Nelle Novelle per un anno, Pirandello propone cinque diversi sguardi sul giorno di Natale. La tensione tra il rigore pauperistico di un parroco e la devozione popolare delle pie donne del paese. Una festa che termina in pianto. La figura di un Gesù furtivo e pallido che erra per vie deserte nella notte in cui si celebra la sua nascita. Un presepe di guerra nel quale pecore, pastori e Magi vengono sostituiti da soldatini di stagno con i fucili spianati contro la grotta di Betlemme. E un pranzo della festa attraversato con ironia da astuzie e malintesi.
Fin dal primo romanzo "L'esclusa" (1901), i personaggi della narrativa pirandelliana tracciano il grafico della solitudine e dell'alienazione dell'individuo di fronte a una realtà contraddittoria, inafferrabile, inconoscibile, priva di punti di riferimento. Ciscuno a suo modo esemplifica o denuncia la sconcertante inquietudine, lo scacco, la sconfitta che nascono dall'impossibilità di sapere, di prevedere, di dominare. E l'autore delinea questa accidentata geografia di naufragi esistenziali con quella "pietà spietata" che rappresenta l'ingrata ricchezza della sua visione umoristica, in cui convivono dolore e riso, partecipazione e distacco.
Nelle "Novelle per un anno", che Pirandello iniziò a riunire in volume nel 1922, lo sguardo penetrante dello scrittore agrigentino si annida nel grigiore della normalità, nell'esistenza quotidiana, squarcia le cortine del perbenismo, frantuma le rigide maschere che nascondono i veri, incerti lineamenti, si muove in una varietà multiforme di ambienti, sonda le profondità della psiche, incrina le false certezze. E libero, imprevedibile come la vita, mosso dal suo particolare umorismo, trascrive, senza aderire a moduli esterni, la sofferenza dell'individuo destituito di ogni orgoglio, in confitto con se stesso e con gli altri, disorientato da una sorte sempre mutevole. Il volume riunisce le raccolte di novelle "Scialle nero", "La vita nuda", "La rallegrata", "L'uomo solo", "La mosca", "In silenzio", "Tutt'e tre", "Dal naso al cielo", "Donna Mimma", "II vecchio Dio", "La giara", "II viaggio", "Candelora", "Berecche e la guerra", "Una giornata".
Avevo ventotto anni e sempre fin allora ritenuto il mio naso, se non proprio bello, almeno molto decente". Ha inizio così l'odissea di Vitangelo Moscarda, quando un commento distratto della moglie lo inchioda a una tremenda verità: gli altri ci vedono in modo diverso da come ci vediamo noi stessi. La sua vicenda è lo specchio della crisi dell'io, tra prospettive che mutano e punti di riferimento che si perdono. Tra gli esiti più nuovi della letteratura del Novecento, l'ultimo romanzo di Pirandello è la storia di un "naufragio dell'esistenza": in seguito al cortocircuito iniziale, il protagonista arriva ad accettare l'incompletezza di sé attraverso la via della rinuncia e della solitudine, fino all'abbandono definitivo di ogni coesione interna, fino alla follia. Come ebbe a dire l'autore stesso, dei suoi romanzi "Uno, nessuno e centomila" è il "più amaro di tutti, profondamente umoristico, di scomposizione della vita".
Guardandosi come ogni mattina allo specchio, Vitangelo Moscarda, detto Gengè, nota un particolare del proprio volto di cui non si è mai accorto: il naso in pendenza verso destra. Inizia qui l'avventura dell'uomo, che si sente sdoppiato in un altro se stesso, conosciuto solo dallo sguardo altrui. Le cose si complicano velocemente: Moscarda non è più alle prese con un solo estraneo, bensì con centomila estranei che convivono in lui, secondo la realtà che gli altri gli danno, "ciascuno a suo modo". Nello sfuggire alle proprie centomila realtà, Gengè si troverà a rinnegare perfino se stesso. Con "Uno, nessuno e centomila", il suo ultimo romanzo (pubblicato nel 1925), lo scrittore siciliano porta all'estremo compimento il processo di scomposizione del personaggio, raggiungendo nel contempo il vertice della sua carriera narrativa...
Scritto nel 1904, pietra miliare della narrativa del XX secolo, "Il fu Mattia Pascal" narra la vicenda di Mattia, sfaccendato bibliotecario di un ipotetico paesino della Liguria, odiato da moglie e suocera e connotato da un occhio strabico, simbolo inequivocabile di uno sguardo deformante sul reale. La vicenda si svolge tutta sotto il segno del fortuito e dell'imprevisto. Imprevisto è il suo stesso matrimonio, cui finisce obbligato dalla sua eccessiva disponibilità alle occorrenze del caso. Ma sarà ancora il caso (o il diavolo?) a sottrarre Mattia alle infelici conseguenze dei suoi atti fortuiti: un'eccezionale vincita al gioco e un provvido sbaglio di persona (o meglio, di cadavere) lo renderanno improvvisamente ricco e libero. A completare questo bagno nell'irrazionale e nel fantastico, la rinascita di Mattia si snoda lungo una dimensione esoterica che lo porterà a vivere un universo misterico popolato da ombre e forze occulte. Introduzione di Marziano Guglielminetti. Cronologia di Simona Costa. Note e appendici di Laura Nay.
Nel più celebre dramma di Luigi Pirandello, rappresentato per la prima volta nel 1921, sei personaggi si presentano a un Capocomico e raccontano di essere stati inventati da un autore che li ha abbandonati senza risolvere la loro storia nelle forme dell'arte. Creature vive e autonome quali ormai sono, essi soffrono il fatto di dover imprigionare negli schemi generici e convenzionali del linguaggio scenico le proprie vicende, pur avendo nella finzione teatrale l'unica fonte di salvezza. Lo stesso motivo, ricco di pathos, del contrasto tra arte e vita, anima l'"Enrico IV", scritto nel 1921 e rappresentato l'anno seguente: la tragedia del giovane improvvisamente impazzito che crede di essere l'imperatore di Germania ed è costretto a fingersi tale anche dopo aver riacquistato la ragione. Due classici del teatro universale, dall'altissima significazione poetica, caratterizzati da un'ardita tecnica scenica e da un desolato scavo dell'animo umano.
"Sei personaggi in cerca d'autore" (1920), "Ciascuno a suo modo" (1923) e "Questa sera si recita a soggetto" (1923) furono definite da Pirandello, nel 1933, la "trilogia del teatro nel teatro": "non solo perché hanno espressamente azione sul palcoscenico e nella sala, ma anche perché di tutto il complesso degli elementi d'un teatro, personaggi e attori, autori, e direttore-capocomico o regista, rappresentano ogni possibile conflitto". Così, per la prima volta in un unico volume, si presentano questi tre "capitoli" di un discorso unitario sul rapporto tra teatro e vita, sulla follia dell'esistenza, con una ricca appendice che fa la storia dei singoli testi, note chiare, e un'introduzione alla filosofia, e all'attualità, di Pirandello. Introduzione di Gianni Riotta.
Agli albori del cinema, Pirandello racconta il dramma di un uomo dietro la macchina da presa.
Nelle "Novelle per un anno", che Pirandello iniziò a riunire in volume nel 1922, lo sguardo penetrante dello scrittore agrigentino si annida nel grigiore della normalità, nell'esistenza quotidiana, squarcia le cortine del perbenismo, frantuma le rigide maschere che nascondono i veri, incerti lineamenti, si muove in una varietà multiforme di ambienti, sonda le profondità della psiche, incrina le false certezze. E libero, imprevedibile come la vita, mosso dal suo particolare umorismo, trascrive, senza aderire a moduli esterni, la sofferenza dell'individuo destituito di ogni orgoglio, in confitto con se stesso e con gli altri, disorientato da una sorte sempre mutevole. Il volume riunisce le raccolte di novelle "Scialle nero", "La vita nuda", "La rallegrata", "L'uomo solo", "La mosca", "In silenzio", "Tutt'e tre", "Dal naso al cielo", "Donna Mimma", "II vecchio Dio", "La giara", "II viaggio", "Candelora", "Berecche e la guerra", "Una giornata".