La morte di Eluana in uno Stato di diritto
Nessuna famiglia dovrà patire
quello che abbiamo subìto.
Io posso solo continuare a
battermi per una legge che
rispetti la persona, che non dia
ad altri se non a lei stessa il diritto
di decidere del proprio corpo.
Il 9 febbraio 2009 Eluana Englaro moriva. Ci sono voluti 6233 giorni perché il padre potesse liberarla e dirle addio; diciassette anni di vita sospesa fra la vita e la morte, durante i quali Beppino Englaro ha lasciato il suo lavoro e si è immerso nelle carte. Ha studiato codici e regolamenti, ha partecipato a convegni e incontrato politici, giuristi e teologi, nel tentativo di capire come dar voce alla figlia e far rispettare la sua volontà percorrendo sempre la strada della legalità. I suoi sono stati anni senza tregua, senza pause, senza possibilità di fuga o di riparo dalla violenza di una vita artificiale imposta a Eluana da uno Stato etico, che può arrivare a privare delle libertà fondamentali i suoi stessi cittadini.
In questo libro l’autore rievoca i ricordi e le lettere di sua figlia e ripercorre gli ultimi mesi della vita di lei anche attraverso la propria storia di uomo riservato, costretto dagli eventi a farsi portavoce di un popolo silenzioso che ogni giorno, negli ospedali, si pone domande semplici e aspetta risposte umane, e viene invece abbandonato dalla politica in un limbo di sofferenza.
Una battaglia in cui Englaro è tuttora impegnato perché la libertà di cura sia un valore collettivo, perché la legge rispetti l’individuo e non dia ad altri se non a lui stesso il diritto di decidere della propria salute.
La vita senza limiti è il commovente ricordo di una paternità travagliata, ma anche l’atto di accusa di un uomo inascoltato nel momento più difficile: quello delle scelte dolorose.
Un diario scritto da una donna, una giornalista, che ha rivissuto il viaggio nel buio della mente di altre donne: le madri che hanno ucciso i loro figli. Sono solo madri cattive? O nessuno ha saputo comprendere la loro sofferenza? Cosa si nasconde dietro quella che gli psichiatri chiamano la follia mostruosa della normalità? Queste donne, che per la prima volta hanno accettato di rivelare la loro storia di solitudine e di malattia, sono ricoverate in quello che un tempo si chiamava manicomio criminale e che ora è l'ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere. Le confessioni di donne che hanno commesso uno dei delitti più inspiegabili - il figlicidio - si intrecciano con il racconto immaginario di Maria Grazia, una bambina che ha avuto una mamma malata di depressione. Che avviene nella mente di un figlio, di colui che potrebbe diventare una vittima?