In tutto il mondo, negli ultimi trent'anni, imprese private e governi si sono affidati sempre più spesso a società di consulenza per ricevere consigli sulla propria gestione o sugli orizzonti strategici da perseguire. L'esito è stato disastroso: l'affidamento delle nostre economie a società come McKinsey & Company, Boston Consulting Group, Bain & Company, PwC, Deloitte, Kpmg ed Ey non ha soltanto bloccato l'innovazione, ma ha reso sempre più opaca e meno trasparente la responsabilità politica e aziendale. L'industria della consulenza ha messo in atto un vero e proprio inganno nei confronti di governi svuotati e avversi al rischio e di aziende che si preoccupano unicamente di massimizzare il valore per gli azionisti. Un inganno reso possibile dall'enorme potere che queste mega società esercitano attraverso contratti e reti di relazione ampie - consulenti, lobbisti e outsourcer - e dal presentarsi come i veri detentori di competenze e capacità oggettive. Questo libro rompe il silenzio sulle società di consulenza mostrando come indeboliscono le imprese, infantilizzano i governi e distorcono l'economia. A riprova degli esiti disastrosi del loro operato, vengono portati casi internazionalmente significativi, tra cui - ed è solo un esempio - i tragici fallimenti dei governi nel rispondere in modo adeguato alla pandemia di Covid-19. Il risultato è un'analisi originale e sorprendente che ci porta a conoscere il cuore pulsante dell'economia contemporanea.
Al cuore della crisi economica e finanziaria degli ultimi anni c'è un problema evidente: nel moderno capitalismo l'estrazione del valore, ovvero la raccolta dei profitti - dai dividendi degli azionisti ai bonus dei banchieri - è ricompensata assai meglio della creazione effettiva di valore. Oggi scambiamo chi raccoglie i profitti con chi effettivamente crea valore, chi guadagna con chi produce. Quel concetto di valore così centrale nella storia del pensiero economico - basti pensare alle riflessioni di Ricardo, Marx, Schumpeter e Keynes - oggi è misconosciuto o distorto tanto nella teoria quanto nella prassi. Se vogliamo riformare il capitalismo dobbiamo porci una serie di domande radicali: da dove viene la ricchezza? Chi crea il valore? Chi lo estrae? Chi lo sottrae? Solo rispondendo a queste domande possiamo sostituire l'attuale sistema capitalistico di tipo parassitario con un capitalismo più sostenibile, più interdipendente: un sistema che funzioni per tutti.
Vi ricordate cosa accadde il 12 settembre 1962? John F. Kennedy annunciava al mondo che gli Stati Uniti si prefiggevano un obiettivo straordinario: arrivare sulla Luna. La storia ci dice il resto: la missione Apollo 11 venne realizzata e l'allunaggio avvenne sette anni dopo. Per raggiungere questo traguardo fu necessario mettere in campo nuove forme di collaborazione tra il settore pubblico (la Nasa) e quello privato, insieme a investimenti di portata straordinaria. Cosa accadrebbe, si domanda Mariana Mazzucato, se la stessa audacia fosse impiegata per affrontare i più gravi e complessi problemi del nostro tempo, dai cambiamenti climatici alle epidemie, dal digital divide alle disuguaglianze crescenti? Sono problemi enormi, impermeabili a soluzioni semplici, che possiamo risolvere solo affrontandoli in maniera radicalmente nuova. Nel concreto questo significa creare nuove forme di partnership tra pubblico e privato; significa ripensare al modo in cui sono strutturati i bilanci statali per orientarli più esplicitamente al lungo periodo; significa investire coraggiosamente su larga scala e utilizzare l'innovazione, fino a ora impiegata solo per generare profitti privati, a fini sociali. Significa, soprattutto, mobilitare le nostre risorse - materiali, intellettuali, finanziarie - in modo audace, prefiggendoci missioni capaci di ispirare e stimolare l'immaginazione. Siamo riusciti a fare tutto questo per arrivare sulla Luna. Oggi possiamo farlo, di nuovo, per raggiungere un obiettivo ancora più ambizioso: migliorare la vita di tutti.
"Per molti, lo Stato imprenditore è una contraddizione in termini. Per Mariana Mazzucato è una realtà e una condizione di prosperità futura. È arrivato il tempo di questo libro." (Dani Rodrik, Harvard University. "Mariana Mazzucato dimostra che tutte le ultime rivoluzioni tecnologiche hanno avuto all'origine la ricerca pura finanziata dallo Stato: senza uno sforzo finanziato dai contribuenti la ricchezza dei big della Silicon Valley semplicemente non esisterebbe." (Federico Rampini). "L'economia tradizionale continua a proporci modelli astratti, il discorso pubblico continua a ripetere che la salvezza è negli imprenditori privati. In questo libro Mariana Mazzucato ci mostra come la prima soluzione sia ormai inutile e la seconda approssimativa." (Martin Wolf, "Financial Times"). Con "Lo Stato innovatore" Mariana Mazzucato è entrata d'autorità nel dibattito economico mondiale, proponendo questioni che hanno oggi, nella fase di emergenza economica causata dal Covid-19, ancora maggiore rilievo e centralità. Questa edizione è stata ampiamente aggiornata in ogni sua parte.
Nessuno è più efficace di Mariana Mazzucato nel produrre gli strumenti che servono a vincere una battaglia di idee.
“The Guardian”
Crollo del Pil mondiale, blocco delle merci e degli scambi, infinite moltitudini precipitate in povertà e senza più un lavoro. Questo è l’effetto della pandemia di Covid-19 da un punto di vista economico. Possiamo uscirne in tempi rapidi? E come? Dobbiamo non solo sperare di tornare quanto prima alla ‘normalità’, ma riuscire a trasformare questa crisi in una opportunità per ripensare il nostro modello di sviluppo. Mariana Mazzucato, una degli economisti più autorevoli e influenti del nostro tempo, ci mostra come l’alternativa non solo è possibile ma quanto mai indispensabile.
La sfida cui i governi di tutto il mondo si trovano davanti è enorme: la necessità di attuare misure di sostegno al reddito dei cittadini e di aiuti alle aziende in difficoltà, il rafforzamento delle prestazioni sanitarie dirette agli utenti, un livello di collaborazione senza precedenti fra le nazioni, dalla corsa al vaccino alla gestione dei tamponi e del tracciamento dei contagi. Purtroppo, nell’ultimo mezzo secolo, il messaggio politico prevalente in molti paesi è stato che i governi non possono – e quindi in sostanza non devono – governare. Da tempo politici, dirigenti di imprese ed esperti si lasciano guidare da un’ideologia che si concentra ossessivamente su misure statiche di efficienza per giustificare i tagli alla spesa, le privatizzazioni e le esternalizzazioni. Ecco la ragione per cui i governi hanno ora a disposizione un numero di strumenti più limitato per rispondere alla crisi. Ed è proprio questa la lezione del Covid-19: la capacità di uno Stato di gestire una crisi di grande portata dipende da quanto ha investito nella capacità di governare, fare e gestire, cioè di dare forma a mercati che producano una crescita sostenibile e inclusiva, finalizzata all’interesse pubblico.