La contestazione, fino al rifiuto, dell'autorità quale freno alla libera espressione del sé è una delle eredità del secondo Novecento, soprattutto delle lotte del '68, con la messa sotto accusa dei pilastri su cui l'autorità poggiava - la tradizione, il padre, l'insegnante, la Chiesa - in nome dell'affermazione dello spirito individualistico. Eppure, come l'araba fenice, l'autorità risorge in continuazione dalle sue ceneri, ricostituendosi in forme inedite, più fuggevoli e indeterminate, ma non per questo meno efficaci. Assistiamo al moltiplicarsi di spinte per un ritorno all'ordine di un padre autoritario, tirannico e fondamentalista, oppure, in modi più sottili ma insidiosi, al presentarsi di un dominio tecnocratico che di fatto punta al superamento della condizione umana come la conosciamo. A chi dunque dobbiamo guardare? Non si tratta di tornare indietro, come qualcuno immagina. Si tratta, piuttosto, di andare avanti, riflettendo in forme nuove su un termine che rimane essenziale e insieme difficile. Perché, scrivono Mauro Magatti e Monica Martinelli nel saggio "La porta dell'autorità", un mondo senza autorità non è possibile, se non a costo di perdere la libertà. Quella libertà in cui proprio il limite diventa risorsa per l'azione, dando una prospettiva al nostro punto di vista sul mondo. Occorre insomma ricostruire il legame tra le generazioni, riconoscendo all'autorità la capacità di essere lo snodo tra chi viene prima e chi viene dopo (e non solo in senso temporale). In tal modo l'autorità può essere vista come una porta che, mentre inquadra - definendo così una direzione -, al tempo stesso apre a un futuro che ancora non c'è ma che pure non procede dal nulla.
Il volume rivisita il pensiero di Georg Simmel (1858-1918) sulla libertà. Acuto interprete di un’epoca che ha conosciuto un’accelerazione grandiosa al cammino di libertà dell’uomo e, al contempo, drammatiche involuzioni, il pensatore tedesco, all’interno di un originale approccio epistemologico contrassegnato dalla circolarità tra idea ed esperienza, pone la questione della libertà nei termini di un passaggio obbligato per le scienze sociali: le relazioni, i modelli e le forme di vita organizzata si sviluppano infatti attorno a un certo immaginario della libertà. Non a caso, quest’ultima costituisce una sorta di fil rouge che attraversa tutti gli scritti di Simmel, dall’ampia opera giovanile – Einleitung in die Moralwissenschaft – fino al frammento consegnato all’editore nello stesso mese della sua morte dal significativo titolo Über Freiheit. La stessa sociologia simmeliana si pone come scienza della libertà relazionale: l’analisi della libertà si intreccia strettamente con quella del rapporto individuo- società, dentro un’affascinante prospettiva dialettica di co-originarietà e reciprocità tra l’individuale e il sociale, fuori da visioni deterministiche, meccanicistiche e individualizzanti. Nella sua ricerca di «come possa l’io individuale conservare il suo valore particolare, senza allo stesso tempo sprofondare nell’instabilità del soggettivismo», Simmel pone attenzione alla visione antropologica sottostante un’epoca, rivisitando la nozione di soggettività. La nostra «libertà individuale non è la pura determinazione interna di un soggetto isolato, ma un fenomeno di relazione»: essa si delinea unicamente dentro la nostra risposta a un Tu, a un mondo sociale, alla vita. In tal senso, la libertà viene compresa tra le categorie della morale, la quale descrive il radicamento dell’uomo nella relazione, poiché è anzitutto una responsabilità. Il pensiero simmeliano collocato al confine (tra sociologia, antropologia e riflessione filosofica) e disposto a immergersi nel mistero impuro della libertà – una sfida più grande di noi e del nostro pensiero – continua a offrire un prezioso contributo per la comprensione della condizione umana contemporanea, delle sue sofferenze e urgenze. Simmel ci insegna che, per comprendere ogni tempo e per cimentarsi nell’arte di costruire qualcosa che non eluda la domanda di senso per sé e per gli altri, occorre partire proprio da qui: da un’analisi critica dell’immaginario della libertà.
Monica Martinelli è ricercatrice presso la Facoltà di Sociologia dell’Università Cattolica di Milano. Ha tradotto in italiano e curato la pubblicazione del testo di G. Simmel, Frammento sulla libertà (2009). Si occupa delle trasformazioni sociali contemporanee: a tale proposito ha pubblicato, tra l’altro: Dentro e oltre il post-fordismo (2002); Il legame incrinato (2003). Ha coordinato l’équipe di ricerca Caritas Italiana-Università Cattolica sulle periferie italiane (La città abbandonata, a cura di M. Magatti, 2007) e collaborato alla fase successiva di progettazione sociale partecipata all’interno dei quartieri urbani studiati (Animare la città, 2010).