Concepire un’arte ornamentale proclamando, allo stesso tempo, l’intangibilità delle leggi della natura insieme con l’incontenibile ed esuberante fecondità che quest’ultima aveva ritrovato grazie alla pace: questa è la sfida apparentemente contraddittoria che Augusto ha lanciato a sé stesso e che ha saputo affrontare con successo. Fondata sulla riflessione dei filosofi , della creazione artistica dei Greci, la rivoluzione ornamentale augustea ha soprattutto beneficiato dell’incontro tra il principe e Virgilio, poiché il poeta aveva compreso, sin dall’epoca sanguinosa del triumvirato, che gli scontri che avevano diviso Roma e il mondo nel corso di un secolo dovevano trovare una risoluzione che fosse anche estetica. Non si può che rimanere colpiti, in effetti, dalla straordinaria efficacia dell’arte ornamentale augustea, che rimane una delle creazioni più durature del fondatore dell’impero. Le sue forme traggono certo la loro necessità dalle leggi della natura da esse stesse mostrate, dal geniale equilibrio dell’arte greca di cui rappresentano la continuazione, e anche dall’estrema semplicità del verso virgiliano che illustrano. Sembra che queste forme non vogliano morire, come se si ricordassero di esser state concepite per celebrare la rinascita del mondo.
A Roma politica e poesia non si sono mai potute dividere. I poeti mostravano ai governanti la strada oppure li contestavano. Con Augusto, Roma opera la grande rivoluzione artistica: l'armonia, la pace, l'ordine al posto dello strano e dell'esotico. E Virgilio che, cantando le origini di Roma, indica ad Augusto la strada per la rinascita artistica dell'Impero. L'arte diviene specchio di una nuova ideologia, che influenzerà la storia occidentale con corsi e ricorsi rispetto alla classicità augustea. Essa è presente nello stesso sguardo di Virgilio accompagnatore di Dante. La pace di cui gli uomini e i governanti si sono mostrati sovente incapaci è così "realizzata" da Augusto nel decoro dell'ara Pacis Augustae.
La formazione dell'arte occidentale parte dall'incontro-scontro fra mondo romano e mondo greco ellenistico. Negli ultimi due secoli prima della nostra era, la Roma repubblicana conquista definitivamente il mediterraneo ellenistico con la forza delle armi e del diritto romano. Roma inizia prelevando opere d'arte dalle città greche conquistate, poi la "maniera greca" viene imitata dagli artisti dell'Urbe. Ma Roma cercherà sempre di adattare l'arte greca alle proprie tradizioni perché nessun esercizio dell'arte poteva essere approvato se non sfociava in una qualche "utilità" per la cosa pubblica. Da qui la grande ritrattistica e l'arte del decoro pubblico. I Romani non sono stati, secondo la celebre formula di Orazio, "vinti" sul terreno culturale dai Greci. Essi hanno fissato precisi caratteri fondamentali all'arte ornamentale, imposto scelte estetiche originali all'arte del ritratto, inventato forme inedite di utilizzo dell'arte pittorica, introdotto anche rivoluzioni ricche di avvenire nel campo della rappresentazione della realtà. Le guerre civili hanno ricadute nel decoro delle ville private, come a Pompei, sino a giungere a ciò che l'autore identifica come "estetica del caos". Nell'epoca del triumvirato, dopo l'assassinio di Cesare, le iniluenze ellenistiche raggiungono Roma da vari paesi dell'Impero e l'estetica del caos giunge al parossismo.
Un'opera simbolo della grande pittura antica. Uno studio serrato, coinvolgente e innovativo
Il grande affresco dionisiaco della villa dei Misteri esercita uno strano fascino sugli innumerevoli visitatori di Pompei. Il suo significato ha suscitato numerose polemiche, più feconde di quanto non lasci intendere un recente studio nel quale i misteri evocati dalla pittura sono ridotti a dei segreti d’alcova. Questo successo, unico nel suo genere forse in tutta la storia della pittura, è dovuto al genio pubblicitario dell’archeologo italiano Amedeo Maiuri, che ebbe l’idea di chiamare villa dei Misteri quella che era ancora villa Item, dal nome del proprietario del terreno dove la villa fu portata alla luce a partire dal 1906. Anche dopo le spettacolari scoperte in Macedonia, questo affresco rimane tra le testimonianze più impressionanti che noi possediamo di quella che fu la grande pittura antica della tradizione greca, e grazie ad esso si può condividere un po’ dell’ammirazione che gli Antichi hanno rivolto a maestri come Zeusi, Parrasio o Apelle, le cui opere sono irrimediabilmente perdute. Nessuno può restare insensibile alla straordinaria presenza di questi personaggi distribuiti sui quattro lati di una grande sala della villa, all’intensità dei loro sguardi, ai sentimenti spesso violenti che esprimono e che li rendono così vivi. Un altro aspetto che spiega l’influenza di questa pittura sulla nostra sensibilità contemporanea, è che in essa sono presentate azioni rituali legate ai famosi misteri di Dioniso, dei quali la proprietaria della villa intorno al 60 a.C. fu senza dubbio una convinta officiante. Se una trentina di interpretazioni, spesso molto contraddittorie, dell’affresco sono state proposte da un secolo a questa parte dagli specialisti dell’Antichità, solo l’approccio religioso resiste a un confronto tra la pittura e le numerose fonti testuali e iconografiche di cui disponiamo. Per questo motivo, l’affresco è una testimonianza unica sulle credenze e la vita interiore di una donna che fu al tempo stesso contemporanea e prossima a Cicerone.
La pittura allegorica compare nelle decorazioni interne delle case romane alla fine degli anni 80 del I secolo a.C. Scompare una quarantina díanni pi˘ tardi con la generazione che ne aveva creato la moda, durante gli sconvolgimenti politici seguiti allíassassinio di Cesare alle Idi di marzo del 44 a.C. Le sontuose composizioni, che rappresentano architetture in parte immaginarie e prive di qualsiasi presenza umana, sono state devotamente preservate dai successivi proprietari delle dimore, a causa probabilmente della condizione sociale di coloro che le avevano commissionate, fino a che líeruzione del Vesuvio le ha a sua volta conservate permettendoci di ammirarle. Si indaga questa moda decorativa, dalla sua probabile nascita sul Palatino, nella casa di uno dei capi della fazione conservatrice dellíaristocrazia senatoria, fino alla sua fase conclusiva nelle ville della ricca zona residenziale del golfo di Napoli. Il significato di queste pitture Ë analizzato in dettaglio, con un tentativo di ritrovare lo sguardo dei proprietari che le fecero eseguire. Si tratta di ricostruire in tutti i suoi aspetti sia la memoria di questi personaggi che le loro abitudini di percezione visiva.
Tra il gruppo di giovani aristocratici decisi a resistere alle azioni dei populares e coloro che erano andati a cercare presso i filosofi di Atene le ragioni per credere nel loro destino, spicca la grande figura di Cicerone, che possedeva una residenza nel territorio di Pompei. » una delle ambizioni di questíopera provare a far rivivere qualcosa di quello che fu lo sguardo di Cicerone.