La fede cristiana non conosce soltanto, nella preghiera, le forme della gioia e dell'elevazione spirituale. Conosce anche le forme dell'angoscia o dell'oppressione, il dolore del grido disperato, gli accenti della richiesta che viene dal profondo. In questo libro Johann Baptist Metz spiega con parole lucide un tratto irrinunciabile della preghiera cristiana: la «sensibilità al tempo e al dolore». Descrive una preghiera che è luogo dove abitare la memoria e riscoprire la concretezza del credere, uno spazio in cui le istanze di libertà, pace, giustizia, riconciliazione diventano una critica potente verso una fede forse troppo astratta. La preghiera così come raccontata da Metz tiene insieme professione di fede ed esperienza di vita. Evitando stucchevoli frasi fatte, così, il pregare si carica di una tensione e di una drammaticità che non possono lasciarci indifferenti. Il pregare ci rende responsabili proprio perché ci invita non a chiudere, ma ad aprire gli occhi sulle nostre sorelle e i nostri fratelli. Pagine in cui la preghiera perde un'aura ingenua, incantata e sognante, facendosi invece concreta e persino ruvida.
El propósito de la presente obra es incidir, desde una perspectiva teológica, en el discurso de la espiritualidad y las espiritualidades, un discurso tan generalizado como poco o mal definido en muchas ocasiones. En esta propuesta de una mística de ojos abiertos, el autor no hablará solo del perfil irrenunciable de la espiritualidad cristiana, sino que también irrumpirá en el debate actual, marcado por la crisis, sobre Dios y la Iglesia, sobre las religiones y los ámbitos seculares.
Según Metz, la espiritualidad cristiana no debe rehuir dicho debate ni neutralizar las decepciones ocasionadas por las fallidas reformas de la Iglesia. Estas decepciones, muy arraigadas ya en gran parte de la sociedad, degeneran a menudo en una gran indiferencia con respecto a la vida de la institución. ¿Puede contribuir una espiritualidad teológicamente imbuida a que la Iglesia recupere lo que ha perdido a lo largo de la historia? El autor ha escrito estas páginas porque cree en esa posibilidad y no considera sustituible el perfil católico del cristianismo eclesial —en el sentido más ecuménico de la palabra— cuando se trata de enfrentarse finalmente con los ojos abiertos a los retos de una crisis (de Dios) histórica.
«La fe cristiana es, a no dudarlo, una fe buscadora de justicia. Ciertamente, los cristianos deben ser místicos, pero no exclusivamente en el sentido de una experiencia individual espiritual, sino en el de una experiencia de solidaridad espiritual. Han de ser “místicos de ojos abiertos”. […] Son ojos bien abiertos […] los que nos hacen volver a sufrir por el dolor de los demás: los que nos instan a sublevarnos contra el sinsentido del dolor inocente e injusto; los que suscitan en nosotros hambre y sed de justicia, de una justicia para todos.» S
Johann Baptist Metz rappresenta una teologia che cerca di connettere in modo nuovo mistica e politica, Cristianesimo e ambito pubblico. Per questo egli insiste sul fatto che, di contro ad un mito postmoderno d’innocenza, si deve parlare di Dio guardando alla storia di sofferenza del mondo. Egli pone l’accento sul fatto che la razionalità umana non deve darsi senza memoria del dolore e dell’ingiustizia, poiché altrimenti si disgrega in una razionalità puramente tecnica, per la quale alla fine l’«uomo» rappresenterebbe null’altro che l’ultimo frammento di natura non ancora pienamente indagato attraverso l’esperimento. Contro la dimenticanza presente nelle nostre società progredite, contro l’amnesia culturale che sempre più caratterizza la nostra opinione pubblica pluralista, egli lotta per la memoria passionis che origina dalla Bibbia, «per dare al grido degli uomini un ricordo e al tempo un termine».
Il volume mostra il vigoroso potenziale innovativo della nuova teologia politica e costituisce la summa del grande teologo, che fino ad oggi non ha cessato d’inserirsi, dal centro del Cristianesimo, nelle lotte spirituali del nostro tempo.