La presente monografia attraversa l'intero percorso teoretico del pensiero di Sofia Vanni Rovighi, a partire dalla fenomenologia della conoscenza, attraverso la logica e la metafisica, l'antropologia e l'etica. La scelta di pubblicare questa monografia, pertanto, nasce dall'esigenza di rendere ragione di un pensiero che non si ferma solo ed esclusivamente sulle indagini storiografiche, che sono molteplici e hanno fatto scuola, ma s'incammina lungo i sentieri della speculazione filosofica, la quale, confrontandosi con diversi sistemi di significato, tra cui la fenomenologia, cerca di cogliere l'intero come prospettiva di orizzonte intrascendibile per l'umano indagare.
Vengono qui raccolti i saggi, per una buona metà inediti, che per circa un trentennio hanno accompagnato la riflessione filosofica svolta dallo scrivente in margine al mestiere o, se si vuole, alla professione di storico della filosofia, in particolare della filosofia dell'Ottocento e del Novecento. Maurizio Mangiagalli insegna Storia della filosofia presso la Facoltà di Scienze della Formazione della Libera Università Maria SS. Assunta (LUMSA) di Roma, e Filosofia Morale nella Sede di Gubbio della stessa Università.
Sul problema del tempo, che da sempre affascina lo spirito dell'uomo, si sono esercitati pensatori come Aristotele, Sant'Agostino, San Tommaso d'Aquino, Kant, Bergson, Husserl, Heidegger, Lévinas e Ricoeur, tra gli altri.
La celebre dissertazione brentaniana Sui moltelici significati dell'essere secondo Aristotele, ora disponibile anche in edizione italiana, è stata studiata per lo più o nell'ambito dell'approfondimento dell'esegesi della Metafisica aristotelica (G. Reale), o in funzione dell'incidenza che essa avrebbe avuto sulla formazione e lo sviluppo del pensiero di M. Heidegger (F. Volpi): la presente indagine, abbastanza circostanziata, intende invece fare luce sulle movenze che di qui caratterizzeranno il pensiero personale di Franz Brentano, certo anche in relazione a quella "metafisica della presenza" che, posteriormente tematizzata come bersaglio polemico proprio da parte di Heidegger, sembra tuttavia risalire alla stessa interpretazione brentaniana dell'intenzionalità, e radicarsi nel peculiare sviluppo brentaniano della presenza, all'ombra di quello che indichiamo come lo svuotamento usiologico della dinamica, cui non sarà peraltro estraneo quel discepolato husserliano dal quale si dovrà originare la stessa fenomenologia.
La presente indagine intende evidenziare le radici hegeliane del nichilismo novecentesco, ispezionando la concezione della morte nel suo riverbero sulla concezione dell'esistenza a muovere dalla celebre interpretazione della dialettica hegeliana di signoria-servitù da parte di A. Kojève, per inoltrarsi nella rispettiva configurazione di M. Heidegger e J.P. Sartre, cercando di mostrare parimenti come dalla differente concezione della vita (e della morte) dell'uomo si rifletta la possibilità di una temporalità (nietzscheana) di ripetizione o (kierkegaardiana) di ripresa, e come la speranza cristiana, alimentata dalla cifra della Risurrezione e dalla cultura di Pentecoste, rappresenti veramente la virtù epocale per un'età come la nostra di "passioni tristi" e di un diffuso ripiegamento narcisistico.