Sergio Ricossa offre all'"onesto medio", a chi è pronto a sostenere la propria causa "fino al rogo escluso", un utile strumento di difesa nei confronti dei furbi. E l'"onesto medio" è colui che paga il biglietto intero in ferrovia, che non entra gratis a teatro, che non si fa imporre da amici influenti, che mantiene la parola e che paga le imposte. Costui è la classica vittima dei furbi. Ricossa ci allerta. Ci spiega che la prima astuzia dei furbi è non sembrare tali. Questi sono pertanto dei "disonesti che si dichiarano onesti". Ostentano l'onestà, ma la disprezzano. E la lingua italiana va in loro soccorso; probabilmente è fatta dai furbi, i quali considerano l'onesto come un "uomo limitato". In uno "studioso onesto", vedono il "non geniale"; considerano un "onestuomo" o un "buonuomo" come un "uomo credulone o di rango inferiore". Vige forse in Italia una "legge di degenerazione": "ogni virtù, non solo l'onestà, tende ad assumere significati peggiorativi". Non tutti i disegni dei furbi vanno a buon fine. E il ridicolo spesso li colpisce. Ciò deve rincuorare gli onesti, i quali devono vivere la loro condizione con fiducia, senza sentirsi "come l'ultimo dei Mohicani". Gli onesti devono comprendere che la loro maggiore difesa consiste nell'evitare di "chiedere", perché i furbi sono lì, sempre pronti a cogliere ogni minima occasione. Sono soprattutto maestri nello "sfruttamento delle buone intenzioni". Prefazione di Lorenzo Infantino.
Con questo libro, Sergio Ricossa fa un prezioso dono al vasto pubblico. Mette al servizio dei "non addetti ai lavori" il suo esteso sapere e la sua inesauribile ironia. E ne viene fuori un testo che con mano lieve trascina il lettore in un affascinante e divertente viaggio fra gli economisti e le loro idee. Per rendere più agile il dialogo con il lettore, Ricossa ricorre a una messa in scena. Ipotizza che un suo omonimo, che per comodità possiamo chiamare Ricossa il Giovane, abbia il compito, nell'anno 2450, dopo una "Catastrofe" distruttiva di molte cose, di reperire i "materiali" con cui ricostruire la vita e le opere degli economisti; non mancano il cane di Maffeo Pantaleoni e i gatti di Vilfredo Pareto. Il risultato è un vero e proprio "spettacolo": di quelli che avvincono e che spingono a tornare a teatro. La storia degli economisti è una tragicommedia. Avrebbero voluto indagare la dimensione economica della vita, spiegarci il perché della prosperità e della depressione, farci capire qualcosa dei fenomeni in cui ogni giorno c'imbattiamo. Ma le loro teorie, contraddittorie, divergenti, rendono complicato ciò che è semplice e indecifrabile quel che è complesso.
Un irriverente quanto divertente ritratto dell'economia vista come scienza dell'imperfezione. Un libro per tutti: sia per chi di economia capisce poco e vorrebbe capirne un po' di più, senza per questo però doversi sorbire noiosi trattati, sia per per coloro quali hanno fatto dell'economia un'infrangibile fede.