Nella Firenze del primo dopoguerra, mentre il fascismo acquista sempre più potere, si intrecciano le vicende di due famiglie piccolo borghesi nevrotiche e problematiche. Dal ras fascista pieno di dubbi al dramma di Ninì, donna condannata a rifiutare la propria omosessualità, dalla buona Nella che si trasforma in una Bovary fiorentina al contadino socialista che diventa un eroe suo malgrado: "Lo scialo" è un grande affresco sull'Italia di allora, sull'evoluzione, e involuzione, della piccola e media borghesia, che perde lentamente la sua centralità nella Storia e nelle proprie certezze morali, in un disfacimento di sottomissione all'ideologia fascista. Tra cronaca e memorie autobiografiche, le peripezie impreviste e i colpi di scena indimenticabili di questa seconda opera della trilogia "Una storia italiana", iniziata con "Metello", ci accompagnano attraverso un romanzo-mondo ricco di personaggi tratteggiati con un realismo e una profondità psicologica mirabile. Prefazione di Antonio Faeti.
Firenze, 1945. Bruno ha perso il padre in guerra. Sua madre lavora duramente per mantenerlo, aiutata da Milloschi, migliore amico del marito, ora tutore del ragazzo. Crescendo, Bruno abbraccia con fervore il comunismo e l'ideologia segnerà la sua adolescenza, consumata tra epiche scorribande con gli amici, le prime storie di donne, il sogno di un'assunzione alle Officine Galileo e il vero amore per Lori. Eternamente in conflitto con l'ottusa rassegnazione dei suoi "vecchi", Bruno cerca risposta nel pragmatismo di una ragione rigorosa, contrapposta alle incostanze della passione. Ma l'amore scuoterà il suo mondo.
È il 1945. Tre nuclei familiari coabitano in un appartamento: i giovani sposi comunisti Faliero e Bruna, Virginia, vedova di un ex repubblichino, e Lucia, madre vedova del sedicenne Sandrino. Il ragazzo, avviato sulle orme squadriste del padre defunto, seduce Virginia e inizia con lei una relazione fatta di soprusi e angherie. Le tensioni travolgono la casa e i suoi abitanti, inclusi Bruna e Faliero, che tentano di "salvare" Sandrino, prima che tutto precipiti in un acme di violenza. Scritto nel 1947, il romanzo riflette il clima da guerra civile che agitava l'Italia e segna un'evoluzione nello stile dell'autore, pronto per il "salto" alla narrativa di stampo civile. Prefazione di Goffredo Fofi.
Via del Corno è troppe cose per essere solo una strada: in quei cinquanta metri privi di marciapiedi e di interesse, esclusi dal traffico e dalla curiosità, ci si può imbattere nel meglio e nel peggio del mondo, in cuori e cervelli malati di ossessioni e desideri, ma soprattutto nell'autenticità di un gruppo di persone che usa dire "noi". Via del Corno "è tutta udito", e anche quando le finestre sono chiuse, le vicende, le rivalità, gli amori di uomini e donne si intersecano, si mischiano, trapassano da muro a muro. Finché, inevitabilmente, si confondono con il secolo e i suoi eventi: il Duce, il regime, la violenza politica, la repressione. Pratolini diceva che via del Corno - e lui la conosceva bene, per averci abitato da ragazzo - era la sua Aci Trezza, la sua epica popolare. Il romanzo che le dedicò nacque mentre l'autore lavorava con Rossellini alla sceneggiatura di Paisà: aveva il cinema neorealista "addosso" e lo trasferì su pagina, facendo della Firenze degli anni Venti l'icona indimenticabile di un mondo dolente ma vivo, dove la speranza era ancora accesa. Prefazione di Walter Siti.