La parola rocciosa, ruvida, restia a dichiararsi è usata da Montale per descrivere il sentimento che ogni figlio prova, in forme diverse, nei confronti del padre, per misurarsi con lui, per comprenderlo, per raccoglierne l'eredità spesso scomoda. È in questa prospettiva umana, lungo quasi un secolo di storia italiana, dal fascismo a oggi, che tre generazioni di padri e di figli attraversano le pagine del romanzo di Romano Luperini. Tre protagonisti. Il padre è Luigi Lupi, maestro elementare e figlio di contadini, che dopo l'8 settembre combatte in Istria alla guida di una formazione partigiana, vivendo i giorni più nitidi ed eroici della propria esistenza, in una zona di confine segnata dapprima dai crimini di guerra dei generali italiani e poi dall'odio antitaliano e dalle foibe. Il figlio è Valerio, docente universitario e militante comunista che partecipa al Sessantotto e al tentativo di creare in Italia un partito rivoluzionario negli anni di piombo. Il figlio del figlio, Marcello, è un quarantenne che da Londra torna in Italia negli anni di Berlusconi e del "Grande fratello" per vendere la casa paterna nella campagna toscana. In questa casa trova un diario del padre e, in esso, emozioni, fragilità e desideri insospettabili.
La crisi della scuola, l'insegnamento della letteratura, il problema della storiografia letteraria e della manualistica costituiscono i temi principali di questo volume, che spazia dalla teoria alla didattica della letteratura. L'insegnamento deve essere basato non sulla centralità del testo, ma sulla centralità della lettura, intesa come esperienza vitale e partecipazione interpretante. Un posto di rilievo spetta alla interdisciplinarità, ai percorsi tematici e per generi, all'interculturalismo e al canone europeo, in relazione anche alle ultime indicazioni ministeriali. L'autore non intende soltanto suggerire "come" insegnare la letteratura nella scuola media superiore di oggi e di domani, ma anche spiegare "perché" essa va insegnata.
L'incontro tra Ulisse e Nausicaa, quello tra Leopold Bloom e Gerty MacDowell, l'incontro di Lucia con l'Innominato e quello tra Emilio e Angiolina, in Svevo: nelle narrazioni di ogni genere e tempo l'incontro non è solo tema molto vitale dell'intreccio ma anche artificio della trama, contenuto e forma. Se i personaggi di Balzac e Manzoni vivono gli incontri come momenti decisivi dell'esistenza, desiderati, programmati o indotti, nel modernismo europeo e in buona parte della successiva letteratura del Novecento, con il prevalere di un senso di caos e incontrollabile casualità, la fecondità narrativa dell'incontro si 'svuota'. Non più effetto di azioni consapevoli, si stempera nella gamma intangibile degli incontri mancati, sostituiti o impossibili, faccia a faccia perturbante con una imprendibile alterità, o prodotto di inconfessabili pulsioni. Dietro l'incontro interpersonale si percepisce, in filigrana, la condizione dello scrittore e il suo rapporto incerto e problematico con la realtà. Da Manzoni a Joyce, da Flaubert a Proust, da Maupassant a Svevo, Pirandello e Kafka, Romano Luperini guida il lettore in una suggestiva e densa indagine alle radici della rappresentazione letteraria del motore capriccioso che governa l'esistenza.
Il libro raccoglie saggi di critica e di teoria della letteratura scritti fra il 1999 e il 2005, fra eclisse del postmoderno e crisi della critica. Nasce dall'esigenza di rilanciare una prospettiva critica forte riproponendo autori, temi e teorie interpretative della modernità in una variante che potrebbe essere definita neomoderna o tardomoderna. Di qui gli argomenti: l'autocoscienza del moderno, le forme del passato nella poesia del Novecento, i temi dell'identità nazionale, dell'incontro, del giovane e del sogno. Protagonisti del libro sono testi e autori italiani ed europei della modernità, da Verga e Maupassant a Pirandello e Kafka, da Tozzi, Montale, Ungaretti e Gadda a Calvino, ma anche tendenze letterarie e critici.