Il racconto del partigiano ribelle per amore che partecipa alla Resistenza assicurandosi di sparare senza odiare l'ingiusto aggressore rappresenta l'epilogo di una lunga tradizione che accompagnò l'Azione cattolica per tutta la prima metà del Novecento. Proprio la convinzione di poter scendere sul campo di battaglia senza astio verso il nemico, infatti, era stato perno sul quale si era fondata l'intera propaganda volta alla formazione di giovani soldati pronti a sacrificarsi per la patria in armi. Questo modello ebbe particolare successo nel corso della storia associativa e, non a caso, venne riproposto (con i giusti adattamenti) anche per "giustificare" la presenza dei cattolici nella guerra di liberazione nazionale. Il volume si pone dunque l'obiettivo di indagare le impostazioni culturali, pedagogiche e catechetiche espresse dal ramo giovanile dell'Azione cattolica verso il tema della liceità della violenza e della lotta armata nei difficili eventi successivi all'8 settembre e di delineare il ruolo avuto dall'organizzazione nel supportare, indirizzare e indicare la via ai propri soci militanti.
Questo originale sguardo di indagine getta ulteriore luce sull'apporto dato dalla più grande associazione laicale giovanile presente nel paese in quel periodo al processo che portò i giovani aderenti a definire una specifica coscienza resistenziale anche attraverso un costante richiamo a quanto appreso nei circoli associativi.