"Le ripetute crisi che scuotono il mondo dall'inizio del XXI secolo dovrebbero indurci a ripensare i fondamenti della nostra società. È ormai evidente che, di fronte alle catastrofi presenti o future, domina il senso d'impotenza. Devastazioni spesso irreversibili colpiscono gli ambienti naturali: suolo, biodiversità, energia fossile, acqua, aria. Le contaminazioni si fanno sempre più gravi e sempre più pericolose. Intere aree sono divenute definitivamente radioattive, i mari sono contaminati dai rifiuti prodotti dalle attività umane; l'aria, l'acqua potabile, il suolo sono inquinati. Le perturbazioni climatiche sono sempre più frequenti [...]. Con la drastica riduzione delle 'risorse', in tutto il mondo si moltiplicano le guerre. Intere società si disgregano. Esperti scientifici di ogni sorta, uomini politici, filosofi e altri specialisti in scienze umane si affannano a proporre soluzioni che il più delle volte non fanno altro che accompagnare la caduta. Il sistema resiste, talmente i suoi ingranaggi sono strutturati, interconnessi, saldamente ancorati ai corpi e alle menti degli uomini e delle donne del pianeta. È contro tale senso d'impotenza che questo Manifesto si propone di intervenire" (dall'Introduzione).
Si è parlato della "fine dei contadini", ma essi sono sempre presenti e ancora oggi rappresentano la metà dell'umanità. Questo libro rivisita la storia delle classi contadine e mostra come esse hanno saputo preservare, in tutto il mondo, valori di solidarietà e di equilibrio ecologico nonostante le devastazioni sociali e ambientali provocate dall'industrializzazione dell'agricoltura. In prima linea di fronte ai grandi problemi che attraversano il pianeta - disoccupazione, ambiente, salute - i contadini avanzano proposte e creano alternative. A loro è dedicato questo studio appassionante, che dimostra quanto il ritorno dei contadini sia una vera e propria fortuna per le nostre società. Postfazione di Pier Paolo Poggio.