«Il folle fugge dal pensiero cristallizzato per vivere in un futuro diverso e apre strade che solo più tardi saranno percorse con naturalezza anche dai cosiddetti normali.» Albert Einstein diceva che «solo coloro che sono abbastanza folli da poter pensare di cambiare il mondo lo cambiano davvero». La follia non è irrazionalità, la follia può essere considerata una forma di pensiero eccentrico, capace di nuove interpretazioni, nuovi modi di vedere e nuovi modi di cogliere il mondo. In questo volume, Lamberto Maffei ci accompagna nel mondo dell'arte e del cervello. Attraverso il racconto di artisti folli, ci mostra come la creatività può salvare il mondo fornendo un punto di vista diverso, ma al tempo stesso vero e diretto. In un tempo ricco di incertezze e retto dalla pressione all'omologazione delle nuove tecnologie, l'autore ci fornisce un quadro della nostra natura umana inedito, nuovo e autentico, dove non si nascondono fragilità, bellezza e paure dell'infinito e della fine, temi esistenziali propri dell'essere persone consapevoli.
Che cosa ci rende diversi dagli altri animali, anche da quelli più vicini a noi come i primati? Pur condividendo con essi la socialità e la capacità di comunicare, noi umani ci differenziamo per un linguaggio particolare, quello della parola. Oggi, le straordinarie possibilità di comunicazione aperte dall'era digitale inducono una fuga dalla parola e dalla conversazione; questo è evidente sia nei giovani chiusi in una stanza sotto una pioggia di messaggi sia negli anziani emarginati dalle nuove tecnologie, che si trovano ad affrontare tutti una paradossale solitudine. È tempo di tornare all'unicità dell'uomo e a quella «stringa di parole che la ragione infila nella collana della storia».
Tecnologia e globalizzazione hanno paradossalmente creato solitudine, causata da un eccesso di stimoli, che inducono un'attività frenetica del cervello, levando spazio alla riflessione e alla libertà del pensiero, intasato dalle entrate sensoriali saturate dalle connessioni in rete e dalla televisione. È la solitudine di un cervello che in una stanza invia e riceve notizie solo attraverso messaggeri strumentali informatici, ma spesso ha perso il contatto affettivo con gli altri. Il cervello troppo connesso è un cervello solo, perché rischia di perdere gli stimoli fisiologici dell'ambiente, del sole, della realtà palpitante di vita che lo circonda.
Siamo davvero programmati per la velocità? Viviamo in un mondo veloce, dove il tempo sembra via via contrarsi: continuamente connessi, chiamati a rispondere in tempi brevi a e-mail, tweet e sms, iper-sollecitati dalle immagini, in una frenesia visiva e cognitiva dai tratti patologici. Dimentichiamo così che il cervello è una macchina lenta e, nel tentativo di imitare le macchine veloci, andiamo incontro a frustrazioni e affanni. Queste pagine esplorano i meccanismi cerebrali che guidano le reazioni rapide dell'organismo umano, di origine sia genetica sia culturale, con un invito a scoprire i vantaggi di una civiltà dedita alla riflessività e al pensiero lento.
"In qual modo la memoria si sostanzia di immagini, le manipola, le "archivia", le riutilizza? ... Esistono immagini più efficaci di altre, più resistenti di altre nella memoria individuale o nella memoria collettiva, e perché? Quali sono le differenze percettive, emozionali, mnemoniche fra l'osservazione di un paesaggio, di un dipinto di quel paesaggio, di una foto dello stesso paesaggio, di una foto del dipinto? Sono misurabili e descrivibili in termini fisiologici oltre che di storia della cultura? ... Come fa l'artista a "sapere" quali forme, quali gesti, quali schemi cattureranno meglio e più a lungo l'attenzione del suo pubblico? Perché alcuni artisti riescono meglio di altri in questa impresa?... È oggi più che mai probabile che non si possano fare molti progressi in queste ricerche senza un serrato confronto con scoperte e ipotesi che vengono dal mondo delle neuroscienze."
Perché «la creazione» (Gen 1,1-28)? Perché è un «punto di incontro» su cui dialogare per imparare a «com-prendersi», cristiani, ebrei e musulmani. Dio per primo ha iniziato parlare con l'uomo proprio attraverso il dialogo creatore: egli si è autorivelato. Per gli autori ci sono alcune differenze tra le religioni, ma quello che rimane è che Dio è il Creatore, eterno, cioè che esisteva prima di creare il resto delle cose e l'uomo e la donna sono suoi partner nel custodire la terra.