Un alternarsi di orrore e solitudine, di incapacità di comprendere e di essere compresi, in una narrazione che nonostante tutto è un inno alla vita e alla forza del "sentire". Alda Merini ripercorre il suo ricovero decennale in manicomio: il racconto della vita nella clinica psichiatrica, tra elettroshock e autentiche torture, libera lo sguardo della poetessa su questo inferno, come un'onda che alterna la lucidità all'incanto. Un diario senza traccia di sentimentalismo o di facili condanne, in cui emerge lo "sperdimento", ma anche la sicurezza di sé e delle proprie emozioni in una sorta di innocenza primaria che tutto osserva e trasforma, senza mai disconoscere la malattia, o la fatica del non sentire i ritmi e i bisogni altrui, in una riflessione che si fa poesia, negli interrogativi e nei dubbi che divengono rime a lacerare il torpore, l'abitudine, l'indifferenza e la paura del mondo che c'è "fuori".
Un'edizione privata fatta col ciclostile per gli amici nel 1981. Si intitola semplicemente "Poesie" e ha tanto di copertina disegnata, prefazione, premessa, notizie bio-bibliografiche, indice finale, colophon. Insomma, quasi un vero libro. Sicuramente un libro d'autore, messo insieme e fortemente voluto dalla stessa Merini alternando poesie già pubblicate in precedenza con altre nuove. Una seconda raccolta del 1986, intitolata "Le satire", meno curata ma ugualmente confezionata e cucita per lo stesso tipo di udienza, proponeva invece poesie tutte inedite, non più riprese in altri volumi. Giuseppe Zaccaria ha recuperato questi due libri "fai-da-te" dal Fondo manoscritti dell'Università di Pavia. La loro pubblicazione in forma non clandestina amplia il corpus poetico della Merini (in una sua fase creativa, tra l'altro, molto proficua) e mostra la poetessa editor di se stessa, quando invece i suoi libri coevi o di poco successivi erano generalmente affidati a curatori esterni come Spagnoletti, Maria Corti, Raboni o Borsani. In appendice, sempre tratte da carte del Fondo manoscritti di Pavia, vengono pubblicate delle brevi prose tematicamente molto affini alle "Satire". Bozzetti di vita di quartiere dove la Merini disegna i personaggi che popolavano il variegato mondo intorno alla Ripa di Porta Ticinese, che era il suo mondo, a cui è voluta rimanere fedele fino alla fine dei suoi giorni.
Amore, follia, sacrificio. E poesia. Per Alda Merini c'è una relazione quasi necessaria tra quel "grande, inconfessabile languore amoroso" che è la follia, e la scrittura, vissuta come esperienza fisica prima ancora che come vocazione letteraria. "La poesia", scrive, "non è solo una missione; è anche e soprattutto un lavoro manuale" che attinge "alle forze della natura". In questo processo è il corpo il vero protagonista. Un corpo che ha rinunciato, con voluttà e stupore, alla guida rassicurante della ragione per smarrirsi nei labirinti tetri ma affascinanti della pazzia. Per perdersi e scoprire altre, più profonde verità. E soprattutto per poter amare. Questo libro, scabroso e drammatico, "scritto selvaggiamente", documenta gli anni più bui e insieme luminosi della poetessa milanese, gli anni dell'amore maledetto per un uomo "austero, silenzioso e temibile", gli anni dei manicomi e dei centri di riabilitazione mentale, in cui invano i medici hanno tentato di far tacere la poesia. Invece, pare suggerirci Alda Merini, contro tutti i princìpi razionali e le manie di benessere psicofisico, è "sano", a volte, accettare il proprio disagio interiore, lasciare che spiragli di sregolatezza si insinuino nella nostra vita, dando voce a emozioni e sentimenti che diversamente rimarrebbero muti per sempre. Un libro sapiente e visionario, in cui la struggente prosa lirica della poetessa riesce ad amplificare e sublimare la disperazione, rendendoci preziosi testimoni, quasi complici, del suo delirio amoroso...
Francesco di Assisi e Alda Merini insieme. Il santo e la poetessa. Entrambi sono giunti all'abisso e da lì sono stati come "un pazzo che guardava i Cieli". Non hanno più potuto fare a meno di Lui e sono partiti "per il lungo viaggio verso il Signore". Anche noi, con questa novena un po' inusuale, vogliamo incamminarci "per il lungo viaggio". Insieme a Francesco, ad Alda e ai tanti fratelli di questo nostro mondo tormentato cui le loro parole forse riescono a dar voce.
Chi era veramente Alda Merini? Come nascevano le sue poesie? La grande poetessa italiana è una delle figure più enigmatiche e affascinanti del nostro panorama letterario: nessuno scrittore ha nutrito con altrettanta umiltà e autenticità, attraverso le sofferenze dell'esistenza, la sua opera. Nessun poeta assomiglia così profondamente alle sue poesie, che nascono dalla vita, non a tavolino: "prima della scrittura hanno valore le mie mani, i miei occhi, il mio cuore e persino la mia disperazione, e quando scrivo tutto è già compiuto, il mio corpo ha già scritto la sua apologia e persino il mio tradimento". Alda Merini viveva la poesia, prima ancora di scriverla. Per questo spesso "dettava" i suoi versi, non per autocompiacimento ma per un'insistente necessità interiore, un'ispirazione che poteva nascere in qualsiasi momento, come mostra il filmato accluso al libro. Un dvd che documenta con vivacità e delicatezza l'universo umano e poetico di Alda Merini, la sua quotidianità vissuta in mezzo alla gente, con semplicità e coerenza, lontana dal clamore dei media. Il filo conduttore che lega le immagini è proprio il lavoro creativo, il suo dipanarsi, parola dopo parola, attraverso la voce indimenticabile della poetessa, con un ritmo e un tempo che nessuna pagina potrà mai restituire. Forse, sembra suggerirci questa commovente testimonianza, è nell'oralità, e quindi nella relazione umana, e non nella mera scrittura, il segreto - e il significato - della poesia.
L'antologia raccoglie tutti gli scritti in poesia e in prosa, dai capolavori più conosciuti alle pagine dimenticate. Un ampio saggio critico e biografico di Ambrogio Borsani, accreditato studioso della poetessa, contribuisce a rettificare le tante inesattezze diffuse sul personaggio Merini. Per la prima volta le raccolte poetiche degli inizi sono riproposte per intero: “La presenza di Orfeo”, “Nozze Romane”, “Paura di Dio”... Il volume comprende anche notissimi e più recenti titoli come “Vuoto d'amore”, “Superba è la notte” e l'ultimo lavoro, “Il Carnevale della Croce”, insieme ad altre rarità: una breve raccolta risalente al 1982, stampata nel 2009 in soli trentacinque esemplari, di versi in dialetto. napoletano per il secondo marito, Michele Pierri. Accanto alle prose autobiografiche “L'altra verità” e “Lettere al dottor G.”, che testimoniano la straziante discesa agli inferi del manicomio, vengono riproposti integralmente i suoi racconti, da “Il ladro Giuseppe” alle suonate liriche di “Delirio amoroso” a “Il tormento delle figure”. Una sezione di aforismi, fulminanti e divertentissimi, documenta un'attività quasi ventennale. Il volume comprende inoltre una decina di poesie inedite davvero significative.
Aforismi inediti
2007-2009
Poesie religiose. Poesie d'amore. Si potrebbe dire: poesie religiose, ovvero poesie d'amore. E viceversa. Infatti, anche se il libro è diviso in due sezioni ben definite, le diverse fonti ispiratrici partecipano di una medesima accensione.
Anche quando evocano i desideri più profani, i versi di Alda Merini sono attraversati nell'intimo da un senso di perdizione assoluta e di ritrovamento improvviso, di morte e rinascita, di trascendenza irredimibile e di miracolosa congiunzione salvifica.
Reciprocamente i versi che ripercorrono le figure salienti della cristianità e le grandi narrazioni evangeliche insinuano nel discorso spirituale una corporeità fortissima, che si confronta con la più elevata tradizione mistica, aggiungendo quel tocco di devianza e di pensiero paradossale che è da sempre la cifra esemplare della poesia di questa autrice.
Un libro che raccoglie il meglio della più recente produzione di Alda Merini, confermando un'immaginazione poetica assai articolata, sempre vitalissima.
La poesia di Alda Merini si è sviluppata in un flusso continuo, che ha la qualità di un modo di porsi nel mondo: offerta di sé al ritmo indefinito della quotidianità, in una ininterrotta costruzione di rapporti, di possibilità che variamente si intrecciano, si confondono, si sovrappongono, si infittiscono e si districano; presenza dentro il corpo e in mezzo alle cose, ricca certo di sapienza e di passione, intessuta di molteplici echi della cultura e del mito, di suggestioni di un mondo lontano, di parole perdute e indecifrabili, ma tutta esaltata, consumata, bruciata, nel suo darsi, nel suo offrirsi all'occasione, canto e vocalità in totale abbandono, dono divino caduto nella banalità del presente, ma pronto comunque ad accendersi anche in quella banalità, a brillare nonostante tutto, tra gioia e disperazione, tra La più nuda esposizione di sé e il trucco più sontuoso e splendente.