Non è forse un caso che tempi inquieti, tempi di cambiamento come il nostro, possano trovare conforto nelle pagine di Nicola Cusano, un pensatore di «passaggio» tra Medioevo e Modernità, enigmatico e affascinante, che sembra sfidare i secoli, le interpretazioni e le ideologie. Questo libro dimostra l'attualità del suo pensiero, evidenziandone la ricchezza e l'originalità rispetto alle sfide teoriche di oggi. Dal confronto con Hegel a quello con la recente svolta «speculativa» e «realista» della filosofia contemporanea, i capitoli di questo libro cercano di mostrare all'opera il pensiero di Cusano, lasciando emergere la sua capacità di spiazzare costantemente il lettore e metterne in questione i presupposti impliciti ma anche di valorizzarne la prospettiva singolarissima, perfino la stessa deriva nella ricerca di senso che tutti ci coinvolge. La tesi che guida questa lettura è che, come insegna Cusano, se la verità non ci appartiene, noi le apparteniamo senz'altro. Nessuno, neanche chi la nega, può sottrarsi a questa appartenenza. Nessuno, neanche chi la afferma, può eccederla e farla propria. Cusano sembra suggerire che è nel sottile spazio tra questi due eccessi che si collocano tanto il rigore, quanto la responsabilità del pensiero e, con essi, il compito, il destino e il futuro, se ve n'è uno, della filosofia.
Maurizi inizia con il compiere un veloce viaggio nell'immaginario occidentale per confrontarsi a fondo con la psicoanalisi e giungere poi alla sociologia. L'autore intende svelare come nella società attuale l'ideologia abbia operato una torsione rispetto al significato marxiano acquisito. La critica dell'ideologia non può oggi riguardare il suo carattere di mera rappresentazione: dell'uomo e dei suoi legami. Questa critica non può limitarsi a smascherare cause nascoste, non-dette, manipolazioni operanti in tale rappresentazione. Si tratta piuttosto di cogliere il carattere immaginario di questo sapere, del sapere stesso sui legami. A tale chiusura immaginaria ci ha condotto la forma "spettacolare" della società democratica globale, che ha eroso "l'alterità" come messa alla prova dell'io nella struttura dei suoi giudizi. Il significato del rapporto con l'altro sembra ridotto a pedina delle proprie azioni, piuttosto che essere sorgente sempre da riscoprire della propria identità. Dove è l'io? E difficile attraversare l'intrico di fantasmi in cui tale io si cerca, quando cerca, di ritrovarsi. Questo libro fornisce prospettive inedite e preziose su saperi e mappe disciplinari di una scienza dei legami. Il lettore viene condotto in un itinerario che, da Marx a Durkheim, da Bauman a Lacan, da Zizek a Debord, per citare solo alcune svolte del percorso, tenta di forare il sipario di un immaginario strappato dalla sua destinazione.
Adorno (1903-1969) torna in questi anni di attualità per la sua indagine sull'uomo e sulla natura della sua esperienza esistenziale. Questione che, pur oscurata dall'attuale omologazione dei linguaggi, sembra tenacemente riaffiorare. Il "non-identico" e il "tempo" sono i due concetti che l'autore individua nella sua analisi dei testi adorniani e che ripropone al lettore come elementi fondanti una rinnovata antropologia che sia in grado di ospitare l'idea di una conciliazione che non violenti l'origine dell'altro e lo restituisca all'irriducibilità della sua storia.