Questo libro intende descrivere e interpretare il funzionamento dei lager anche attraverso le testimonianze dei sopravvissuti e analizzare le forme di potere che governavano la vita quotidiana nei campi, attraverso l'esercizio del terrore organizzato. Tesi portante del saggio è il dimostrare come la logica del terrore nei lager non sia una temporanea caduta nella barbarie, ma un esito possibile della società moderna.
«Tra le poche conquiste della civiltà moderna rientra la pretesa che lo stato venga circoscritto nei propri limiti e che la società sia protetta dalle prevaricazioni della politica. I limiti del privato sono i limiti del politico. La difesa della privatezza è la piú efficace protesta dell'individuo contro l'esiziale universalismo del potere».
Il tempo che viviamo sembra scandito da paure sempre nuove, che minacciano di stravolgere la nostra vita. Si diffonde una vera cultura dell'apprensione, capace di condizionare le forme della nostra convivenza e di frenare l'attitudine all'intraprendenza. Eppure sono secoli che la società occidentale fa i conti con il rischio. Perché è prima di tutto la libertà a creare insicurezza, consentendoci di fare del male e di assumercene le conseguenze. Ed è compito della politica ricercare l'equilibrio tra le nostre aspettative di sicurezza e lo spazio del rischio, muovendosi lungo il fragile confine della libertà. Un viaggio tra le nostre paure collettive, guardando al lungo periodo della civiltà occidentale e a quello più breve della globalizzazione.
Questo libro intende descrivere e interpretare il funzionamento dei lager anche attraverso le testimonianze dei sopravvissuti e analizzare le forme di potere che governavano la vita quotidiana nei campi, attraverso l'esercizio del terrore organizzato. Tesi portante del saggio è il dimostrare come la logica del terrore nei lager non sia una temporanea caduta nella barbarie, ma un esito possibile della società moderna.