America, fine del ventesimo secolo. In una società dominata da un capitalismo selvaggio e preda delle grosse corporation che hanno sostituito i governi collassati, tra scorie atomiche e periferie postindustriali, l'unico rifugio è nel Metaverso. Chi può, abbandona la Realtà e sceglie di vivere nel mondo virtuale generato dai computer, dove libertà e piaceri sono limitati solo dall'immaginazione. Ma tutto cambia quando uno strano virus informatico, chiamato Snow Crash, inizia a diffondersi tra gli hacker. L'unica speranza dell'umanità è il meno probabile degli eroi: l'hacker freelance Hiro, fattorino per CosaNostra Pizza nella Realtà e mago del katana nel Metaverso. Capolavoro e summa del post-cyberpunk, a metà strada tra "Neuromante" e "Ready Player One", "Snow Crash" è uno di quei romanzi capaci di ridefinire i confini di un genere, l'opera che ha fatto conoscere il talento narrativo di Neal Stephenson, il «poeta del calcolo che sceglie di scrivere con la stilografica», come lo definì Bruce Sterling.
È l'anno 3689 e il pianeta Arbre vive un periodo di pace e serenità. Nel suo passato ci sono imperi, colpi di stato militari, gli Eventi Tragici e la Ricostituzione, il Primo, il Secondo e il Terzo Sacco, ma nei secoli è stato raggiunto un equilibrio. Gli scienziati, i matematici, i filosofi vivono chiusi nei loro "concenti", e si dedicano alla pura speculazione teorica senza avere nessun contatto con la tecnologia, che invece segna l'esistenza del resto della popolazione: gli "extramuros", sottoposti al Potere Secolare. Ma qualcosa minaccia l'ordine perfetto di Arbre: lo dimostra l'espulsione dal concento di Saunt Edhar, al canto struggente dell'Anathem, del sapiente Orolo, che osservando il cielo ha scoperto un oggetto luminoso in avvicinamento. Sarà il suo allievo prediletto, il diciottenne fraa Erasmas, ad avere una parte cruciale nel dramma che sta per svolgersi su Arbre. E toccherà a lui, alla compagna Ala e agli altri novizi esplorare il mondo di fuori: sino ai confini più estremi.