Nata nel clima di violenza terroristica che sconvolgeva la società italiana nel periodo degli anni di piombo e che aveva come obiettivo la distruzione delle istituzioni e dello Stato, Filosofia della prassi (1986) è un’opera il cui valore va ben al di là delle circostanze storiche che l’hanno ispirata. Si presenta come una indagine spregiudicata, dai risvolti ancora attualissimi, sulle ragioni e le manifestazioni della crisi della civiltà del diritto, che pur ha fatto grande l’Europa.
L’autore – in queste che sono linee di filosofia del diritto – non descrive solo il processo di decadenza di un mondo, ma indica le strategie per una rivitalizzazione delle funzioni e dei significati del diritto. In questa prospettiva prende corpo una documentatissima analisi delle forme di negativismo giuridico che agiscono nella nostra cultura corrodendone i valori, e delle idee rigeneratrici che potrebbero contrastarne la portata devastatrice, non senza aver prima metabolizzato la dura lezione della critica. La posta in gioco è alta e riguarda il senso e il destino del diritto nella società, ambiguamente sospeso tra il rischio di ridursi a strumento delle manipolazioni del potere e l’impulso a promuovere l’affrancamento dell’uomo incurvato sotto il peso dei dispotismi. La nostra cultura giuridica sarà all’altezza del suo compito?
Italo Mancini (1925-1993) è stato professore di Filosofia della religione e Filosofia del diritto all’Università di Urbino, dove ha anche fondato l’Istituto superiore di Scienze Religiose e la rivista «Hermeneutica». Presso Morcelliana sono in corso di pubblicazione le Opere scelte, di cui nel 2007 è uscito il vol. I, Filosofia della religione; nel 2009 il vol. II, Novecento teologico; nel 2011 il vol. III, Teologia, Ideologia, Utopia e nel 2015 il vol. V, L’ethos dell’Occidente. Neoclassicismo etico, profezia cristiana, pensiero critico moderno. Sempre nel nostro catalogo: Come leggere Maritain (1993); Bonhoeffer (1995); Frammento su Dio (20003).
Lo scopo teorico dichiarato da Mancini nell'Ethos dell'Occidente è di rintracciare la "radice morale del diritto", elaborando appunto una filosofia del diritto. Nel corso della sua analisi l'ethos, l'eticità come capacità del soggetto agente di distinguere fra bene e male e avere un orientamento valoriale, va mostrando la sua origine non astratta ma intrisa di esperienza e tradizione, vale a dire appartenenza a un costume, a un popolo. La prospettiva si allarga così alla filosofia politica, delineando una "filosofia del popolo" dove il popolo è il luogo genetico della radice morale. Il percorso storico-filosofico, con fratture e riprese, segue due vie - antica e moderna che insieme disegnano una ideale contemporaneità o via "perenne" della filosofia (da Aristotele a Kant, da Tommaso d'Aquino a Vico, da Agostino a Hobbes, fino a Croce, Gramsci, Schmitt, Kelsen) costellata di concetti chiave: oggetto morale, diritto naturale, libera volontà, legge universale, coscienza, giustizia. Quest'ultima, racchiudendo in sé le possibili interpretazioni filosofiche e teologiche, sta alla fine e all'inizio di quello che Mancini definisce l'ethos del futuro, con cui si chiude il volume: in Paolo e nell'irrompere dell'avvenimento di Gesù Cristo la giustizia assume un'inedita valorizzazione.
Piergiorgio Grassi, Rileggere Barth; Günther Wenz, Tra i tempi. Sulla comprensione storica della teologia della crisi di Karl Barth; Angelo Maffeis, Karl Barth, un teologo tra le confessioni cristiane; Fulvio Ferrario, La recezione di Barth nella teologia protestante; Michele Nicoletti, Tra dialettica e analogia. Karl Barth e la politica; Romano Penna, Il posto del Römerbrief nella storia dell'ermeneutica paolina; Ilario Bertoletti, Martinetti interprete di Barth; Francesco Miano, Jaspers e Barth; Marco Ravera, Il Barth di Luigi Pareyson; Silvano Zucal, Balthasar critico di Barth; Roberto Garaventa, Ecumenismo e postmodernità. Hans Küng lettore di Karl Barth; Giacomo Coccolini, Il giovane Moltmann e Barth; Karl Barth, La Costituzione dogmatica Dei Verbum sulla divina rivelazione (a cura di F.S. Festa); Pavel N. Evdokimov, L'Ortodossia di fronte all'interpretazione di Karl Barth (a cura di N. Valentini); Henri Bouillard, Karl Barth e il cattolicesimo (a cura di P. Boni); Italo Mancini, Convergenze teologiche nell'Europa di oggi: il contagio barthiano (a cura di A. Aguti).
DESCRIZIONE: Fin dal suo apparire nel 1977, Novecento teologico apparve un libro destinato a far riflettere. Per due motivi: l’essere una ricostruzione originale del pensiero di Karl Barth, Rudolf Bultmann, Dietrich Bonhoeffer, e del socialismo religioso svizzero, e l’essere un nuovo capitolo della filosofia della religione di Italo Mancini. Da un lato, la chiarezza dell’esposizione mostra i capisaldi dei tre maggiori teologi protestanti del secolo scorso – la novità della teologia dialettica, l’effetto dirompente della demitizzazione, il respiro liberante del cristianesimo adulto – nei loro intrecci e nelle loro divergenze; dall’altro, è come se Mancini svolgesse qui una ricapitolazione delle sue ricerche degli anni Sessanta e Settanta e preparasse la stagione ultima, che lo porterà alla «logica dei doppi pensieri». Una logica che, cimentandosi con la sfida di pensare e dire oggi l’«Oggetto immenso» (Dio), incorporerà tracce cospicue dell’eredità di Barth, Bonhoeffer, Bultmann. In questo senso Novecento teologico è un classico della storia della teologia e del pensiero filosofico.
COMMENTO: I maestri della teologia del '900 (Barth, Bultmann, Bonhoeffer, ...) nel capolavoro storiografico di Italo Mancini
ITALO MANCINI (1925-1993) è stato professore di Filosofia della religione e Filosofia del diritto all’Università di Urbino, dove ha anche fondato l’Istituto superiore di Scienze Religiose e la rivista «Hermeneutica». Presso Morcelliana sono in corso di pubblicazione le Opere scelte, di cui nel 2008 è uscito il vol. I, Filosofia della religione. Sempre nel nostro catalogo: Filosofia della prassi (19983); Come leggere Maritain (1993); Bonhoeffer (1995); Frammento su Dio (20002).
Filosofia della religione, alla sua pubblicazione nel 1968, apparve nel contesto culturale italiano ed europeo come una svolta, sia per l'incidenza della teologia evangelica tedesca (in primis Karl Barth) sul concetto di religione proposto, sia per l'assunzione dell'ermeneutica filosofica come centrale dal punto di vista metodologico. Di qui la reazione di alcuni critici alle tesi di Mancini. Secondo l'apologetica che si era sviluppata dal secolo XVIII in poi, compito precipuo della filosofia della religione era quello di giustificare razionalmente la religione naturale, di cui si cercava di dimostrare sia il fatto sia il contenuto (i preambula fidei). La religione naturale diveniva in tal modo oggetto di una teologia naturale, mentre spettava alla teologia soprannaturale (interessata all'intellectus fidei) penetrare e sistematizzare scientificamente la verità rivelata. Al contrario, per Mancini, la filosofia della religione come ermeneutica della rivelazione, poteva, anzi doveva, avere come oggetto la religione in senso forte, identificata appunto con la rivelazione storicamente data. Con una precisazione: tutte le religioni storiche si presentano come rivelazione, come messaggio di salvezza. Una tesi che rende quest'opera un classico del Novecento. Più volte ristampata, Filosofia della religione inaugura la pubblicazione delle "Opere scelte" di Mancini.