Dopo un periodo di gestazione di quasi cinque anni, il Dicastero per la Dottrina della Fede ha pubblicato l'8 aprile 2024 la dichiarazione "Dignitas infinita" circa la dignità umana. Nel fare memoria del 75° anniversario della "Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo" (10 dicembre 1948), il Dicastero ha colto l'occasione «per proclamare nuovamente la propria convinzione che, creato da Dio e redento da Cristo, ogni essere umano deve essere riconosciuto e trattato con rispetto e con amore, proprio in ragione della sua inalienabile dignità» (n. 2). In questo volume Gaia De Vecchi e Roberto Massaro offrono una lettura attenta e critica del documento, evidenziando anche nuove piste di lavoro profetico che la chiesa è chiamata a compiere per promuovere, sostenere e implementare la dignità di ogni uomo e di ogni donna.
Perché eros e fede cristiana sono in perenne conflitto? Perché la Chiesa cattolica, nel corso della sua storia, ha “avvelenato” l’erotismo con un approccio eccessivamente rigido e legalista? Perché la rivoluzione sessuale del secolo scorso si è fatta portatrice di valori in netto contrasto con l’etica cristiana? Questo volume propone la lettura di alcuni brani biblici dal forte valore erotico cercando di delineare nuovi spunti per un rinnovamento dell’etica sessuale. Eros e peccato, infatti, non solo non sono sinonimi, ma si contrappongono tra loro. L’amore erotico, passionale, bramoso e ascendente, infatti, può costituire quella straordinaria energia che permette all’uomo e alla donna di saziare la loro costitutiva mancanza e il loro desiderio di alterità.
Le diverse questioni etiche che attraversano il nostro tempo interpellano profondamente l’uomo contemporaneo e spesso creano numerose contrapposizioni ideologiche, come se fossimo tutti “stranieri morali”. Il libro cerca di presentare il concetto di cura come base per un linguaggio comune che segni l’inizio di una passaggio da un’etica individualista, fondata sui criteri di imparzialità e giustizia, a un’etica relazionale, basata sulla consapevolezza che la costitutiva vulnerabilità umana ci rende interdipendenti tra noi e bisognosi di ricevere e donare cure.
In un tempo in cui sono troppe le contrapposizioni ideologiche sulla morale, il presente lavoro presenta il concetto di cura come base per un linguaggio comune. Urgente è passare da un’etica individualista, fondata sui criteri di imparzialità e giustizia, a un’etica relazionale: “prendersi cura” dell’altro è la forma più alta di servizio e di donazione di sé in quanto mostra di essere consapevoli della costitutiva vulnerabilità umana.
In una disciplina segnata con sempre maggior vigore da orientamenti diversi e in netta contrapposizione tra loro, l'approccio etico della cura si pone come tentativo di offrire alla bioetica un linguaggio comune per un'etica pubblica condivisa. Partendo dall'analisi storico-filosofica del concetto di cura, il lavoro presenta la proposta di una bioetica che, liberata dai rigidi schemi del deduttivismo e dell'imparzialità, si radichi nella vulnerabilità, nella relazionalità e nella dignità personale come elementi in grado di realizzare un orizzonte normativo di base che promuova il rispetto della vita e la crescita globale di ogni essere umano. L'etica della cura considera, infatti, moralmente rilevante non tanto la singola azione posta in essere da un individuo, ma l'impegno di ciascuno a protendersi verso l'altro. Inoltre, la cura non si pone il problema di delineare principi astratti validi per tutti in ogni luogo e in ogni momento della storia, ma considera ogni individuo e ogni problema morale nella sua unicità e irrepetibilità storica ed etica. L'ultimo capitolo cerca di applicare il nuovo paradigma bioetico alle dichiarazioni anticipate di trattamento, presentate come un "patto di cura" capace di ridare protagonismo al paziente in un'ampia cornice relazionale.