Dopo la Gloria dell'Incarnazione, la missione e l'esilio si sono alternati nella percezione del credere cristiano in Occidente, nell'eco del lontano inno davidico: «Forestiero e pellegrino son io, come tutti i miei padri» (Salmo 39), dalla «ramogna» di Dante alla solitudine di Barbiana per don Milani. Questa coscienza non è stata tuttavia primaria e, come richiama Rilke, occorre che Dio «si strappi» dai quadranti delle cattedrali perché il popolo si ricordi del cammino. Il libro percorre le stazioni, secolo per secolo, di questo difficile viaggio, sino all'incendio recente della cattedrale di Notre-Dame di Parigi.
Viviamo un'epoca in cui l'«assolo» sembra prevalere decisamente sul «vivere corale». Sebbene si sia ormai affermata la necessità di prendersi cura dei beni comuni, risulta però impossibile tutelarli senza fare appello a quelle virtù che riducono le pretese del singolo a favore dell'armonia dell'insieme. Carlo Ossola ci accompagna in un viaggio che è anche un dialogo con alcuni maestri delle «piccole virtù», esponenti del pensiero e della letteratura: da Cicerone e Lucrezio ad Alessandro Manzoni e Victor Hugo, da Carlo Goldoni a Giacomo Leopardi, da Emily Dickinson a Wislawa Szymborska, da T.S.Eliot a Georges Bernanos. Guida ideale lungo il percorso è il trattato settecentesco - che fa da appendice al volume - in cui Giovan Battista Roberti, compendiando secoli di civiltà europea, descrisse le «virtù sociali, utili a chiunque vive in società di altri viventi razionali». Nella consapevolezza che ricercare e praticare queste virtù non è altro se non, citando sant'Agostino, «scorgere in un fatto modesto i concetti comuni delle piccole come delle grandi realtà».
Carlo Ossola, in questo prezioso e raffinatissimo libro, ci racconta il suo viaggio alla ricerca di quelle tracce che fanno dell'Europa un patrimonio di civiltà condiviso, di ciò che può essere identificato come valore che sostiene la nostra civiltà. Un viaggio dapprima reale, che tocca luoghi europei anche piccoli e meno noti – da Reggio Calabria ai prati irlandesi di Glendalough, da Odessa alla pietra bianca portoghese di Belém – dove un paesaggio, un manufatto artistico, un personaggio, un libro riaccendono il sapore di una pluralità viva e condivisa nella quale ci riconosciamo e che nutre il nostro immaginario. E poi un viaggio del pensiero, complementare, nei miti che dai Greci in poi ci hanno fornito una matrice di identità: Ulisse e Enea, Eros e Psiche, l’unità di tempo e luogo di Aristotele, il filo insospettabile che lega san Benedetto e Lenin. Un viaggio che va oltre la profonda crisi di coscienza e di cultura che investe il vecchio continente, dove tutto sembra ridursi al calcolo economico e alle procedure burocratiche. Una lettura per ‘ritrovare’ l’Europa e riportare alla luce ciò che accomuna i suoi popoli e ci rende europei.
Un olandese formatosi a Venezia, che ha come modello e amico un cancelliere inglese, diviene il legatus dell'imperatore spagnolo, e decide di morire a Basilea, cercando invano un luogo di pace religiosa: anche solo questo minimo richiamo biografico evidenzia la singolare personalità di Erasmo da Rotterdam (1466/69-1536) e illustra la ricchezza del suo percorso umano e culturale all'insegna di un autentico spirito europeo. Ci introduce alla sua lezione il critico letterario Carlo Ossola, ricostruendo i caratteri storici che configurano "il vero Rinascimento", quello che "non si lascia irretire dalle contese religiose", che fu capace di "togliere all'eredità classica i paludamenti aulici e alla tradizione patristica i tratti apologetici", per andare all'essenziale della condizione umana. Sodale di Thomas More, e nutrendo poi Rabelais e Montaigne, e non meno Spinoza, Leibniz, Condorcet, Voltaire, e divenendo infine, nel Novecento, l'emblema e il conforto di una piccola schiera di uomini colti, da Zweig a Huizinga a Bataillon, che hanno resistito alle barbarie dei totalitarismi, l'umanista Erasmo, ironico e sapienziale, paradossale e libero, può rivelarsi, come conclude Ossola, un "prezioso faro per il viaggio e le tempeste che l'umanità incontra e suscita nel secolo ferito che si è aperto", in questo 'notturno' d'Europa.
La Commedia di Dante parla di "Everyman" (Pound), di ciascuno di noi. Parte cospicua dei suoi versi si è fatta proverbio, detto morale o sentenza, come se ci rifugiassimo nella Commedia per dar linfa ai nostri giudizi: "perdere il ben de l'intelletto", "sanza 'nfamia e sanza lodo", "ma guarda e passa", "mi fa tremar le vene e i polsi", "lasciate ogne speranza, voi ch'entrate". La Commedia è commedia: è il poema più dialogico di tutta la nostra letteratura; sfilano comparse, protagonisti; come a teatro ci sono dialoghi e monologhi, duetti serrati; un'architettura di mondi, luoghi visti, immaginati, letti, percorsi nell'esilio o nei libri. Per leggere Dante oggi, è necessario continuare ad avere la sua sete d'essenziale, il suo anelito a varcare il relativo per porre i suoi versi come sigillo e fondamento di una parola detta per sempre. Nel suo essere "testimone contro il tempo" Dante, nel Novecento, è stato meglio interpretato e compreso da autori come Pound, Eliot, Mandel'stam, Beckett e Borges che dai critici stessi. E ancora, nel XXI secolo, il suo poema è in futurum.
«Il viaggio più lungo / è il viaggio verso l'interno», scriveva Dag Hammarskjöld; all'interno di noi poiché «la radice di ciò che ci desta meraviglia è nei nostri cuori» (Francis Ponge). Questo libro percorre, in 52 stazioni di sosta e di lettura (una per ogni settimana dell'anno), la memoria sapienziale delle Lettere e delle Scritture, in una cornice di piccole parabole e meditazioni, ritratti ed elogi, paradossi e luoghi dell'anima; libri e Maestri che hanno formato il Novecento e l'autore sono evocati nella luce dell'affetto, che fa crescere e illumina. Uno spazio di pensiero e di raccoglimenti, da Vittore Branca a Max Milner, da Archangelos a Cingoli, da Sainte-Marie de la Tourette alla Sagrada Familia, che fanno dell'Europa un lascito ricco di futuro. Così il simbolo in cui converge tutto il cammino è il «germoglio»: una promessa, un inizio, uno stelo di speranza - nell'incompiuto, nell'Aperto.