Il presente saggio, ponendosi in continuità con gli studi su Arnobio condotti dal professore Biagio Amata, salesiano, esamina il rapporto tra la dimensione apologetica e la struttura teologica nel primo libro dell'Adversus nationes libri septem, nella convinzione che il discorso arnobiano costituisca un unicum entro il quale le ragioni dell'apologia determinano le caratteristiche del discorso cristiano su Dio e queste ultime, fondate proprio sul terreno apologetico, agiscano sul testo come fattore di trasformazione dell'apologia in annuncio kerygmatico. La dimensione apologetica del libro si sviluppa secondo uno schema ricorrente, intrinsecamente segnato dalla volontà dell'apologista di stabilire un dialogo con l'interlocutore pagano. Per tale caratteristica l'argomentazione arnobiana, nel suo dipanarsi, prende sempre l'avvio da una obiezione sollevata dai pagani nei confronti del cristianesimo. Tale obiezione viene assunta e fatta propria da Arnobio, il quale esamina alla luce della ragione tutte le conseguenze logiche intrinseche all'obiezione pagana. In tal modo egli perviene alla dimostrazione della insostenibilità razionale dell'obiezione sollevata dai pagani e, ancora avvalendosi della ragione, pone le basi del discorso su Dio.
A fronte di un contesto culturale segnato da una evidente estraneità ed indifferenza alla visione antropologica della fede ed al suo sistema di valori, dinanzi anche all'afasia di una fede incapace di stabilire un dialogo critico con la post-modernità, il progetto si è assunto il compito di porre in relazione la fede e la cultura, intendendo favorire l'inculturazione dell'una e l'evangelizzazione dell'altra. Ciò nella convinzione di operare tanto a vantaggio della fede, la quale se non diventa cultura non può dirsi "pienamente accolta, interamente pensata e fedelmente vissuta", quanto in favore della maturazione della stessa cultura, che, se autenticamente umana, presenta sempre in sé un'apertura al mistero di Dio.