Quando Saul Steinberg arrivò a Milano dalla Romania, nel 1933, aveva diciannove anni. Al Politecnico, dove si laureò in architettura, incontrò Aldo Buzzi: fra i due nacque una solida amicizia, ma nel 1941, a causa delle leggi razziali, Steinberg dovette lasciare fortunosamente l'Italia. Nel 1943 divenne cittadino americano e partecipò alla guerra come ufficiale di marina. Alla fine della guerra, nel 1945, a casa di Buzzi cominciarono ad arrivare lettere d'oltreoceano. Si riallacciò così un rapporto che non si sarebbe mai interrotto e si inaugurò un carteggio che copre l'arco di oltre mezzo secolo e che ci offre l'autoritratto di uno dei più grandi disegnatori del Novecento.
Di Saul Steinberg si può dire che incarnasse un genere d'arte di cui era l'unico rappresentante, cultore e maestro, circondato da un'invisibile ed ecumenica platea di spettatori ammirati. Nemico di ogni clamore teatrale Stenberg si decise solo negli ultimi anni a raccontare la prima parte della sua vita. Anni travagliati e fascinosi, ma questo frammento di autobiografia doveva toccare qualche corda segreta se Steinberg non si decise mai a pubblicarlo. E solo oggi, a un anno dalla morte, può apparire in Italia nella sua prima edizione.