Un saggio che definisce il concetto di "comunità", ne ricostruisce la storia e ne valuta l'incidenza nella discussione filosofica e politica dell'ultimo decennio. Le grandi correnti ideologiche a partire dalla Rivoluzione francese, comunismo e conservatorismo, cattolicesimo e socialismo, sono tutte multiformi manifestazioni di una concezione "comunitarista" del mondo. L'aspirazione a conservare o a creare strutture comunitarie attraversa la storia del pensiero politico e sociologico, accomunando in epoche diverse rivoluzionari e conservatori, nazionalisti e anarchici, marxisti e cattolici. Spaziando dai romantici tedeschi agli slavofili, da Proudhon a Marx al nazismo, questo testo espone le molteplici e contradditorie radici teoriche del comunitarismo.
La comunità è una realtà o una metafora? Un'istituzione o un gruppo spontaneo? È un'entità sociologicamente osservabile o un'utopia? Nell'affrontare simili interrogativi, l'autrice ha isolato tre modelli di comunità: quella "faccia a faccia", quella politica, quella etnica e/o culturale. Dalla parziale confusione e sovrapposizione dei vari modelli, e delle diverse problematiche ad essi connessi, scaturiscono ambiguità e contraddizioni. L'idea di comunità è destinata fatalmente a entrare in collisione con il paradigma dei diritti dell'uomo e con gli ideali del razionalismo critico? L'ultimo capitolo tenta di rispondere a questi interrogativi, rivisitando l'ideale anarchico e socialista di una comunità associativa.