"Esercizi di stile" è un esilarante testo di retorica applicata, un'architettura combinatoria, un avvincente gioco enigmistico. Tutto vero, però è anche un manifesto letterario (antisurrealista), è un tracciato di frammenti autobiografici, è la trascrizione di una serie di sogni realmente effettuati da Queneau. E perfino un testo politico, nonché un'autoparodia. Questo è quanto emerge dalle riflessioni che Stefano Bartezzaghi ha dedicato a questo libro-capolavoro. E la sua postfazione al volume diventa complementare alla classica introduzione di Umberto Eco, del quale si conserva anche la traduzione. In appendice, presentati per la prima volta in italiano, alcuni esercizi lasciati cadere nell'edizione definitiva, un indice preparatorio e l'introduzione, anch'essa inedita in Italia, scritta da Queneau per un'edizione del 1963.
Una delle più divertenti e anomale guide che siano mai state scritte. Tra il novembre 1936 e l'ottobre 1938 Raymond Queneau, l'autore di libri leggendari come "I fiori blu" o "Esercizi di stile", tiene ogni giorno una rubrica sul quotidiano "L'Intransigeant" nella quale pone ogni volta tre domande sulle cose più curiose della capitale francese. La Storia si mescola all'aneddoto, la pratica documentaria al perdersi nella città, il sorriso alla conoscenza. "Qual è la strada più corta?", "Quanti archi di trionfo ci sono?", "In quale casa morì Molière il 17 febbraio 1673?", "Qual è il più antico orologio pubblico della città?", "Chi era il Père Lachaise che dette il nome al celebre cimitero?". Notizie curiose, vere e proprie scoperte, talvolta rivelazioni. Una guida per chi ama questa straordinaria città che è anche la scoperta di un nuovo testo per chi ama Queneau.
Raymond Queneau fa parte del gruppo surrealista parigino dal 1924 al 1929. Tra le molte passioni che condivide con André Breton e i suoi amici, ci sono i romanzi di Fantomas e certo anche la magistrale versione cinematografica realizzata da Louis Feuillade. Queneau si appassionerà a tal punto all'eroe nero creato da Jean Souvestre e Marcel Allain da accarezzare il progetto di scriverne una biografia. Il libro non vedrà mai la luce, ma l'autore degli Esercizi di stile non resisterà alla tentazione di giocare, nel suo inimitabile modo, con gli ingredienti del feuilleton: ecco dunque Hazard e Fissile, il primo esperimento narrativo di Raymond Queneau, ritrovato pochi anni fa tra le carte dello scrittore e finora assolutamente inedito.
Questo romanzo è un'esilarante parodia e una distorsione delle peripezie classiche del romanzo d'appendice: ci sono vilains dai nomi improbabili e dai modi bizzarri, ci sono donne nude e mascherate, pistole che scompaiono, eroi ed eroine senza macchia e senza cervello: e ci sono anche clown malinconici, omicidi, inseguimenti e agnizioni. E soprattutto c'è già tutto Raymond Queneau: gli esperimenti metaletterari, gli sberleffi al lettore, le visioni care all'immaginario surrealista, quasi provenissero dai dipinti di Delvaux o di Dalì (diciassette piovre addomesticate!); e ancora, un colpo di scena ad ogni pagina, una sorpresa ad ogni paragrafo.
I giochi di parole, che hanno travolto il traduttore, delizieranno i lettori; e chi ha amato Zazie nel metró, I fiori blu e gli Esercizi di stile non faticherà a ritrovare in questo breve testo incompiuto il primo incunabolo di quei capolavori.
Introduzione e traduzione di Umberto Eco
Edizione integrale con testo francese a fronte
Ľironia è una delle caratteristiche principali delle opere di Queneau, unita a una sperimentazione rigorosa: se è vero, allora questo libro è esemplare. C’è un solo episodio, con un unico personaggio, ma ci sono 99 modi per raccontarlo, 99 esercizi di stile sempre nuovi e sorprendenti, che passano in rassegna ogni genere letterario, dal dramma alla lirica giapponese, e tutte le figure retoriche. È un gioco lessicale, è l’autore che si diverte a fare il giocoliere con le parole, a frammentarle, a ricostruirle, a strutturare e destrutturare la sintassi, l’intera impalcatura del linguaggio scritto. Ma quella che poteva essere una vuota esercitazione accademica fine a se stessa, grazie al genio di Queneau assume una forma tanto compatta da essere usata anche come pièce teatrale dall’effetto comico irresistibile e come dimostrazione gioiosa e godibilissima delle infinite possibilità del linguaggio.
«Sulla S, in un’ora di traffico. Un tipo di circa ventisei anni, cappello floscio con una cordicella al posto del nastro, collo troppo lungo, come se glielo avessero tirato. La gente scende. Il tizio in questione si arrabbia con un vicino. Gli rimprovera di spingerlo ogni volta che passa qualcuno. Tono lamentoso, con pretese di cattiveria. Non appena vede un posto libero, vi si butta. Due ore più tardi lo incontro alla Cour de Rome, davanti alla Gare Saint-Lazare. È con un amico che gli dice: «Dovresti far mettere un bottone in più al soprabito». Gli fa vedere dove (alla sciancratura) e perché.»
"La domenica della vita" è soprattutto una commedia e della commedia ha tutti gli ingredienti: dagli equivoci ai travestimenti, ai colpi di scena. Una commedia venata di angoscia per l'aria di guerra che si respira dall'inizio alla fine. Ma il romanzo è anche un omaggio di Queneau ai suoi genitori, che vengono ritratti nei protagonisti in modo abbastanza riconoscibile, anche se l'ambientazione del loro incontro è stato spostata alla vigilia della seconda guerra mondiale. Nel personaggio di Valentin Brû lo scrittore mette anche molto di sé, proseguendo il gioco di allusioni autobiografiche di "Un rude inverno". Dunque padre e figlio fusi in un solo personaggio, e questo spiega anche il fatto che nel romanzo Valentin sia più giovane di una ventina di anni rispetto a Julia: una sorta di marito-figlio. D'altra parte che invenzione e realtà siano molto mescolate in questo romanzo ce lo dice anche la nota con la quale Queneau ha voluto aprire il libro: "Siccome i personaggi di questo romanzo sono reali, ogni rassomiglianza con figure immaginarie verrebbe ad essere fortuita".
"Esercizi di stile" è un esilarante testo di retorica applicata, un'architettura combinatoria, un avvincente gioco enigmistico. Tutto vero, però è anche un manifesto letterario (antisurrealista), è un tracciato di frammenti autobiografici, è la trascrizione di una serie di sogni realmente effettuati da Queneau. E perfino un testo politico, nonché un'autoparodia. Questo è quanto emerge dalle riflessioni che Stefano Bartezzaghi ha dedicato a questo libro-capolavoro. E la sua postfazione al volume diventa complementare alla classica introduzione di Umberto Eco, del quale si conserva anche la traduzione. In appendice, presentati per la prima volta in italiano, alcuni esercizi lasciati cadere nell'edizione definitiva, un indice preparatorio e l'introduzione, anch'essa inedita in Italia, scritta da Queneau per un'edizione del 1963.
"Esercizi di stile" è un esilarante testo di retorica applicata, un'architettura combinatoria, un avvincente gioco enigmistico. Tutto vero, però è anche un manifesto letterario (antisurrealista), è un tracciato di frammenti autobiografici, è la trascrizione di una serie di sogni realmente effettuati da Queneau. E perfino un testo politico, nonché un'autoparodia. Questo è quanto emerge dalle riflessioni che Stefano Bartezzaghi ha dedicato a questo libro-capolavoro. In appendice, presentati per la prima volta in italiano, alcuni esercizi lasciati cadere nell'edizione definitiva, un indice preparatorio e l'introduzione, anch'essa inedita in Italia, scritta da Queneau per un'edizione del 1963.
Un episodio di vita quotidiana, di sconcertante banalità, e novantanove variazioni sul tema, in cui la storia viene ridetta mettendo alla prova tutte le figure retoriche, i diversi generi letterari (dall'epico al drammatico, dal racconto gotico alla lirica giapponese), giocando con sostituzioni lessicali, frantumando la sintassi, permutando l'ordine delle lettere alfabetiche. Eco, nella prefazione, dichiara che per anni è stato tentato di tradurre questi racconti, perché erano ritenuti intraducibili, legati come sono al "genio" specifico della lingua francese. E infine la decisione: non si trattava di tradurre, ma di capire le regole del gioco che Queneau si era poste, e quindi giocare la stessa partita con un'altra lingua. Testo originale a fronte.
"Autore di un'opera singolare che non cessa di stupire i suoi lettori; personalità eclettica per eccellenza che - come ricorda Fabio Sento nella prefazione a questo volume - "sempre affiancò agli interessi dominanti per la letteratura, la filosofia e le scienze anche passioni più ludiche, come quelle per il biliardo, gli scacchi, la boxe, il judo e il jazz"; raro e prezioso cultore di letterature cosiddette "minori", che inseguì e promosse nel piano dell'importante Enciclopedia da lui inventata e diretta per Gallimard, Raymond Queneau (1903-1976), anche e proprio in virtù di questa sua "atipicità" resta una presenza focale all'interno del secolo da poco concluso." (Carlo Bo)