Un silenzio vischioso, legato ad atteggiamenti di omertà e collusione, cominciò velocemente ad avvolgere la vicenda dei beni sottratti agli ebrei La persecuzione degli ebrei in Italia è seconda per durata nell'Europa occidentale solo a quella tedesca: anche questo spiega la gravità delle sue conseguenze. Lo Stato fascista applicò con zelo leggi razziali che prevedevano l'esproprio di case, imprese e terreni, la perdita dell'impiego, l'esclusione dalle professioni; poi nei due anni della guerra civile, nazisti e fascisti della Repubblica sociale italiana arrivarono alla confisca e al saccheggio. Ma questa è solo una metà della storia affrontata in queste pagine da Ilaria Pavan; l'altra metà è quella non meno grave di uno Stato repubblicano che ignora o non favorisce il legittimo tentativo degli ebrei sopravvissuti di tornare in possesso di quanto era stato loro sottratto. Una vicenda non ancora del tutto conclusa a quasi ottant'anni dalla fine della guerra.
Principale strumento di tutela dei diritti di cittadinanza in risposta a rischi e bisogni individuali e collettivi, lo Stato sociale è da anni al centro di un dibattito che tende a ignorarne la storia. È appunto la storia che intende raccontare questo volume che per la prima volta riunisce in una narrazione complessiva l'evoluzione nel corso del Novecento dello Stato sociale visto nei suoi tre pilastri: la previdenza, la sanità e l'assistenza. Con un approccio che combina i processi politici e istituzionali, come anche sociali, economici e culturali, le autrici rintracciano le radici del welfare italiano nell'età liberale, ne seguono la parabola attraverso il ventennio fascista e l'età repubblicana, e ne enucleano gli elementi fondanti, offrendo un importante contributo di conoscenza su un aspetto costitutivo della società italiana contemporanea.
Nella notte del 19 novembre 1943, Renzo Ravenna e la sua famiglia varcano clandestinamente il confine italo-svizzero, costretti alla fuga dalle persecuzioni razziali. A rendere unica la loro vicenda è un particolare importante: Renzo Ravenna - amico fraterno di Italo Balbo - era stato podestà in carica a Ferrara dal 1926 al 1938, primo e unico ebreo a ricoprire un ruolo simile nell'Italia di Mussolini. I dodici anni del suo podestariato attraversano le diverse fasi del ventennio fascista e la sua vicenda umana e politica si fonde con la parabola di Balbo, la storia di una città alla ricerca dell'antico splendore e il rapporto complesso e sfuggente ad ogni semplificazione fra ebraismo e Regime, fino all'abominio delle leggi razziali.