Martire ebrea e santa cattolica, esigente intellettuale tedesca e mistica carmelitana, tutto questo è stata Edith Stein. È difficile afferrare e comprendere la biografia di una donna geniale e punto di incontro di mondi spesso ritenuti inconciliabili: ebraismo e cristianesimo, fede e ragione, accademia e monachesimo, tradizione e contemporaneità. La Stein fu donna di conversioni: da un credo a un altro; dall'università alla vita religiosa; dalla filosofia alla mistica; dalla fede alla non-fede e, nuovamente, alla fede. Abbandonò l'ebraismo, abbracciò il cristianesimo cattolico, per poi morire da ebrea nel lager. La sua densissima e drammatica esistenza è stata avvertita da molti cristiani come un modo per avvicinarsi all'ebraismo, condannando l'antisemitismo e l'antigiudaismo; al contempo, la sua conversione e la successiva canonizzazione risultano motivo di inevitabili e ben comprensibili imbarazzi e contrarietà da parte ebraica, temendo ambiguità insidiose e cristianizzazioni indebite della Shoah.
Quando oggi si parla di giovani e con i giovani s'impongono queste domande: è rimasto un terreno comune? Come preservarlo? Come farli entrare nella dimensione del patto per dare loro appieno la dignità che meritano e ricucire lo sfilacciato legame tra passato e futuro? Vittorio Robiati Bendaud prova qui ad abbozzare un meditato spunto di risposta. Perché i giovani ritrovino fiducia devono poter sentir parlare con autorevolezza, dignità e onestà del senso delle realtà concrete, che normalmente esperiscono, a cominciare dal loro corpo. Devono inoltre poter fare davvero affidamento su una scuola seria ed esigente, che permetta loro di districarsi nel mare nella complessità, come pure sul senso di famiglia e di responsabilità per loro nutrito dalle principali comunità religiose. Devono poter avvertire, infine, che c'è fiducia nel Dio della Bibbia e nelle Sue promesse.
Il dialogo nasce in Grecia e la sua polifonia è una regolata forma di lotta. Nella Bibbia non incontriamo una teoria del dialogo, ma una sua particolare pratica, non conoscitiva ma etica, tesa a interpellare l'interlocutore, chiamandolo in causa. Tuttavia, i primi dialoghi che troviamo nella Torah sono quelli con il serpente, sotto forma di seduzione, l'inquietante dialogo 'abortito' tra Caino e Abele e il celeberrimo e serrato confronto tra Dio e Abramo, un appello a un'assunzione reciproca di responsabilità. Vi è poi la forma caratteristica di dialogo strutturante l'identità ebraica: la disputa rabbinica, con discussioni, opposizioni e dissensi. Esplorando i testi antichi con uno sguardo rivolto alla tesa attualità dei nostri giorni, Ugo Volli e Vittorio Robiati Bendaud prendono per mano il lettore e lo guidano su sentieri che la contemporaneità ci impone di riscoprire e comprendere.