«Le beatitudini del marciapiede è un libro sconvolgente perché ci conduce, poco a poco, a concludere che la vita, almeno quella finora consumata, è un fallimento. E si avverte il desiderio, impossibile, di rifarla. [...] Non c’è altro da suggerire che leggere riga per riga e sperare di non entrare in una profonda crisi depressiva. [...] Lo dico con la semplicità e l’efficacia che don Antonio ha usato nello scrivere il suo libro: don Antonio Mazzi è “matto”! [...] Credo che Le beatitudini del marciapiede rimarranno la testimonianza di quanto don Mazzi sia prete e sia innamorato di Cristo».
Dalla prefazione di Vittorino Andreoli.
A ventisette anni dall’inizio della Fondazione Exodus, a ottantadue anni di età (ma non li dimostra!), il prete più famoso d’Italia traccia un bilancio della sua vita e della sua attività che ha il suo fulcro all’interno del Parco Lambro di Milano. E lo fa, come si dice, “con il cuore in mano”. Si confessa senza reticenze, innanzi tutto rivolgendosi ai “suoi” giovani, ragazzi e ragazze che in tutti questi anni ha incontrato nelle situazioni più difficili, e ai quali, nella maggior parte dei casi, è riuscito a dare nuova speranza e nuovi motivi per vivere. Un libro inedito che ancora mancava tra le pubblicazioni di don Mazzi. Una sorta di testamento spirituale che tocca numerosi argomenti, traducendo in modo originale e quasi irriverente l’evangelico “discorso della montagna”: Beati quelli del secondo albero; Beata la società di mia nonna; Beati quelli che scrivono sui muri; Beati gli educabili; Beati i miei ragazzi; Beate le donne; Beati quelli che non contano niente; Beati quelli che cantano “improperi”!
"Il libretto che vi propongo non leggetelo come fosse un libretto. Vivetelo come fosse un abbraccio. Ho impiegato ottant'anni per capire che la preghiera non è fatta di parole, ma di atti d'amore; che il Padrenostro non è fatto di 36 parole, ma di trentasei abbracci; che la messa non è solo una messa ma è un matrimonio consumato con Dio. Sei voi arrivate prima di me a fare questa esperienza, il libretto ha 'trovato la giusta dimora'"
I Pierini sono i discoli. Don Mazzi ha raccolto in questo volume alcune testimonianze e riflessioni su un'esigenza evangelica: non importa ciò che fai, conta come lo fai
I Pierini sono i discoli, quelli che escono un po' fuori dagli schemi convenzionali, capaci di sorprenderci perché non si accontentano delle solite risposte e si attendono qualcosa di più vero dagli adulti. Per questo sono i preferiti da Gesù. Con un linguaggio diretto e immediato maturato nel campo dell'esperienza, Don Mazzi ha raccolto in questo volume alcune testimonianze e riflessioni, attraverso le quali si fa ancora una volta portavoce di un'esigenza evangelica: non importa ciò che fai, conta come lo fai.
I media raccontano ogni giorno prepotenze, furti, molestie, stupri di cui si rendono protagonisti ragazzi all'apparenza "normali". Serpeggia, tra i nostri giovani, una carica di violenza spesso alimentata dall'abuso di alcol e, peggio ancora, dal consumo di droghe più o meno pesanti. Che fare? Don Mazzi lo spiega in modo chiaro e franco a tutti coloro che hanno o dovrebbero avere a cuore il bene della gioventù. E lo fa con l'autorevolezza, la credibilità, la passione di chi si occupa da anni dei problemi dei giovani, dalla tossicodipendenza ai disturbi psichici, e lotta per il recupero dei più deboli. Suffragata dall'esperienza sul campo e da episodi di cronaca emblematici, la diagnosi del fondatore di Exodus chiama in causa, anzitutto, la famiglia e la scuola, denunciando le loro gravi carenze educative. Se tanti ragazzi si trasformano in bulli arroganti o addirittura in giovani delinquenti, lo si deve alla latitanza dei genitori e all'inerzia degli insegnanti. A dimostrarsi inadeguati sono soprattutto i padri, spesso assenti o troppo deboli. L'eccessiva indulgenza, l'appagamento di ogni capriccio, l'incapacità di correggere e castigare sono all'origine dell'infantilismo e dell'irresponsabilità di molti giovani. E quindi il principale antidoto raccomandato da don Mazzi è tanto semplice da prospettare quanto arduo da applicare: uomini e donne non possono più limitarsi a essere genitori, devono saper diventare veri padri e vere madri.
II giovani domandano: Ma cos'è la vita? Sesso o amore? Quanto conta la bellezza? Ci vorrebbe una scuola. Contro la droga? Ma cos'è la felicità? Figli dei nonni? Paura del presente? Perché i padri non fanno i padri? Mal di vivere, voglia di morire? L'Aids piove dal cielo? I cattivi maestri? Possiamo andare in discoteca? La tivù è il diavolo? Gli ultimi saranno i primi? Dove nasce la pace? Don Mazzi risponde nel suo modo che non propone verità dogmatiche ma questioni aperte, con ironia e provocazione, parlando ai ragazzi e ai genitori. Uno spaccato della società giovanile, con qualche speranza: quella del somaro!
Cari genitori, ecco cosa dovete fare per far crescere male vostro figlio: accontentatevi del 6-; dispensate carezze di seconda mano; fatevi vedere depressi; i padri devono latitare; svegliatevi solo quando è grande; iper proteggetelo; scordatevi le buone maniere; mettete la famiglia dopo il lavoro, sempre; lavatevene le mani; scusatelo sempre e dovunque…
Un manuale del perfetto genitore svampito, lontano, assente e appiattito sul mondo del consumo, una provocazione dura ma efficace, nata dal cuore di un educatore come don Mazzi che da sempre si ritrova ad avere a che fare con bambini divenuti grandi ma mai cresciuti.
La 2° parte indica invece le cose buone da fare: Se volete crescerlo bene fate così.
Il libro inaugura la collana EXODUS – AVAMPOSTI, diretta da don Mazzi e dal suo staff.
"Da più di quarant'anni lavoro tra disperati, e mi sono accorto che le poche pecorelle salvate si sono salvate più a mia insaputa che per le mie qualità terapeutiche, pastorali, rieducative. Sono un po' come due discepoli di Emmaus, delusi dal profeta morto e traditi da una proposta di vita più grande di loro. Troppo tardi ho capito che non devo pregare per salvare gli altri, e che non devo pregare nemmeno per salvare me stesso. Devo pregare per vivere, non per salvarmi. Sono arrivato, dopo tante fatiche, a capire che pregare non è una fatica, ma l'ossigeno dell'anima. Mi viene tanto da ridere pensando ai tempi nei quali mi stendevo per terra, mi inginocchiavo sulle mattonelle, mi obbligavo a veglie faticose, ascetiche, quasi contro natura. Pregare è come parlare; parlare è come vivere. Vivere non si può senza incontrare qualcuno che si accorge di te, che ti saluta, che ti sorride, che ti meraviglia, che ti obbliga a domandarti: chi è? Perché ti ama?".