«Sono felice di far scoprire a una nuova generazione di lettori la magnifica storia del Re del Fiume d'oro» - parola del grande Quentin Blake che illustra con i suoi acquerelli questa edizione a colori del classico per ragazzi di John Ruskin. Una magica fiaba senza tempo che narra del piccolo Gluck, della sua bizzarra tazza d'oro e del bisbetico Re nano pronto a dargli man forte nella sua avvincente lotta contro l'avidità e l'indifferenza verso il prossimo, in difesa delle bellezze e dell'armonia della natura. Età di lettura: da 7 anni.
L'opera di Ruskin cadde in un momento in cui l'architettura e le arti figurative attraversavano una crisi di identità e il contrasto fra neo-medievalismo e relativismo eclettico toccava le punte più infuocate. La natura del gotico è uno dei più significativi documenti di quel periodo, in quanto digressione teorica, fino ad allora inedita in Italia, contenuta nel celebre libro Le Pietre di Venezia. Nel venir meno del valore assoluto di ogni riferimento alla tradizione, l'autore propone la forza di un modello mai prima esplorato: il Gotico, come orizzonte figurativo e normativo. Molti sono gli elementi di interesse di questo breve capitolo, in cui si vanno elaborando categorie che per l'architettura moderna almeno in parte definiranno, nel momento delle scelte, il crinale di rottura con il passato. Un discorso su struttura e ornato condotto con una tensione ben lontana dal prudente e indifferenziato eclettismo di tanta cultura architettonica ottocentesca; una profonda nozione di imperfezione che, vista come sigillo del pensiero originale, si oppone alla classica perfectio: ciò che è pienamente umano è sforzo orientato, errore possibile, intriso di senso. L'identificazione di classicità e "macchina", confermata dalla totalità del lavoro servile nel mondo antico, introduce poi al tema della moralità, così vivo anche nell'architettura contemporanea.
Nel 1857 John Ruskin, stimato storico dell'arte e studioso di estetica, tiene due conferenze nell'ambito della Art Treasures Exhibition, la colossale esposizione organizzata quell'anno in pieno spirito vittoriano a Manchester, cuore industriale dell'impero britannico. Inaspettatamente, Ruskin, oltre a parlare più di economia politica che delle opere esposte e a proporre la propria visione di un socialismo autoritario e statalistico proprio di fronte agli economisti della scuola di Manchester, si scaglia come un Savonarola del XIX secolo, con la stessa foga iconoclasta, contro ogni manifestazione di spreco o di lusso, contro ogni idolatria e tutto quanto sia superfluo e inautentico. Animato da un'utopia riformista, Ruskin aspira a una società fondata sulla cooperazione, l'armonia e la giustizia, nel ripudio dell'avidità, dell'antagonismo e dello sperpero caratterizzanti il capitalismo moderno. In "Economia politica dell'arte" l'autore riunisce e rielabora i testi delle due conferenze, dando origine a un modello di critica in cui dimensione estetica e condizione etica coincidono.
Il grande architetto Frank Lloyd Wright diceva di essere stato vigorosamente indirizzato verso l'architettura dalla lettura di questo libro. "Le sette lampade" sono un appassionato discorso sui principi dell'architettura, tenuto sul filo di una costante analogia tra esperienza etica ed estetica. Sottoposte al vaglio e considerate "sub specie architecturae" sono le leggi fondate sulla natura dell'uomo, non sul suo sapere, che l'autore organizza attorno a sette grandi capisaldi, sorta di spiriti guardiani che hanno il compito di indicare i termini entro cui correttamente si pone la pratica professionale. All'interno di questa cornice trovano posto temi cruciali delle riflessioni sull'architettura precedenti l'avvento del Movimento Moderno, quali il ruolo della decorazione e quindi l'ambito proprio della fantasia e della gratuità, la necessità della memoria, l'assunzione come valore dell'arditezza e dell'irregolarità, espressione del dinamismo vitale. La scrittura di Ruskin ha una forte componente emozionale, lontana dalla razionalità di un Viollet-le-Duc, e l'opera si configura come la proposta articolata e ricca di digressioni di una architettura che sia compagnia salutare per l'uomo, veicolo di valori e di tradizioni costruttive. Con una presentazione di Roberto Di Stefano.
Si può imparare a disegnare - cioè a rappresentare il mondo come l'occhio lo vede - con un libro? John Ruskin, uno dei più dotati disegnatori di tutti i tempi, nonché uno dei massimi critici e teorici dell'arte, risponde senza esitare: sì. E per dimostrarlo scrive, fra il 1856 e il 1857, "Elementi di disegno". Da allora innumerevoli studenti, dilettanti e artisti di fama hanno letto questo manuale con pari ammirazione, e se l'autore proclamò di avervi trasfuso il metodo di Leonardo, Monet non esitò ad affermare, a quanto si dice, che nove decimi dell'impalcatura teorica dell'Impressionismo erano contenuti nelle sue pagine. Pagine che, presentandosi sotto forma di lettere a uno studente, prendono le mosse dagli "esercizi preliminari" - senza trascurare gli aspetti più pratici (che tipo di pennini da disegno comprare, come stendere le ombreggiature in modo perfettamente uniforme) - per poi affrontare il "disegno dal vero". Ruskin spiega, ammonisce, incoraggia, ha sempre in serbo il consiglio giusto, e anticipa con intuito infallibile il sorgere delle difficoltà, in un crescendo di complessità cui si accompagnano, grazie agli esercizi, i progressi dello studente-lettore. Finché il maestro giudica sia il momento di introdurlo ai segreti del colore - per dominarli, avverte, non basterebbe l'intera vita -, cui farà seguito l'ultima tappa dell'apprendistato: quella dedicata alla "composizione".
Cominciando dagli ultimi è prima di tutto un grido in difesa della giustizia. Alle porte della Seconda Rivoluzione Industriale, di fronte alle masse di lavoratori e operai che si riversano nelle città, John Ruskin si propone di definire cosa sia la ricchezza nella convinzione che esistano virtù morali essenziali al suo raggiungimento e superiori alla tanto acclamata "legge di mercato". Lo fa in quattro saggi scritti nell'estate del 1860, un attacco senza mezzi termini all'economia politica del tempo. "Compra quando conviene? Va bene, ma cosa rende il mercato conveniente? Il carbone è economico se viene dalle assi del tuo tetto dopo un incendio e i mattoni hanno un buon prezzo nella tua zona dopo un terremoto [...]. Vendere al prezzo più alto? Sì, davvero, ma cosa rende il mercato vantaggioso? Oggi hai venduto il pane a un buon prezzo: l'hai venduto a un moribondo che ti ha dato la sua ultima moneta e che non avrà mai più bisogno di pane?". Il libro che ha segnato la formazione di Gandhi: "Cominciando dagli ultimi mi ha catturato e mi ha spinto a cambiare vita". Introduzione di Luigino Bruni.
Come molti suoi contemporanei, anche Marcel Proust rimane affascinato dal pensiero di John Ruskin e per introdurre la sua traduzione francese di "Sesamo e Gigli" scrive il saggio "Sulla lettura". Ritrovare oggi i pensieri di Ruskin accompagnati dal testo di Proust significa scoprire, insieme alle teorie del più influente critico d'arte vittoriano, la dichiarazione d'amore incondizionato alla lettura di uno dei più celebri scrittori del Novecento. John Ruskin è stato scrittore, pittore, poeta e critico d'arte. La sua visione dell'arte e dell'architettura ha influenzato in modo determinante l'estetica vittoriana. Marcel Proust è forse una delle più importanti firme della letteratura francese, noto soprattutto per il suo romanzo-cattedrale, "Alla ricerca del tempo perduto", uscito in sette volumi (di cui gli ultimi tre postumi).
Anche nei periodi di più intensa attività, quando dalla sua penna nascevano opere quali i Pittori moderni o Le pietre di Venezia, John Ruskin dedicava diverse ore al giorno al disegno e alla pittura. Rarissimo esempio di teorico capace di tradurre in pratica artistica i princìpi che enunciava, nell’inverno 1856-1857 decise di acconsentire a suo modo alle richieste di tanti aspiranti allievi, e scrisse Gli elementi del disegno.
Da allora innumerevoli studenti, dilettanti e artisti di fama hanno letto questo manuale con pari ammirazione, e se l’autore proclamò di avervi trasfuso il metodo di Leonardo, Monet non esitò ad affermare che i nove decimi dell’impalcatura teorica dell’Impressionismo erano contenuti nelle sue pagine. Pagine che, presentandosi sotto forma di lettere a uno studente, prendono le mosse dagli «esercizi preliminari» – senza trascurare gli aspetti più pratici (che tipo di pennini da disegno comprare, come stendere le ombreggiature in modo perfettamente uniforme) – per poi affrontare il «disegno dal vero». Ruskin spiega con chiarezza esemplare, ammonisce, incoraggia, ha sempre in serbo il consiglio giusto, e anticipa con intuito infallibile il sorgere delle difficoltà, in un crescendo di complessità cui corrispondono i progressi dello studente-lettore. Finché il maestro giudica sia il momento di introdurlo ai segreti del colore – per dominarli, avverte, non basterebbe l’intera vita –, e quindi all’ultima tappa dell’apprendistato: quella «composizione» che Ruskin tratta in dettaglio enunciandone anzitutto le leggi di preminenza, ripetizione, continuità, curvatura, irradiamento, contrasto, interscambio, coerenza e armonia.
Entriamo così nelle segrete officine della pittura, e soprattutto impariamo a vedere, iniziando a comprendere, finalmente, i segreti dei maestri nascosti nei più minuti dettagli – e ritrovandoci, inevitabilmente, con il prepotente desiderio di cimentarci a nostra volta con matita e carta da disegno.