Chi lavora sodo e gioca secondo le regole avrà successo e riuscirà a elevarsi fino a raggiungere il limite del proprio talento. Questa retorica dell'ascesa, sposata anche dal Partito democratico americano e dai partiti della sinistra moderata europea come soluzione ai problemi della globalizzazione, presenta un enorme lato oscuro. È un modello che, in una società nella quale l'uguaglianza delle opportunità rimarrà sempre una chimera, fornisce alle élite di sinistra il pretesto per abbandonare chi dell'élite non fa parte. E la conseguenza inevitabile è il contraccolpo populista degli ultimi anni, per combattere il quale l'unica strada è quella di dare una risposta alle richieste legittime che lo hanno scatenato.
I recenti straordinari progressi dell'ingegneria genetica ci consegnano insieme una promessa e un problema. La promessa è che presto si potrà curare e prevenire un gran numero di gravi malattie. Il problema è che queste nuove capacità scientifiche ci metteranno in condizione di manipolare il nostro organismo, per renderlo più efficiente nelle performance sportive o rispondente a particolari canoni estetici, e soprattutto di progettare i tratti genetici dei nostri figli. La possibilità di intervenire così profondamente sulla natura umana crea indubbiamente perplessità nella maggior parte delle persone. Molti invocano ragioni legate alla "sicurezza" di tali manipolazioni o alla loro "equità", visto che questi interventi sembrano destinati ancora per molto ai mezzi economici di pochi. In realtà, sentiamo che c'è in gioco qualcosa di più. L'inquietudine profonda che proviamo di fronte alle prospettive dell'ingegneria genetica è il punto da cui parte Michael J. Sandel, uno dei filosofi morali più importanti nel panorama statunitense, in questo libro in cui somma una logica rigorosa nello sviscerare i punti di forza e le debolezze delle diverse prese di posizione a una felice capacità di cogliere lo spirito del nostro tempo attraverso il racconto di casi e aneddoti tra i più curiosi ed esemplari. Il fatto è che la ricerca del miglioramento continuo, la tensione sempre maggiore verso un progetto di perfezione hanno a che fare, alla fine, con un impulso di padronanza e dominio individualistico. Essere i 'designers' del nostro corpo o i progettisti dei nostri figli, scegliendone le caratteristiche più gradite al 'supermercato della genetica', anche quando le intenzioni iniziali sembrano legittime e altruistiche, ha un sapore di arroganza che ci fa perdere di vista l'essenza più profonda della natura umana: la sua gratuità. Di più: la sua incoercibile alterità di dono prezioso e per questo unico e irripetibile, da accogliere invece che manipolare, da contemplare invece che dominare. Viviamo in un mondo, afferma Sandel, in cui la scienza cammina più velocemente della comprensione etica. E proprio per questo abbiamo il dovere di metterci al passo. Lo sguardo etico deve prendere il posto che gli spetta nel panorama dell'odierna discussione, perché è l'unico che può dare il giusto rilievo e la vera chiave di lettura al dilemma della nostra epoca: come accettare le promesse della scienza biomedica di prevalere sulla malattia senza compromettere la nostra umanità.
C'è un'idea molto radicata su entrambe le sponde dell'Atlantico: chi lavora sodo e gioca secondo le regole avrà successo e sarà capace di elevarsi fino a raggiungere il limite del proprio talento. È una retorica dell'ascesa, che anche il Partito democratico americano e i partiti della sinistra moderata europea hanno scelto come soluzione ai problemi della globalizzazione, primo fra tutti la disuguaglianza. Se tutti hanno le stesse opportunità, allora chi emergerà grazie ai propri sforzi o alle proprie capacità se lo sarà meritato. Se invece non riuscirà a emergere, la responsabilità sarà soltanto sua. È questo il lato oscuro dell'età del merito. Le élite che pretendono di interpretare la tradizione della sinistra hanno in realtà voltato le spalle a chi dell'élite non fa parte. In una società nella quale l'uguaglianza delle opportunità rimarrà sempre una chimera, il contraccolpo populista degli ultimi anni è stato una rivolta contro la tirannia del merito, che è umiliante e discriminatoria. Da questa ondata populista, dimostra il filosofo Michael Sandel, dobbiamo imparare: non per ripeterne gli slogan xenofobi e nazionalisti, ma per prendere sul serio le richieste legittime che ne sono all'origine. Sandel risponde così alla Brexit, al fenomeno Trump e all'avanzata dell'estrema destra in Europa, offrendo una strategia teorica e politica per ripensare il bene comune.
Spendereste qualcosa in più per saltare una coda? Accettereste dei soldi per farvi tatuare il corpo con messaggi pubblicitari? È etico pagare le persone perché sperimentino nuovi farmaci pericolosi o perché donino i loro organi? E che cosa dire dell'assumere mercenari per combattere le nostre guerre? O del comprare e vendere il diritto di inquinare? O del mettere all'asta le ammissioni alle università d'élite? O ancora del vendere il diritto di soggiorno agli immigrati disposti a pagarlo? Non c'è qualcosa che non funziona in un mondo dove tutto è in vendita? Negli ultimi decenni, i valori del mercato sono riusciti a soppiantare logiche non di mercato in quasi ogni ambito della vita: la medicina, l'educazione, il governo, la legge, l'arte, gli sport, persino la vita familiare e le relazioni personali. Quasi senza accorgercene, sostiene Sandel, siamo così passati dall'avere un'economia di mercato all'essere una società di mercato. In "Giustizia", Sandel si era dimostrato un maestro nell'illustrare con chiarezza e vivacità i complessi dilemmi morali con cui dobbiamo confrontarci nella vita quotidiana. Ora, in questo nuovo libro, affronta una delle massime questioni etiche del nostro tempo e suscita un dibattito finora assente nella nostra epoca ossessionata dai soldi: qual è il giusto ruolo dei mercati in una società democratica e come si fa a tutelare i beni morali e civili che i mercati non rispettano e che i soldi non possono comprare?
Ogni anno, da più di vent'anni, centinaia di studenti affollano il teatro del campus di Harvard per seguire il corso di Introduzione alla filosofia politica e morale di Michael Sandel. Il segreto di questo successo sta nella straordinaria capacità di Sandel di collegare i grandi interrogativi della filosofia politica alle questioni più scottanti del nostro tempo. Il libro nasce di lì, da queste leggendarie lezioni. È una ampia e appassionata esplorazione del ruolo e del significato della giustizia nella società contemporanea e un invito ai lettori di qualunque convinzione politica a ragionare sulle controversie e sui dilemmi etici del nostro tempo mettendosi in gioco, considerandole parte di un rinnovato impegno civile. Sandel ci chiede di mettere sotto esame le nostre convinzioni e di trovare risposte "nostre" alle scelte cui siamo chiamati come membri di una comunità. Quali obblighi abbiamo l'uno verso l'altro come cittadini? È giusto che il governo tassi i ricchi e aiuti i poveri? Il libero mercato è equo? Esistono situazioni in cui dire la verità è sbagliato? Esiste una circostanza in cui uccidere sia giusto? Possiamo accettare che uno stato legiferi in tema di moralità? I diritti del singolo possono essere in conflitto con quelli del bene comune? E ancora: aborto, suicidio assistito, matrimonio tra persone dello stesso sesso, dissenso, servizio militare.
Spendereste qualcosa in più per saltare una coda? Accettereste dei soldi per farvi tatuare il corpo con messaggi pubblicitari? È etico pagare le persone perché sperimentino nuovi farmaci pericolosi o perché donino i loro organi? E che cosa dire dell'assumere mercenari per combattere le nostre guerre? O del comprare e vendere il diritto di inquinare? O del mettere all'asta le ammissioni alle università d'élite? O ancora del vendere il diritto di soggiorno agli immigrati disposti a pagarlo? Non c'è qualcosa che non funziona in un mondo dove tutto è in vendita? Negli ultimi decenni, i valori del mercato sono riusciti a soppiantare logiche non di mercato in quasi ogni ambito della vita: la medicina, l'educazione, il governo, la legge, l'arte, gli sport, persino la vita familiare e le relazioni personali. Quasi senza accorgercene, sostiene Sandel, siamo così passati dall'avere un'economia di mercato all'essere una società di mercato. In "Giustizia", Sandel si era dimostrato un maestro nell'illustrare con chiarezza e vivacità i complessi dilemmi morali con cui dobbiamo confrontarci nella vita quotidiana. Ora, in questo nuovo libro, affronta una delle massime questioni etiche del nostro tempo e suscita un dibattito finora assente nella nostra epoca ossessionata dai soldi: qual è il giusto ruolo dei mercati in una società democratica e come si fa a tutelare i beni morali e civili che i mercati non rispettano e che i soldi non possono comprare?
Ogni anno, da più di vent’anni, centinaia di studenti affollano il teatro del campus di Harvard per seguire il corso di Introduzione alla filosofia politica e morale di Michael Sandel. Il segreto di questo successo sta nella straordinaria capacità del professore di collegare i grandi interrogativi della filosofia politica alle questioni più scottanti del nostro tempo. Il libro nasce da lì, da queste leggendarie lezioni. È una brillante, ampia e appassionata esplorazione del ruolo e del significato della giustizia nella società contemporanea e un invito ai lettori di qualunque convinzione politica a ragionare sulle controversie e sui dilemmi etici del nostro tempo mettendosi in gioco, considerandoli parte di un rinnovato impegno civile.
Il libro trasmette la stessa emozionante sensazione di vivere un’avventura dello spirito, di sfida al conformismo del pensiero che negli anni ha conquistato gli studenti di Harvard. Sandel ci chiede di mettere sotto esame le nostre convinzioni e di trovare risposte “nostre” alle scelte cui siamo chiamati come membri di una comunità. Quali obblighi abbiamo l’uno verso l’altro come cittadini? È giusto che il governo tassi i ricchi e aiuti i poveri? Il libero mercato è equo? Esistono situazioni in cui dire la verità è sbagliato? Esiste una circostanza in cui uccidere sia giusto? Possiamo accettare che uno stato legiferi in tema di moralità? I diritti del singolo possono essere in conflitto con quelli del bene comune? E ancora: aborto, suicidio assistito, matrimonio tra persone dello stesso sesso, dissenso, servizio militare.
Un libro bellissimo, di grande chiarezza, animato da un’autentica passione civile, il cui scopo, nelle parole di Sandel, non è “mostrare chi ha influenzato chi nella storia del pensiero politico, ma invitare i lettori a sottoporre a un esame critico le loro idee sulla giustizia, a chiarire a se stessi cosa pensano e perché”.
I recenti straordinari progressi dell’ingegneria genetica ci consegnano insieme una promessa e un problema. La promessa è che presto si potrà curare e prevenire un gran numero di gravi malattie. Il problema è che queste nuove capacità scientifiche ci metteranno in condizione di manipolare il nostro organismo, per renderlo più efficiente nelle performance sportive o rispondente a particolari canoni estetici, e soprattutto di progettare i tratti genetici dei nostri figli.
La possibilità di intervenire così profondamente sulla natura umana crea indubbiamente perplessità nella maggior parte delle persone. Molti invocano ragioni legate alla ‘sicurezza’ di tali manipolazioni o alla loro ‘equità’, visto che questi interventi sembrano destinati ancora per molto ai mezzi economici di pochi. In realtà, sentiamo che c’è in gioco qualcosa di più.
L’inquietudine profonda che proviamo di fronte alle prospettive dell’ingegneria genetica è il punto da cui parte Michael J. Sandel, uno dei filosofi morali più importanti nel panorama statunitense, in questo libro in cui somma una logica rigorosa nello sviscerare i punti di forza e le debolezze delle diverse prese di posizione a una felice capacità di cogliere lo spirito del nostro tempo attraverso il racconto di casi e aneddoti tra i più curiosi ed esemplari.
Il fatto è che la ricerca del miglioramento continuo, la tensione sempre maggiore verso un progetto di perfezione hanno a che fare, alla fine, con un impulso di padronanza e dominio individualistico. Essere i ‘designers’ del nostro corpo o i progettisti dei nostri figli, scegliendone le caratteristiche più gradite al ‘supermercato della genetica’, anche quando le intenzioni iniziali sembrano legittime e altruistiche, ha un sapore di arroganza che ci fa perdere di vista l’essenza più profonda della natura umana: la sua gratuità. Di più: la sua incoercibile alterità di dono prezioso e per questo unico e irripetibile, da accogliere invece che manipolare, da contemplare invece che dominare.
Viviamo in un mondo, afferma Sandel, in cui la scienza cammina più velocemente della comprensione etica. E proprio per questo abbiamo il dovere di metterci al passo. Lo sguardo etico deve prendere il posto che gli spetta nel panorama dell’odierna discussione, perché è l’unico che può dare il giusto rilievo e la vera chiave di lettura al dilemma della nostra epoca: come accettare le promesse della scienza biomedica di prevalere sulla malattia senza compromettere la nostra umanità.
Michael J. Sandel, uno dei più eminenti filosofi politici e morali statunitensi, insegna Teoria del governo all’Università di Harvard, dove tiene anche corsi su temi quali lo statuto etico delle biotecnologie, la globalizzazione, il rapporto tra mercati e morale. Autore di numerosi saggi e volumi (tra cui, tradotto in italiano, Il liberalismo e i limiti della giustizia, 1994) e di articoli divulgativi pubblicati su testate giornalistiche quali «The Atlantic Monthly» e «The New York Times», dal 2002 al 2005 è stato membro del Consiglio presidenziale sulla bioetica, organismo istituito dal presidente degli Stati Uniti al fine di analizzare le implicazioni etiche delle nuove tecnologie biomediche.