La panchina è un luogo di sosta, un’utopia realizzata. È l’ultimo simbolo di qualcosa che non si compra, di un modo gratuito di trascorrere il tempo e di mostrarsi in pubblico, di abitare la città e lo spazio. È il margine sopraelevato della realtà, il posto ideale per osservare quello che accade, la gente che si muove, che vive, l’autobus che passa, i piccioni, le nuvole sopra la testa.
Per molti, che a stare seduti su una panchina provano imbarazzo, è l’immagine della provvisorietà, della precarietà, forse del declino. Stare in panchina, nel lessico attuale, è il contrario dello scendere in campo. Eppure una buona panchina fa sentire al riparo chi vi siede e fa apparire il suo ozio come un’attività di qualità superiore, da intenditore – un po’ come quando al ristorante uno ordina un piatto molto semplice e il cuoco gli fa capire di considerarlo un buongustaio. Una panchina perfetta è come una piega del mondo, una zona franca, liberata o salvata, dove il semplice sedersi è già in sé una meditazione. Non è necessario che sia sullo Stelvio o sulla Promenade des Anglais o davanti allo skyline di Manhattan: è la panchina che definisce il centro dell’universo.
Mazzi di chiavi, telefoni, biglietti da visita, occhiali da sole, documenti e palloncini colorati scappati via da mani bambine. Ma anche gli 'ego' individuali, i 'soggetti' intesi come idee e storie che perdono e si perdono fino a un gesto che affiora in un ricordo. "Mi ha guidato nella scelta un'idea dei margini, forse anche un'idea del fantasma. I fantasmi sono dolorosi, i fantasmi sono necessari. I fantasmi sono quello che ci manca, disse una volta Carmelo Bene, essa ci deve mancare. "Oggetti smarriti" sono frasi, racconti, avventure, occasioni, protocolli di esperienza, alcuni recentissimi, altri remoti. Hanno in comune, oltre a una scrittura ibrida, tra il documentario e la finzione, il sentimento di essere perduti".
Si dice che Lady Diana sia morta a causa del suo autista, Henri Paul, ma forse è vero proprio il contrario. Da qui parte questo romanzo-verità: colpito dalla morte della principessa e dal destino del suo autista, Sebaste avvia a Parigi una ricerca che finisce per diventare messa in scena assoluta della verità, e della sconfitta, della letteratura.