Un invito ad abbracciare il "paradigma vegetale" in un saggio sorprendente ed efficace scritto da uno dei massimi economisti italiani, maestro dell'Economia Civile. La nuova economia circolare potrà rappresentare una vera rivoluzione, e non solo un nome nuovo per cose in buona parte vecchie, se adotterà un paradigma vegetale; un'adozione che invece ancora non si vede, in un capitalismo green che cambia colore esterno, ma nella sua logica profonda e nei suoi codici narrativi e simbolici resta ancora troppo simile a quello del secolo scorso. Il nuovo paradigma vegetale è il punto di partenza, è una indicazione di un cammino da iniziare di fronte a un bivio decisivo. L'intelligenza degli esseri umani non è l'unica intelligenza del pianeta. Accanto alla nostra ci sono quella degli animali, degli insetti, e quella ancora diversa delle piante. Le piante però hanno una caratteristica unica: a differenza di tutti gli altri esseri viventi sono ancorate al suolo. Questa peculiarità, apparentemente un limite, ha fatto sì che le piante sviluppassero straordinarie forme di resilienza, flessibilità e solidità. La loro architettura è cooperativa, distribuita e capace di resistere alle minacce: per non morire a causa della loro fissità, ad esempio, hanno dovuto imparare a sopravvivere perdendo anche il 90% del loro corpo, stabilendo che ogni parte è importante, ma nessuna veramente indispensabile - un branco di mucche può brucare interamente un prato ma questo può rigenerarsi se una piccolissima parte resta viva. Le piante, insomma, sono un organismo collettivo e, nei momenti di crisi, sono paradossalmente più forte degli animali. Questo saggio nasce dalla consapevolezza che l'intelligenza vegetale abbia delle cose da dire, anche all'economia. Alla luce di queste considerazioni, Luigino Bruni si è posto alcune domande rivoluzionarie: quali sono i cambiamenti che le imprese e gli attori economici devono attuare se dal paradigma animale, che è all'origine del capitalismo e della sua insostenibilità, vogliamo passare a un paradigma vegetale? Quali conseguenze per la governance delle imprese? Non avendo cervello né organi centrali, le piante hanno dovuto imparare a 'pensare', 'vedere', 'sentire', 'comunicare' valorizzando soprattutto le periferie, apprendendo a vivere in perfetta cooperazione con tutto il bosco. Analogamente, se guardassimo bene nella nostra storia passata e presente ci accorgeremmo che nel capitalismo europeo abbiamo conosciuto, e conosciamo, imprese organizzate secondo il paradigma vegetale: sono le cooperative. E se, quindi, le cooperative fossero anche il futuro, non solo il passato dell'economia?
L'esperto di marketing di fama mondiale Philip Kotler ha sempre avuto un obiettivo a lungo termine che forse molti non sospettano, a meno che non conoscano bene la sua produzione. Si è sempre chiesto come poter utilizzare l'economia e il marketing per migliorare e promuovere il bene comune e in che modo i cittadini che hanno a cuore gli altri possano aiutare le persone a realizzare i loro sogni e a esprimere il loro potenziale. Essendo al tempo stesso uno studioso di formazione economica, uno specialista di marketing ma anche un attivista civico, ha voluto scrivere un libro che aiutasse proprio tutti gli attivisti civici a fare del mondo un posto migliore. Dopo aver riflettuto sulle criticità del capitalismo americano di oggi e discusso le migliori proposte per superarle, Kotler ha cominciato ad approfondire il concetto di bene comune analizzando il contributo di attivisti e riformatori che negli Stati Uniti si sono distinti anche in maniera eroica: Martin Luther King, Eleanor Roosevelt, Jane Addams, Gloria Steinem, Rachel Carson, Saul Alinsky, Ralph Nader, Al Gore, Robert Reich... In questo libro, attraverso il loro esempio, illustra ciò che ciascuno dei tre principali settori della società - le imprese, lo Stato e le organizzazioni non profit - può fare per favorire il bene comune e promuove strumenti di cambiamento sociale come il dialogo, l'istruzione, il marketing sociale, i social media, la legislazione e molte tattiche di protesta non violenta. Il nostro obiettivo, ci ricorda Kotler, deve essere quello di creare un mondo in cui le persone siano sane e sicure, tutelate finanziariamente, attive nella protezione dell'ambiente e capaci di dare un contributo alle loro comunità. Lo scopo ultimo è il benessere dell'umanità e la civiltà.
La pratica della medicina ha ovviamente un'importanza immensa nella nostra società. Due dei suoi scopi principali sono curare e prendersi cura: sembra una cosa semplice, ma per perseguirli la medicina deve lavorare con teorie, pratiche, concetti e deduzioni controversi e tutt'altro che semplici. Questo libro descrive alcune delle complicazioni insite in questa scienza e alcuni dei principali dibattiti che la animano. Essere sani vuol dire solo non essere malati o si tratta di qualcosa di più? La malattia è solo uno stato fisiologico anormale oppure è una condizione che ha una componente valutativa? Di che genere di evidenze abbiamo bisogno per giustificare delle inferenze causali sull'efficacia degli interventi medici? La medicina riesce bene nei suoi intenti di curare e prendersi cura, in altre parole, gli interventi medici convenzionali sono generalmente efficaci? L'omeopatia funziona? È giusto che le innovazioni mediche siano protette da brevetto oppure dovrebbero essere contributi al bene comune, non tutelati dalle leggi di proprietà intellettuale? Jacob Stegenga ci introduce alla filosofia della medicina affrontando i risvolti concettuali, metafisici, epistemologici e politici, e le loro inevitabili implicazioni etiche, e presentandoci non solo il "nucleo canonico" di questa disciplina, ma anche come essa viene praticata oggi, in modo innovativo, dai suoi massimi studiosi. Il territorio è molto mutato negli ultimi quindici anni, e questo volume ne descrive non solo il substrato archeologico ma anche il paesaggio contemporaneo. Prefazione di Paolo Vineis.
Negli ultimi trent'anni, nella scienza d'avanguardia, è emersa una nuova concezione sistemica della vita in cui si afferma che siamo circondati da sistemi complessi, formati cioè da varie parti e componenti che si giustappongono e interagiscono mutualmente le une con gli altri, così che non ha più senso, per studiare e capire il sistema stesso, isolare i singoli componenti e analizzarli singolarmente staccandoli dal contesto globale. Questo volume integra in un unico quadro teorico coerente le idee e i modelli che costituiscono il fondamento di questa visione. Esplorando a 360° la storia e le diverse discipline scientifiche, Fritjof Capra e Pier Luigi Luisi affrontano la comparsa di termini chiave come "autopoiesi", "strutture dis-sipative", "social network" e "comprensione sistemica dell'evoluzione". Pubblicato per la prima volta nel 2014 e divenuto, negli anni, un testo di culto, Vita e Natura si propone anche come una lettura essenziale per chiunque sia interessato a comprendere le implicazioni nelle varie discipline delle scienze naturali e sociali della concezione sistemica della vita: dall'economia alla politica, fino alla medicina, la psicologia, l'ecologia e il diritto.
Il tema della selva è fondamentale nella "Divina commedia", come tutti sanno sin dai primi versi. Ma se la "selva oscura" è allegorica, dato che è usata per alludere a una condizione di pericolo soprattutto morale, e dipende, probabilmente, dall'imitazione del modello di Virgilio, nel corso dell'opera Dante descriverà altre selve, con particolari ben più realistici, in negativo (la selva dei suicidi) o in positivo (il bosco dell'Eden). In un percorso avvincente fra le varie cantiche, possono essere dunque messi a fuoco non solo i rapporti di Dante con la Natura, figlia di Dio, in particolare con alberi sacri (come quello del Bene e del Male) o inventati, ma per di più i modelli narrativi usati dal poeta per rappresentare l'Aldilà insieme al nostro mondo. Questo breve saggio, firmato da uno dei più illustri conoscitori di Dante, illuminerà da una prospettiva inedita la grandezza della "Divina commedia", un'opera che come nessun'altra contiene spunti per continuare a essere attiva nel tempo: uno dei pochi classici che viene ancora citato e reinterpretato in tutte le arti.
"Lo scopo di questo libro è indicare una strada percorribile per rendere sostenibile la pressione umana sull'ambiente. Il messaggio è che ce la possiamo cavare senza doverci ridurre all'ascetismo di massa, che rispettare il Pianeta è un obiettivo raggiungibile e che possiamo raggiungerlo vivendo meglio di quanto facciamo attualmente. Non ci serve la rimozione. Ci serve muoverci collettivamente per cambiare le cose." Da più parti si sostiene che una riconversione ecologica dell'economia comporterà dei sacrifici che impatteranno negativamente sul nostro benessere. Ma è veramente così? Partendo dagli studi sulla felicità degli ultimi decenni, questo libro dimostra che possiamo vivere più felicemente e in modo sostenibile. Condividere rende felici e non inquina; possedere non rende felici e inquina. Ma invece di migliorare la condivisione, la nostra società punta alla crescita economica, all'espansione del possesso grazie all'aumento del potere d'acquisto. Il risultato è un mondo che non è né felice, né sostenibile. Negli ultimi decenni sono dilagate solitudine, perdita di senso di comunità, di solidarietà e di appartenenza, oltre al degrado degli ecosistemi. Questo è il prodotto di una società che desertifica le relazioni umane perché stimola ossessivamente il possesso e la competizione, in nome della crescita economica. Occorre "decelerare". Questo libro mostra come fare per ampliare la condivisione: come organizzare le città in modo da ridurre la solitudine; quali metodi di insegnamento attuare nelle scuole per formare persone capaci di costruirsi buone relazioni e vite felici; quali modalità di organizzazione del lavoro nelle imprese favoriscano il benessere e le relazioni di chi ci lavora; quali leggi contrastino la manipolazione operata dal marketing. Il tutto da una prospettiva ecologista matura ed equilibrata, lontana da ottimismi entusiastici e da pessimismi catastrofisti. Stefano Bartolini propone un manifesto dei cambiamenti politici, sociali ed economici che sono possibili e necessari per smetterla di sfidare la natura, anche quella umana.
Come ormai tutti purtroppo sappiamo, l'impatto dell'umanità sul pianeta sta producendo effetti devastanti. La realtà geografica che identifichiamo con l'Italia è stata nei millenni estremamente mobile per ragioni tettoniche, morfogenetiche, climatiche, ma in ultimo anche antropiche e possiamo dunque affermare, con rigore scientifico, che Homo sapiens sta contribuendo a cambiare il clima e pertanto anche la conformazione della superficie terrestre: non è un fenomeno recente, ma non era mai accaduto in tempi così rapidi e con conseguenze così vaste. Considerata questa inedita accelerazione, non possiamo fare a meno di chiederci: come muterà l'aspetto del mondo nel futuro prossimo? Se tutto continuerà ad andare per il verso sbagliato e non attueremo le giuste misure per evitarlo, assisteremo allo fusione dei ghiacci perenni e all'innalzamento del livello dei mari. Per farci riflettere sui rischi concreti a cui potremmo andare incontro, il filosofo ed evoluzionista Telmo Pievani e il geografo Mauro Varotto hanno immaginato come si trasformerà l'Italia proiettandoci, in maniera distopica, nell'anno 2786. Esattamente 1000 anni dopo l'inizio del viaggio in Italia di Goethe, comincia così il tour di Milordo a bordo del battello Palmanova attraverso la geografia visionaria del nostro futuro: la Pianura padana sarà quasi completamente allagata; i milanesi potranno andare al mare ai Lidi di Lodi; Padova e tantissime altre città saranno interamente sommerse; altre ancora si convertiranno in un sistema di palafitte urbane; le coste di Marche, Abruzzo e Molise assumeranno l'aspetto dei fiordi; Roma sarà una metropoli tropicale; la Sicilia un deserto roccioso del tutto simile a quello libico e tunisino... Tappa dopo tappa, al viaggio di Milordo farà da contraltare l'approfondimento scientifico che motiverà, con dati e previsioni, le ragioni del cambiamento territoriale - illustrato, per l'occasione, con una serie di mappe dettagliatissime create da Francesco Ferrarese. Uno scenario giudicato per fortuna ancora irrealistico, ma utile per farci capire che l'assetto ereditato del nostro Paese non è affatto scontato e che la responsabilità di orientarlo in una direzione o nell'altra è tutta nostra.
Il mondo è alla vigilia di una svolta storica. Il capitalismo sembra davvero aver raggiunto la sua fase finale, persino coloro che l'hanno sempre difeso ora sono pronti ad ammetterlo. Per questo John Elkington, imprenditore inglese e autorità indiscussa a livello internazionale nell'ambito della responsabilità sociale d'impresa, ha dedicato la sua vita lavorativa e le sue ricerche allo studio di un nuovo paradigma finalizzato all'elaborazione di un manifesto per il cambiamento del sistema mondiale, teso a servire le persone e il Pianeta, ma al tempo stesso anche a generare profitti. Grazie alle numerose iniziative in cui è stato coinvolto, alla lunghissima esperienza sul campo come consulente e alle letture che lo hanno influenzato, John Elkington ha potuto forgiare il concetto di "Cigno Verde" rappresentato da quelle "soluzioni sistemiche alle grandi sfide globali" che offrono "un progresso esponenziale sotto forma di creazione di ricchezza ecologica, sociale e ambientale". Se i Cigni Neri ideati nel 2007 da Nassim Nicholas Taleb sono problemi che portano esponenzialmente al collasso, i Cigni Verdi descritti da Elkington sono soluzioni che conducono esponenzialmente verso una svolta. Sono eventi rigenerativi, in gran parte pianificati e non improvvisi, che instaurano cicli virtuosi, sviluppano la resilienza, sono a favore delle generazioni future e sono ovviamente sostenibili. Sono mutamenti straordinari e profondi che nascono all'interno del sistema come ad esempio la rapida diffusione dell'ambientalismo, la crescita delle energie rinnovabili, l'ideazione delle vetture elettriche, i green bond, la "Transizione verde" della Danimarca, il Green Deal europeo... Questo libro disegna, insomma, per le persone come per il Pianeta, un quadro ottimistico del futuro, e si impone come una lettura imprescindibile per i leader di aziende grandi e piccole che vogliono aiutare le loro imprese a sopravvivere al prossimo inevitabile cambiamento e per chiunque sia interessato ad assumere un ruolo positivo e costruttivo a sostegno di questo momento delicatissimo e decisivo.
L'economia può essere salvata? La risposta, sorprendente, è sì. In questo nuovo saggio, l'autore di "Si può fare!" e fondatore del movimento internazionale dell'Economia del Bene Comune, Christian Felber, esamina e smantella l'ortodossia dell'economica neoclassica per invitarci ad abbracciare una nuova visione che definisce "olistica" perché tiene conto dei bisogni fondamentali dell'uomo. In un'analisi a trecentosessanta gradi, Felber ripercorre tutti i modelli che hanno interessato l'evoluzione del pensiero economico, dalla potenziale "scienza naturale", fino all'eccessivo uso della matematica in una disciplina che, alla fine, sembra aver dimenticato il senso della propria storia, delle proprie radici e del proprio nome. Il fatto che gli economisti non abbiano saputo prevedere la crisi del 2008, ad esempio, è una conseguenza logica dello stato in cui versa oggi questa scienza, piena di errori e forzature. Da allora, sono sorte numerose proteste, non solo tra gli studenti, e si sta diffondendo con grande forza la richiesta di un'economia che sia sempre più pluralista. In questi tempi cruciali, Christian Felber condivide con i lettori il suo pensiero avanguardistico, presentandoci delle proposte concrete per una scienza economica olistica che accolga in sé la prospettiva delle donne e delle madri, coniughi in modo trasparente l'etica e la politica, tenga conto della natura, degli ecosistemi planetari e dei loro limiti, sviluppi sensibilità per gli squilibri, l'abuso e la concentrazione di potere, si apra alle altre discipline e le integri organicamente - che sia, in una parola, universale.
Uno degli economisti di punta del panorama italiano e internazionale scende in campo per chiedere al mercato di essere non solamente un produttore di ricchezza, e di assicurare una crescita sostenibile, ma anche di porsi al servizio di uno sviluppo umano integrale, contro tutte le forme di disuguaglianza.