Come molti altri della sua generazione, dalle atrocità della Grande Guerra il "piccolo eroe" Bernard Jacquelain è stato trasformato in un "lupo" avido di piaceri e di denaro, cinico e disincantato, e unicamente attratto dal mondo luccicante dei faccendieri, degli affaristi, dei politici corrotti. A niente servirà la presenza dolcissima della giovane moglie: lui ha voglia di avventure, e di quella mediocre vita piccoloborghese non sa che farsene. Ma il fuoco di molti incendi verrà a devastare i campi della sua vita: un amore sordido, una débàcle finanziaria, un'altra guerra, un lutto atroce. Solo allora Bernard capirà che cosa vuole davvero - e saprà che da quel cumulo di ceneri può nascere una vita nuova.
Èil 4 giugno 1940, in una Parigi ferita e spaventata dai primi bombardamenti nazisti. Uomini, donne, intere famiglie si preparano a fuggire dalla città: i Péricand, ricchi borghesi cattolici, i coniugi Michaud, modesti impiegati di banca con un figlio al fronte, Gabriel Corte, intellettuale intenzionato a collaborare con l’invasore, Charlie Langelet, scapolo sessantenne benestante e snob. La meta, per tutti, è la campagna, dove pure il nemico non tarda ad arrivare. E l’incontro fra occupanti e occupati avrà, per qualcuno, esiti inaspettati: è il caso di Lucile e del delicato rapporto che nasce fra lei e il giovane ufficiale tedesco che è costretta a ospitare nella propria casa. Un romanzo popolare possente, folto di personaggi memorabili e storie avvincenti. I destini di una moltitudine di individui si intrecciano sullo sfondo delle tragedie della Storia, mettendo in scena la commedia della vita quotidiana, tra cinismo e meschinità, arroganza e vanità, eroismo, pietà e amore. Il capolavoro che ha segnato la riscoperta internazionale di Irène Némirovsky.
A Saint-Helme, gli Hardelot svolgono da sempre il mestiere di cartai, di padre in figlio. Pierre, erede di nome e patrimonio, è fidanzato con Simone, una giovane poco attraente ma un buon partito; è però innamorato di Agnès, con la quale è cresciuto. Le loro famiglie non si frequentano: Agnès appartiene alla piccola borghesia e non ha dote. Alla vigilia del matrimonio, e dello scatenarsi della drammatica sequela di guerre che sconvolgerà l'Europa del Novecento, Pierre decide di voltare le spalle alla tradizione familiare e alle convenzioni sociali sposando la donna che ama, rifiutando il ruolo di erede e rivendicando quello di uomo libero e innamorato.
Irène Némirovsky aveva pensato di iniziare questo suo secondo romanzo, "La nemica", con una citazione tratta dal "Ritratto di Dorian Gray" di Oscar Wilde: "I figli iniziano amando i propri genitori; più tardi, li giudicano; mai o quasi li perdonano". Quali ragioni l'abbiano poi spinta a non farlo, è difficile a dirsi; resta il fatto che tutto questo breve ma intensissimo romanzo si incentra sul complesso, drammatico rapporto tra una madre e una figlia, intorno alle quali l'intero mondo "familiare" diventa quasi un campo di battaglia che non risparmia né colpi né vittime. La "nemica" è infatti la madre, una donna frivola, incapace di amare altri che se stessa, tutta rinchiusa nella sua ansia di piacere, di essere amata, di non invecchiare, del tutto indifferente rispetto ai bisogni prima delle due figlie e poi dell'unica figlia che le resterà: Gabri, che coverà fin da bambina un rancore tale da soggiogare la propria stessa vita, da renderla una sorta di controfigura della madre, in attesa soltanto della sua vendetta finale. "La nemica" venne pubblicato originariamente a puntate sulla rivista "Les Oeuvres libres" dell'editore Fayard nel 1928, con lo pseudonimo di Pierre Nérey Nérey che è l'anagramma di Irène - quasi a mascherare e a svelare insieme il profondo e sofferto contenuto autobiografico della narrazione.
"Suite francese", pubblicato postumo nel 2004, è l'ultimo romanzo di Irène Némirovsky. Scritto agli albori del secondo conflitto mondiale a Issy-l'Évèque, in Borgogna, è un affresco spietato, composto quasi in diretta, della disfatta francese e dell'occupazione tedesca, in cui le tragedie della Storia si intrecciano alla vita quotidiana e ai destini individuali. È un caleidoscopio di comportamenti condizionati dalle aberrazioni della guerra, dalla paura, dal sordido egoismo, dalla viltà, dall'indifferenza, dagli istinti di sopravvivenza e di sopraffazione, dall'ordinaria crudeltà, dall'ansia di amore. È il racconto della passione, ambigua e tormentata, che nasce tra una giovane donna il cui marito è disperso al fronte e un ufficiale tedesco. Con lucida indignazione ma anche con pietà, Némirovsky mette a nudo le dinamiche profonde dell'esistenza umana di fronte alle prove estreme e scrive un insperato capolavoro della letteratura del Novecento.
Ismael Baruch è un bambino ebreo che nelle taverne malfamate della sua città improvvisa bellissime e struggenti canzoni, accompagnato da una balalaika, in cui canta la tristezza degli essere umani. Giovane poeta di grande, naturale talento, viene notato da un adulto, un poeta in crisi che scarica la sua frustrazione nell'alcool e che decide di fare del piccolo un dono prezioso per la sua amata, una principessa ricca e capricciosa. Strappato così al suo ghetto, Ismael viene venerato e amato, conosce il lusso e la vita agiata, trasformandosi in una sorta di poeta di corte...
I suoi lettori ormai lo sanno: oltre che una romanziera, Irene Némirovsky è stata una eccellente autrice di racconti. Ne scrisse per tutta la vita, fino ai mesi che precedettero l'arresto (quando era costretta a firmarli con uno pseudonimo e a farli pagare alla balia delle sue figlie). D'altronde, fra i suoi modelli letterari c'erano Cechov, Maupassant e la Mansfield, dei quali Irene amava l'asciuttezza, il cinismo venato di pietà, l'abilità nel delineare in poche pagine un intero mondo. Qualità che ritroviamo nei racconti riuniti in questo volume - nove narrazioni dove la Némirovsky ripercorre ancora una volta i temi che le sono cari: il destino di rassegnazione e di attesa che segna la vita di molte donne, la solitudine astiosa in cui invecchiano molte altre, gli oltraggi che il tempo infligge alla bellezza, la nostalgia del passato, il rapporto tra madri e figlie.