Si esiste interi solo prima di nascere. Ma quello strappo è la vita. Omar ha dieci anni e passa le giornate alla finestra sperando che sua madre torni: da troppi giorni non viene, e lui non sa più nemmeno se è viva. Suo fratello gli strofina il naso sulla guancia per fargli il solletico, ma non riesce a consolarlo. Senza la madre il mondo svapora. Solo Nada lo calma, tenendolo per mano: soltanto lei, con i suoi occhi celesti, è per Omar un desiderio. Ha undici anni, sulla fronte una vena che pulsa se qualcuno la fa arrabbiare, e un fratello, Ivo, grande abbastanza da essere arruolato. Nada e Omar sono bambini nella primavera del 1992, a Sarajevo. Per allontanarli dalla guerra, una mattina di luglio un pullman li porta via contro la loro volontà. Se la madre di Omar è ancora viva, come farà a ritrovarlo? E se Ivo morisse combattendo? In viaggio per l'Italia, lungo strade ridotte in macerie, Nada conosce Danilo, che ha mani calde e una famiglia, al contrario di lei, e che un giorno le fa una promessa. Nessuna infanzia è spensierata, ciascuno di noi porta con sé le sue ferite, ma anche quando ogni certezza sembra venire meno, possiamo trovare un punto fermo attorno al quale far girare tutto il resto. Mi limitavo ad amare te entra nelle fibre del lettore colpendo quel punto come una freccia. Ispirato a una storia vera, è un romanzo di ampio respiro, di formazione, di guerra e d'amore, che si colloca a pieno titolo nella tradizione del grande romanzo europeo. Con la sua scrittura precisa e toccante, Rosella Postorino torna a indagare le nostre questioni private, quelle che finiscono per occupare il centro dei pensieri e delle azioni degli esseri umani anche nel mezzo dei rivolgimenti storici più scioccanti. Così, mentre infuria il conflitto che per primo in Europa ha spezzato una lunga pace, ecco che ci interroghiamo sull'"inconveniente di essere nati". Come si diventa grandi quando da piccoli si è stati amati malamente? E chi può mai dire di essere stato amato come e quanto avrebbe voluto? Nada, Omar e Danilo scoprono presto nel legame che li unisce, e che li spinge a giurarsi fedeltà eterna oppure a tradirsi, la più grande risorsa per una possibile salvezza.
«Il 15 giugno di tre anni fa, in una piazza del Campo affollatissima, da un palco lessi il mio discorso d'augurio ai neolaureati dell'Università di Siena, in qualità di ex studentessa dell'ateneo. Quando nel 1996 ero partita con mio padre per immatricolarmi, e in macchina avevamo cantato insieme Lucio Dalla, mai avrei immaginato che sarei tornata lì, anni dopo, per raccontare la mia storia a migliaia di ragazzi sulla soglia del futuro». In quell'occasione Rosella Postorino ha detto loro quale privilegio fosse stato per lei la possibilità di studiare, e di permettersi di sognare di fare la scrittrice. Li ha pregati di rifuggire dalla semplificazione, di provare a indossare i panni degli altri, di sentirsi sempre in difetto di conoscenza, ma soprattutto di non aver paura di inseguire i propri talenti. Quasi tre anni dopo, quel discorso si amplia, si arricchisce: idealmente si rivolge di nuovo a quei ragazzi, e in modo indiretto agli adulti che vivono accanto a loro. Parla di fragilità e di forza, della ricerca maldestra della felicità, e anche dell'amore. Delle domande cui, forse, non c'è risposta. Ma che non dovremmo mai smettere di farci. Un libro ispirato e d'ispirazione che raccoglie riflessioni profonde sui temi più importanti della vita di chiunque, non solo dei ragazzi chiamati ad affrontare un rito di passaggio. Una lettera a cuore aperto, sincera, personale, eppure universale, scritta con l'intenzione di essere un incoraggiamento, o una carezza.
"Il mio corpo aveva assorbito il cibo del Führer, il cibo del Führer mi circolava nel sangue. Hitler era salvo. Io avevo di nuovo fame." Fino a dove è lecito spingersi per sopravvivere? A cosa affidarsi, a chi, se il boccone che ti nutre potrebbe ucciderti, se colui che ha deciso di sacrificarti ti sta nello stesso tempo salvando?
La prima volta che entra nella stanza in cui consumerà i prossimi pasti, Rosa Sauer è affamata. “Da anni avevamo fame e paura,” dice. Con lei ci sono altre nove donne di Gross-Partsch, un villaggio vicino alla Tana del Lupo, il quartier generale di Hitler nascosto nella foresta. È l’autunno del ’43, Rosa è appena arrivata da Berlino per sfuggire ai bombardamenti ed è ospite dei suoceri mentre Gregor, suo marito, combatte sul fronte russo. Quando le SS ordinano: “Mangiate”, davanti al piatto traboccante è la fame ad avere la meglio; subito dopo, però, prevale la paura: le assaggiatrici devono restare un’ora sotto osservazione, affinché le guardie si accertino che il cibo da servire al Führer non sia avvelenato.
Nell’ambiente chiuso della mensa forzata, fra le giovani donne s’intrecciano alleanze, amicizie e rivalità sotterranee. Per le altre Rosa è la straniera: le è difficile ottenere benevolenza, eppure si sorprende a cercarla. Specialmente con Elfriede, la ragazza che si mostra più ostile, la più carismatica. Poi, nella primavera del ’44, in caserma arriva il tenente Ziegler e instaura un clima di terrore. Mentre su tutti – come una sorta di divinità che non compare mai – incombe il Führer, fra Ziegler e Rosa si crea un legame inaudito.
Rosella Postorino non teme di addentrarsi nell’ambiguità delle pulsioni e delle relazioni umane, per chiedersi che cosa significhi essere, e rimanere, umani. Ispirandosi alla storia vera di Margot Wölk (assaggiatrice di Hitler nella caserma di Krausendorf), racconta la vicenda eccezionale di una donna in trappola, fragile di fronte alla violenza della Storia, forte dei desideri della giovinezza. Come lei, i lettori si trovano in bilico sul crinale della collusione con il Male, della colpa accidentale, protratta per l’istinto – spesso antieroico – di sopravvivere. Di sentirsi, nonostante tutto, ancora vivi.
Un romanzo che ha già riscosso un grande interesse internazionale.
“Sin dalle prime pagine ho capito che dovevo pubblicarlo. Mi ha ricordato The Reader, ma nello stesso tempo è una storia mai sentita, unica.”
Amy Einhorn, vicepresidente di Flatiron Books, Usa
Milena è nata in galera e lì è vissuta fino a tre anni. Oggi ne ha ventiquattro e si prende cura dei bambini reclusi, come Marion. Marion sarà presto strappato alla madre detenuta con cui vive. Milena conosce quel dolore e farebbe di tutto per evitarglielo. Eugenio invece fa parte della sua vita fin dall'inizio: era il "fratello" con cui dividere il sonno, è stato l'amico che non aveva mai paura, è diventato il suo amante. L'incontro con un giornalista che vuole parlare dei bambini in carcere è il terremoto che fa tremare le mura dietro cui Milena si protegge da sempre. Il giornalista è intenzionato a forzare ogni porta, vuole liberarla, o solo averla. Ma quando sei nata in galera, anche l'amore può diventare una minaccia. Rosella Postorino racconta la gabbia delle nostre esistenze "separate e inconciliabili", e insieme la felicità furiosa dei corpi che si toccano. Scrive un romanzo di esclusione e tenerezza, dove ogni nido cova violenza, ma il tentativo di salvare un altro essere umano è l'unico modo per salvare se stessi.
La Riviera dei Fiori è un corteo di paesi lungo una strada a picco sul mare, l'Aurelia, dove si vive in apnea aspettando l'estate. È una cascata di borghi aggrappati alle colline, stesi al sole come lucertole, in procinto di scivolare. Case addossate come squame di una pigna, grovigli di carugi, cattedrali di ulivi: per conquistare la cima non puoi avere fretta, devi imparare a respirare. È Sanremo con la sua mitologia dei fiori come una storia d'amore finita. È il Festival come un'ostinata speranza. È Oneglia con le ciminiere dismesse in riva al mare, Dolceacqua con la sua bellezza minerale, Apricale con le raffiche di luce. Triora con le pareti d'ardesia a intrappolare streghe. La Riviera dei Fiori sembra l'Italia: ci sono il cemento, le alluvioni, la 'ndrargheta, l'emergenza rifiuti, i ghetti albanesi e nordafricani. Ma è più dell'Italia: è un racconto apocalittico, risorgimentale, un racconto della Resistenza, una fiaba. La Riviera dei Fiori non assomiglia a niente, perché è un mondo pensato in verticale.
Salvatore Silvestro, il padre. Laura, la madre. Margherita, la figlia più piccola. E Caterina, la figlia maggiore. Nella mente di Caterina ormai dodicenne continua a risuonare l'urlo della zia, quella notte di tre anni fa giù a Nacamarina. L'urlo che annunciava il 'focu', la sciagura. Dopo quella notte, per salvarsi, la famiglia Silvestre è dovuta fuggire. In Altitalia. Dove ha conosciuto l'esilio, e anche una insperata libertà. Adesso qui, al Nord, arriva la notizia di un'altra sciagura. La morte di zio 'Ntoni. Salvatore deve separarsi dalla moglie e le figlie - loro cosi uniti - e tornare nel luogo in cui è nato, per il funerale. Il romanzo alterna il tempo dell'oggi, in cui Laura e le bambine spiano ansiose il viaggio di Salvatore, costretto a fare i conti con le proprie radici, e il tempo del ricordo: la fuga, l'arrivo nel nuovo mondo, lo spaesamento...