Gli ultimi due governi presieduti da Giulio Andreotti (23 luglio 1989-27 giugno 1992) furono caratterizzati da crescenti difficoltà politiche di ordine interno. In quel periodo l'orizzonte internazionale subì mutamenti addirittura epocali. L'autorevolezza della posizione internazionale dell'Italia fu messa duramente alla prova dal nuovo scenario che stava prendendo forma. In questo contesto le questioni riguardanti il Medio Oriente ebbero un ruolo tutt'altro che trascurabile. Anche esse, infatti, riservarono difficoltà straordinarie. La stagnazione del processo di pace arabo-israeliano, la crisi del Kuwait, il tentativo di raggiungere un assetto definitivo della regione con la Conferenza di Madrid segnarono la progressiva perdita di influenza dell'Italia in un'area che era stata tra le principali direttrici della sua azione internazionale. La tradizionale ambizione italiana a "esserci" si trasformò in emarginazione dal contesto mediorientale. Anche questo fu uno dei segni della crisi che attraversò la società e la politica italiane all'inizio degli anni Novanta.
Dal 1948 la diplomazia e il mondo politico italiani si trovarono a confrontarsi con una nuova realtà internazionale: lo Stato d'Israele. In questo volume l'autore, utilizzando in larga parte materiale d'archivio inedito, ripercorre le reazioni suscitate dall'affermazione di questa nuova nazione. La tradizionale amicizia per i paesi arabi spinse il governo di Roma a considerare i rapporti con lo stato ebraico come un "problema", soprattutto in occasione delle ricorrenti crisi in Medio Oriente. Dagli anni Sessanta Aldo Moro, presidente del Consiglio e poi ministro degli Esteri, approfondì la tendenza filo-araba dell'Italia esprimendo numerose perplessità, e qualche volta marcati dissensi, riguardo alla politica israeliana. Sul versante ideologico opposto, anche per il PCi Israele fu un "problema". I comunisti passarono dall'entusiasmo con cui ne accolsero la nascita a una progressiva freddezza, determinata anche dagli sviluppi della politica mediorientale dell'URSS. Dalla guerra dei Sei giorni del 1967 Israele fu identificato con chiarezza come un avversario, in quanto ritenuto parte integrante del disegno imperialista degli Stati Uniti nel Mediterraneo. Ma questa posizione sollevò un intenso dibattito all'interno del partito provocando alcune importanti prese di distanza nei militanti di origine ebraica. Da questo studio emergono alcuni interessanti punti di contatto tra le posizioni del governo italiano e dell'opposizione comunista fino alla guerra del Kippur del 1973.