Benché presente nel mondo naturale, dai vegetali ai minerali e agli animali, il rosa è stato prodotto dagli esseri umani in epoca relativamente tarda. In Europa prima del XIV secolo lo si incontra raramente, sia nella cultura materiale sia nell'arte, mentre appare con una certa frequenza nell'abbigliamento alla fine del Medioevo grazie a una tintura importata inizialmente dalle Indie e poi dal Nuovo Mondo, il legno di brasile. La moda del rosa raggiunge il suo apice attorno alla metà del XVIII secolo, quando questo colore viene associato al romanticismo e alla femminilità e diviene simbolo di dolcezza, piacere e felicità. Nello stesso periodo, i floricultori riescono a produrre delle rose rosa, e con un successo tale che il nome del fiore finisce per designare il colore che fino a quel momento era stato confinato nella gamma dei gialli o dei rossi. Oggi il rosa è meno presente nella vita quotidiana rispetto all'epoca romantica, e si caratterizza per una certa ambivalenza: se secondo alcuni è di cattivo gusto, secondo altri è un colore emblematico della modernità, e lo troviamo nella pop art o nella cosiddetta pink culture, ma anche in due fenomeni di grande successo: il rosa Barbie e la Pantera rosa.
Come interpretare il giallo? Colore chiaro, caldo, luminoso, oppure elusivo, malsano, traditore? Il limitato interesse che suscita nella vita quotidiana dura da almeno cinque secoli, benché abbia goduto in passato di un notevole prestigio. Colore della luce e della ricchezza per gli Antichi, di grande importanza religiosa per i Greci e i Romani, simbolo dell'oro e dell'immortalità per Celti e Germani, non è caduto in disgrazia fino al Medioevo. È in quell'epoca che in contrapposizione al giallo felice dell'oro, del miele e del grano, del potere e dell'abbondanza si fa strada il giallo demoniaco della falsità, della malattia e della follia. Anche nella cultura materiale il giallo perde importanza: lo disprezzano la Riforma protestante, la Controriforma cattolica e la borghesia ottocentesca. Benché la scienza lo annoveri fra i colori primari, non riesce a ritrovare il suo prestigio. L'ambivalenza simbolica sopravvive ai nostri giorni. Un giallo che tende al verde ci appare sgradito o minaccioso, forse addirittura tossico. Tutto l'opposto di quando si avvicina all'arancio e diviene allegro, sano e vivificante. Dopo i volumi riguardanti il blu, il nero, il verde e il rosso - Giallo continua il lavoro che Michel Pastoureau ha dedicato negli ultimi vent'anni alla storia sociale e culturale del colore.
Michel Pastoureau ripercorre la storia sociale e artistica degli stemmi medievali, ne presenta le principali regole e mostra come l'immagine araldica non sia affatto come le altre, soffermandosi sul significato di figure e colori. Un'opportunità per correggere una serie di equivoci e sottolineare l'influenza che i blasoni hanno esercitato nelle diverse epoche: la maggior parte delle bandiere, dei loghi aziendali, delle insegne militari, degli emblemi sportivi e persino dei cartelli stradali è infatti erede contemporanea dello stemma medievale. Il libro è illustrato da oltre 130 capolavori araldici, scelti tra arazzi, sculture, dipinti e smalti, per catturare la portata estetica di un'arte spesso sconosciuta.
La mitologia di alberi e boschi, i bestiari delle fiabe, il gioco degli scacchi, la storia e l'archeologia dei colori, l'origine degli stemmi e delle bandiere, la leggenda di re Artù e quella di Ivanhoe. Un grande storico dei simboli alle prese con l'affascinante complessità di segni e sogni del nostro Medioevo. Un viaggio intrigante lungo il labile confine dove reale e immaginario si fondono e creano la storia delle idee, una passeggiata incantata lungo i sentieri della cultura e dei simboli.
Nell'immaginario europeo, una dozzina di animali giocano un ruolo più importante degli altri. Il lupo è uno di quelli. Occupa questo posto d'onore già nelle prime mitologie, dalla lupa di Romolo e Remo al gigantesco lupo Fenrir della mitologia norrena, divoratore del dio Odino e distruttore del Pantheon nordico, fino alle metamorfosi dei licantropi. A partire dal Medio Evo però la paura dei lupi comincia a declinare. I bestiari, i libri di favole e i cartoni animati moderni trasformano il grande lupo cattivo in un animale che non fa più paura a nessuno, un animale da burlesque, perseguitato dai cacciatori. Ma il lupo non smette di essere cacciatore selvaggio: documenti d'archivio, cronache, folklore... non solo attacca le greggi ma divora anche donne e bambini. Lo strano caso della bestia di Gevaudan nel 1760 è emblematica di questa paura nelle campagne. Sono i toponimi, i proverbi e qualche leggenda a preservare la memoria di questa bestia selvaggia e crudele così a lungo temuta.
Colore ambiguo e capriccioso, il verde: da un lato simbolo di speranza, fortuna, natura e libertà, dall'altro tinta associata al veleno, al denaro e addirittura al diavolo. Giudizi altamente contrastanti, che si sono avvicendati nel corso dei secoli e che sono lo specchio di un cambiamento dell'orizzonte culturale della società che li ha prodotti. Ed è proprio questa evoluzione della nostra società al centro del nuovo saggio illustrato del grande storico francese Michel Pastoureau. Terza tappa di un progetto di alto profilo, al pari dei due precedenti "Blu" e "Nero", "Verde" è un'opera di ampio respiro, che spazia dall'arte, alla scienza al costume e che, di tassello in tassello, restituisce un altro affascinante e avvincente capitolo della storia dell'Occidente, dall'antichità ai giorni nostri.
Nata nel XII secolo sui campi di battaglia, l'arte degli stemmi ha come funzione primaria l'identificazione dei cavalieri resi irriconoscibili dagli elmi e dalle armature. L'idea che gli stemmi siano monopolio della nobiltà nasce in quei giorni. Invece tutti possono portare degli stemmi, che sia nobile o plebeo, sempre che rispetti le regole del blasone. Un codice funzionale, nato dalla necessità di identificare da lontano i portatori di stemmi: colori vivi, simboli evidenti, segnaletica forte. Michel Pastoureau, storico dei simboli e dei colori, ci mostra come l'uso dell'araldica è universalmente diffuso, e come sia giunto a essere presente nei segnali stradali, nelle bandiere, nei marchi e in tutti gli altri grandi codici della società contemporanea.
La storia del blu è un autentico rebus storico: per i popoli dell'antichità, questo colore contava poco; per i romani era il colore dei barbari e aveva connotazioni negative. Oggi, il blu è di gran lunga il colore preferito in tutta Europa e la sua popolarità distanzia di molto quella del verde e del rosso. C'è stato, dunque, nel corso dei secoli, un rovesciamento completo dei valori. Il libro si concentra su tale rovesciamento. Mostra dapprima il disinteresse per il blu nelle società dell'antichità e dell'alto Medioevo; poi segue in tutti i campi l'ascesa progressiva e la considerevole valorizzazione dei toni blu a partire dal XII secolo, soprattutto nell'abbigliamento e nella vita quotidiana. Enfatizza i valori sociali, morali, artistici e religiosi di questo colore fino al periodo romantico. Infine mette in risalto il trionfo del blu nell'epoca contemporanea, stende un bilancio dei suoi usi e dei suoi significati e si interroga sul suo futuro.
Per secoli, nella storia dell'occidente, il nero è stato considerato un colore come qualsiasi altro. All'inizio dell'epoca moderna, grazie all'invenzione della stampa e alla diffusione dell'incisione e della riforma protestante, si è addirittura guadagnato uno statuto particolare, accanto al suo antipode, il bianco. Qualche decennio più tardi, però, la scoperta dello spettro cromatico da parte di Newton ha introdotto una nuova gerarchia dei colori, dalla quale erano esclusi sia l'uno sia l'altro. Giunti infine al XX secolo, grazie all'arte prima, al costume e infine alla scienza, il nero ha riconquistato finalmente il suo status originario. Alla lunga e affascinante storia del nero nelle società europee è dedicato questo libro di Michel Pastoureau. Esso mette l'accento sia sulle pratiche sociali legate al colore (linguaggio, tintura, abbigliamento, emblemi), sia sui suoi aspetti propriamente artistici. Un'attenzione particolare viene accordata alla simbologia ambivalente del nero, che può essere considerato in modo positivo (fertilità, umiltà, dignità, autorità) o negativo (tristezza, lutto, peccato, inferno, morte). E poiché non è possibile parlare di un colore isolandolo dagli altri, questa storia culturale del nero è anche, in parte, quella del bianco, del grigio, del marrone, del viola e anche del blu.
Nella civiltà occidentale, il rosso è il primo colore che viene usato sia in pittura che in tintoria. Probabilmente è per questo che è stato a lungo il colore per eccellenza, il più ricco dal punto di vista sociale, artistico e simbolico. Nell'Antichità è stato il simbolo della guerra, della ricchezza e del potere. Nel Medioevo ha assunto una forte connotazione religiosa, evocando sia il sangue di Cristo che le fiamme dell'Inferno, ma nella dimensione profana è stato anche il colore dell'amore, della gloria e della bellezza e la Rivoluzione francese lo farà diventare anche un colore ideologico e politico. Il primo colore che l'uomo abbia padroneggiato, fabbricato, riprodotto e dunque quello sul quale lo storico, il sociologo o l'antropologo hanno più cose da dire che su tutti gli altri. Rosso - quarto capitolo di un'opera di alto profilo che vede in libreria Blu, Nero, Verde e prevede il giallo come quinta e ultima tappa - è un testo ricchissimo, che considera il rosso lungo un orizzonte temporale molto ampio e sotto tutti i punti di vista: una bussola che ci permetterà di orientarci nel labirinto cromatico di questo colore archetipico della storia e della cultura occidentale.