“Mio figlio è un re: bravo, intelligente, ordinato, educato, un genio del computer.
Mio figlio è un asino: sbaglia sempre, non capisce, va male a scuola, è un imbranato”
Per prudenza educativa si intende l’obiettività, la lucidità, il giudizio realistico sulla situazione, in questo caso sul figlio: non è una dote innata, ma si tratta di un virtù che va educata e che non sempre i genitori possiedono in misura adeguata.
E così capita che i genitori non siano in grado di valutare obiettivamente il loro figlio o un suo comportamento. E tali giudizi errati passano dai due estremi, in basi ai quali il proprio figlio è “un re”, oppure o un “asino”.
Osvaldo Poli, già noto al pubblico italiano per il suo libroNon ho paura a dirti di no, forte anche della propria esperienza clinica, spiega cos’è la prudenza educativa, evidenzia i “virus” emotivi, psicologici, relazionali e culturali che possono danneggiarla, e suggerisce gli atteggiamenti per rafforzarla. Il libro vuole condurre il genitore ad imparare a genitore “legge chiaramente” la situazione del figlio (prudenza), per poi saper fare la cosa giusta.
Osvaldo Poli, psicologo e psicoterapeuta, si occupa da molti anni della formazione dei genitori e della coppia, collaborando con diversi gruppi, istituzioni e riviste. Tra le sue opere: Andare d’accordo: la collaborazione fra marito e moglie nell’educazione dei figli (2000), Il genitore equilibrato (20012), Dialogare con i figli(20013). Per SAN PAOLO ha pubblicato Non ho paura a dirti di no. I genitori e la fermezza educativa(20062); Cuore di papà (2007).
Tutti i genitori affermano in linea di principio che una forte sintonia tra marito e moglie nell'educazione dei figli è assai desiderabile. Ciò diviene ancor più importante quando l'influsso educativo che accompagna la crescita dei figli è quasi esclusiva di uno solo dei partner. Nonostante le dichiarazioni d'intenti, questa collaborazione riesce tuttavia difficilmente ad attuarsi senza fatica, poiché gli ostacoli disseminati lungo il percorso sono numerosi. La capacità di diventare alleati si sviluppa per gradi, attraverso il superamento degli aspetti immaturi del rapporto di coppia, e rappresenta sempre un tentativo parziale di avvicinarsi a quel traguardo che realizza nello stesso tempo il bene dei figli e la possibilità di dare il meglio di sé come genitori.
Una decisione difficile per il bene dei figli: “Ti dico di no anche se mi costa”.
Questo si intende con il termine «fermezza educativa», la capacità di prendere decisioni emotivamente difficili a favore del bene dei figli, resistendo alle pressioni psicologiche che tendono a indebolire gli atteggiamenti del genitore intuiti come opportuni e valutati come giusti.
Tuttavia, l’esercizio della fermezza educativa comporta, per il genitore, l’esperienza di una difficoltà emotiva, poiché deve superare il suo naturale desiderio di «vedere il fíglio contento» a tutti i costi.
Per questo motivo, talvolta i genitori si sentono insicuri, senza una certezza interiore su cosa sia giusto insegnare ai figli e se valga la pena trasmettere le proprie convinzioni.
L’Autore presenta le principali paure e debolezze affettive, veri e propri «virus», di cui è necessario diventare consapevoli per esercitare la virtù della fermezza.
Vengono infine descritte alcune «false virtù» che possono essere scambiate per fermezza, ma che sono in realtà delle sue «imitazioni» dannose e pericolose.
Osvaldo Poli, psicologo e psicoterapeuta, vive e lavora a Castel Goffredo (Mantova). Si occupa principalmente della formazione dei genitori e della coppia, collaborando con diversi gruppi, istituzioni e riviste. Attraverso incontri formativi e consulenze intende promuovere e sostenere la capacità educativa dei genitori. Fra le pubblicazioni ricordiamo Il genitore equilibrato (1999), Andare d’accordo: la collaborazione fra marito e moglie nell’educazione dei figli (2000), Fratelli e sorelle (2000), tutti pubblicati presso le Edizioni Dehoniane di Bologna.
Il rapporto coi fratelli è spesso la prima palestra dove mettere alla prova la propria capacità di instaurare relazioni positive con gli altri. L'esperienza che ne deriva risulta fondamentale nella formazione del carattere e può successivamente influenzare gli atteggiamenti e la condotta personale in tutti i contesti di vita in cui le relazioni sono tendenzialmente paritarie come nel rapporto fra amici, tra colleghi di lavoro o all'interno della coppia. L'esperienza dimostra che, quando non si sviluppa serenamente, la dinamica affettiva tra fratelli e sorelle può configurarsi come continua contrapposizione o scivolare nell'ignorarsi reciproco. In questo contesto i genitori possono fare molto per favorire la ricchezza e la positività della fratellanza e della sorellanza, aiutando i figli a superare i molti ostacoli naturali - per lo più sentimenti di invidia e gelosia - che rendono difficile raggiungere questo traguardo. Nato dall'esperienza sul campo, il testo costituisce un valido contributo a sostegno della fatica di tutti i genitori che vogliono far riconoscere e apprezzare ai propri figli la fortuna di avere dei fratelli.
Parlare con i figli è per i genitori un'esperienza quotidiana, spontanea e immediata. Non occorre pensarci. La necessità di riflettere sul tema nasce solo di fronte alle reazioni 'negative' dei figli: quando si chiudono nel silenzio, rispondono male, sono ostinati, entrano in conflitto con l'adulto. Interrogarsi su 'cosa dire' diventa allora indispensabile. Ma la modalità in cui si affronta il dialogo può avvicinare o allontanare la soluzione del problema. Le riflessioni proposte affrontano il 'come' parlare con i figli per promuovere nei genitori una capacità di dialogo più consapevole, rispettosa, efficace.