Nel 1976, una giovane studentessa di ingegneria di Princeton è a Madrid in vacanza. Legge “La biblioteca di Babele” di Jorge Luis Borges e ha un’illuminazione. Immagina quegli scaffali sterminati e si immedesima nel destino del bibliotecario che si aggira disperato alla ricerca del libro dei libri, quello che contiene le risposte ai misteri fondamentali della vita. Prima di lei, John Maynard Smith aveva fantasticato sull’esistenza di un’analoga libreria: piena non di libri, ma di proteine. Più di recente, alcuni biologi hanno ricostruito lo spazio combinatorio ideale – il morfospazio – di tutti gli animali e di tutte le piante possibili.
Ma qual è il senso, per la scienza, di immaginare mondi che non esistono per spiegare la realtà? Perché il morfospazio degli animali è pieno di zone vuote? Dopo più di 40 anni di tenaci ricerche e di disavventure, quella giovane lettrice, Frances Arnold, svelerà l’enigma e scoprirà forme e combinazioni che l’evoluzione non aveva ancora esplorato. Un viaggio appassionante, da Madrid a Stoccolma.
Intrecciando scienza, filosofia e letteratura, tra Borges e Italo Calvino, Telmo Pievani ci guida attraverso Babele per mostrarci quanto è vasto e sconosciuto il mondo del possibile che non si è ancora realizzato.
Non abbiamo fatto nulla per mitigare il riscaldamento climatico. Fra attese, rinvii e altre scuse, le conferenze sul clima sono fallite una dopo l'altra. Nel corso dei secoli, i mari si sono alzati di 65 metri. Il libro racconta a distanza di mille anni, dunque nel 2872, il viaggio intrapreso, sempre per scommessa, da un aristocratico inglese sulle orme di Phileas Fogg nel 1872, protagonista del romanzo di Jules Verne "Il giro del mondo in 80 giorni", pubblicato nel 1873. Ogni tappa del viaggio, in mongolfiera, in otto puntate è corredata da una serie di mappe dei luoghi attraversati e da una scheda di approfondimento scientifico. Il libro alterna tre linguaggi e livelli di lettura che dialogano tra loro: la dimensione narrativa del viaggio immaginario, la dimensione scientifica della geografia fisica e umana del mondo nell'Antropocene, il linguaggio cartografico, con tutta la sua carica di visualizzazione intuitiva.
La natura è più grande di noi perché ha tempi lunghi, anzi lunghissimi, mentre noi siamo su questo pianeta da duecento millenni o poco più. Come rane in un paiolo che non si accorgono di finire lentamente bollite, abbiamo cambiato la geofisiologia della Terra innescando un riscaldamento climatico che riduce la biodiversità e crea instabilità, migranti ambientali e conflitti per le risorse. La natura è più grande di noi non solo per la diversità di specie nuove di piante e animali che ogni anno scopriamo, ma perché ci sorprende: uno fra i moltissimi virus che da miliardi di anni circolano sul pianeta in poche settimane ha messo in scacco l'organizzazione sanitaria, sociale ed economica del mondo. Telmo Pievani affronta in queste pagine un viaggio illuminante, a tratti personale, tra scienza ed ecologia, storia e antropologia, scoperte mediche e avventure zoologiche, storie di strane creature e incontri con donne e uomini straordinari. Un itinerario affascinante fra Antropocene ed era pandemica che spiega perché la natura non fa nulla con un fine e come Homo sapiens non sia in fondo che un ramoscello recente, e fragile, nel grande albero della biodiversità. Se oggi ci aggiriamo come scimpanzé a New York non è per compimento di un destino, ma per dono della contingenza, alla quale dovremmo essere grati per l'occasione concessa. Perché anche noi siamo natura, anche noi siamo parte di questa avventura evolutiva.
Colossali ecatombi del passato hanno più volte segnato un nuovo inizio per altre forme di vita. La «catastrofe», la resa dei conti finale con la storia, ci affascina da sempre. Soddisfa bisogni psicologici magnificamente rappresentati nell'immaginario classico della fine del mondo vista come catarsi risolutiva, punizione, vendetta. Attraverso le parole chiave dell'attesa - apocalisse, disastro, nemesi, estinzione - queste pagine piene di ironia ci propongono un messaggio positivo di umiltà evoluzionistica e di accettazione della contingenza della vita sulla Terra, per decidere che cosa fare quando anche questa volta il mondo non sarà finito.
Quante volte ci è capitato di cercare qualcosa e trovare tutt'altro? Una compagna, un compagno, un lavoro, un oggetto. Agli scienziati succede sempre: progettano un esperimento e scoprono l'inatteso, che di solito si rivela assai importante. Questo affascinante fenomeno si chiama serendipità, dal nome della mitica Serendip da cui, secondo una favola persiana, tre principi partirono all'esplorazione del mondo. Nella storia della scienza le più grandi scoperte sono avvenute così. Qui però non troverete la solita lista di aneddoti, dalla penicillina ai raggi X al forno a microonde. Le più sorprendenti storie di serendipità svelano infatti aspetti profondi della logica della scoperta scientifica. Non è solo fortuna: la serendipità nasce da un intreccio di astuzia e curiosità, di sagacia e accidenti colti al volo. La serendipità, soprattutto, ci svela che non sapevamo di non sapere. Dopo i successi di Imperfezione e Finitudine, Telmo Pievani ci accompagna nell'avvincente storia di un'idea. Da Zadig a Sherlock Holmes, i tanti eroi della serendipità ci insegnano che la natura, là fuori, è sempre più grande della nostra immaginazione.
Come ormai tutti purtroppo sappiamo, l'impatto dell'umanità sul pianeta sta producendo effetti devastanti. La realtà geografica che identifichiamo con l'Italia è stata nei millenni estremamente mobile per ragioni tettoniche, morfogenetiche, climatiche, ma in ultimo anche antropiche e possiamo dunque affermare, con rigore scientifico, che Homo sapiens sta contribuendo a cambiare il clima e pertanto anche la conformazione della superficie terrestre: non è un fenomeno recente, ma non era mai accaduto in tempi così rapidi e con conseguenze così vaste. Considerata questa inedita accelerazione, non possiamo fare a meno di chiederci: come muterà l'aspetto del mondo nel futuro prossimo? Se tutto continuerà ad andare per il verso sbagliato e non attueremo le giuste misure per evitarlo, assisteremo allo fusione dei ghiacci perenni e all'innalzamento del livello dei mari. Per farci riflettere sui rischi concreti a cui potremmo andare incontro, il filosofo ed evoluzionista Telmo Pievani e il geografo Mauro Varotto hanno immaginato come si trasformerà l'Italia proiettandoci, in maniera distopica, nell'anno 2786. Esattamente 1000 anni dopo l'inizio del viaggio in Italia di Goethe, comincia così il tour di Milordo a bordo del battello Palmanova attraverso la geografia visionaria del nostro futuro: la Pianura padana sarà quasi completamente allagata; i milanesi potranno andare al mare ai Lidi di Lodi; Padova e tantissime altre città saranno interamente sommerse; altre ancora si convertiranno in un sistema di palafitte urbane; le coste di Marche, Abruzzo e Molise assumeranno l'aspetto dei fiordi; Roma sarà una metropoli tropicale; la Sicilia un deserto roccioso del tutto simile a quello libico e tunisino... Tappa dopo tappa, al viaggio di Milordo farà da contraltare l'approfondimento scientifico che motiverà, con dati e previsioni, le ragioni del cambiamento territoriale - illustrato, per l'occasione, con una serie di mappe dettagliatissime create da Francesco Ferrarese. Uno scenario giudicato per fortuna ancora irrealistico, ma utile per farci capire che l'assetto ereditato del nostro Paese non è affatto scontato e che la responsabilità di orientarlo in una direzione o nell'altra è tutta nostra.
Lo scrittore Albert Camus non è morto nell'incidente del 4 gennaio 1960. Un suo grande amico, il genetista Jacques Monod, va a trovarlo in ospedale. Stanno scrivendo un libro insieme. Leggono le bozze, ricordano le avventure durante la Resistenza a Parigi. Nel segno del disincanto, prende forma una visione del mondo. La scienza ha svelato la finitudine di tutte le cose: dell'Universo, della Terra, delle specie, di ognuno di noi. Come trovare un senso all'esistenza accettando la nostra finitezza? Camus e Monod passano in rassegna le possibilità laiche di sfidare la morte. L'investigazione diventa un giallo filosofico. Forse la finitudine non implica nichilismo, ma al contrario solidarietà, rivolta, una vita piena. In un gioco raffinato di fatti e finzioni, "Finitudine" è la storia della vera amicizia tra due Premi Nobel, un dialogo avvincente, un libro dentro un libro.
In un indistinto oceano primordiale, tre miliardi e mezzo di anni fa, ebbe inizio quella che noi chiamiamo «vita». Un processo inarrestabile, che dai primi organismi unicellulari portò a un'esplosione di piante e animali e infine alla comparsa di Homo sapiens , la specie umana cui apparteniamo. Da allora, sulla Terra si sono susseguite poco più di ottomila generazioni di esseri umani, cento miliardi di individui diversi, di storie diverse pronte a perdersi nella grande avventura dell'evoluzione. Eppure, in questo flusso, qualcosa resta. Qualcosa di invisibile, ma duraturo. Una filigrana biologica che resiste a stravolgimenti e catastrofi, senza spezzarsi mai. Una sostanza virtualmente eterna che, come un filo di Arianna, si snoda ininterrotta, si disperde in mille rivoli nell'albero della vita e ci unisce tutti. Il DNA. Un programma di replicazione con cui le cellule fanno copie di se stesse, si dividono, si differenziano, permettono a un organismo di nascere, di crescere, di riparare i danni e di guarire. Un direttore d'orchestra che sorveglia e coordina miriadi di processi e scambi. Una biblioteca con migliaia di volumi che raccontano la nostra storia più remota, come pure quella del nostro ambiente, ma che ci forniscono anche tutte le informazioni di cui abbiamo bisogno quando dobbiamo affrontare una malattia come il cancro. Attraverso le tappe fondamentali dell'evoluzione della nostra specie, questo libro ripercorre la storia di un'invenzione straordinaria, ne descrive le caratteristiche, le leggi che la governano, il funzionamento, i passi compiuti dalla scienza per svelarne i segreti e i nuovi campi di applicazione, anche nella lotta al cancro. Ma soprattutto ci ricorda l'importanza della ricerca scientifica, della ricerca pura e disinteressata, guidata dalla curiosità e dall'amore incondizionato per la conoscenza. L'unico antidoto contro il dogmatismo e l'integralismo delle ideologie e dei preconcetti.
Nell'evoluzione vige un'asimmetria: noi abbiamo bisogno della biosfera per vivere; la biosfera invece non ha alcun bisogno di un mammifero proclamatosi Homo sapiens. Come sarebbe la Terra senza la nostra pervasiva presenza? Selvaggia, indomita, indifferente alle nostre sorti, nuovamente rigogliosa. Frans Lanting ci permette di fare questa esperienza estetica, emozionale e spiazzante. Per ritrovare un'alleanza con la Terra, sapendo di non essere indispensabili.
Noi siamo il risultato di una serie di imperfezioni che hanno avuto successo. Il nostro cervello e il nostro genoma, due tra i sistemi più complessi che la natura abbia prodotto, sono pieni di imperfezioni. Sono le strutture imperfette a farci capire come funziona l’evoluzione, che non è un ingegnere che ottimizza le sue invenzioni ma un artigiano che fa quel che può e trasforma con fantasia il materiale a disposizione, arrangiandosi e rimaneggiando. Anche la storia naturale che ci ha condotto fin qui è un catalogo di imperfezioni che hanno funzionato, a partire da quella infinitesima deviazione nel vuoto quantistico primordiale da cui nacque l’universo.
Il filosofo della scienza ed evoluzionista Telmo Pievani, tra gli scrittori di scienza italiani più affermati, ritorna con un saggio sorprendente in cui Lucrezio e la scienza del XXI secolo vanno a braccetto. Ripercorrere la storia dell’imperfezione è importante perché oggi una potentissima specie imperfetta domina il pianeta: dunque, comprereste un’auto usata da Homo sapiens?